Per un nuovo umanesimo del lavoro. SI’, MA INSIEME.

Domenica 1° maggio 1955 papa Pio XII istituì la festa liturgica di san Giuseppe lavoratore, dando una prospettiva religiosa alla giornata del 1° maggio la cui origine risaliva al 1890, anno in cui i lavoratori di vari paesi per la prima volta chiedevano pubblicamente condizioni di lavoro più eque. La Chiesa volle illuminare questa festa con l’esemplarità di san Giuseppe, affidando ogni uomo che lavora alla custodia dell’umile artigiano di Nazareth, che «impersona presso Dio e la Santa Chiesa la dignità del lavoratore» (Pio XII).

Oggi purtroppo il dato prevalente è che il lavoro manca, con la conseguenza che sempre più persone, impaurite dalla prospettiva di perderlo o di non trovarlo, condividono l’idea che nulla sia più come è stato finora: dignità, diritti, salute finiscono così in secondo piano. E’ diffusa la “incapacità di fermarci e tendere la mano a chi è rimasto indietro. Intimoriti e atterriti da un mondo che non offre certezze, scivoliamo nel disinteresse per il destino dei nostri fratelli e così facendo perdiamo la nostra umanità, divenendo individui che esistono senza trascendenza e senza legami sociali… Oggi più che mai c’è quindi bisogno di educare al lavoro… Il lavoro deve tornare a essere luogo umanizzante, uno spazio nel quale comprendiamo il nostro compito di cristiani, entrando in relazione profonda con Dio, con noi stessi, con i nostri fratelli e con il creato” (Vescovi italiani per il 1° maggio 2016).

Per costruire un futuro in cui il lavoro contribuisca a creare una società più giusta e vicina ai bisogni dell’uomo, Papa Francesco ci invita a “FARE INSIEME”: “Come sarebbe diversa la nostra vita se imparassimo davvero, giorno per giorno, a lavorare, a pensare, a costruire insieme! … “fare insieme” significa investire in progetti che sappiano coinvolgere soggetti spesso dimenticati o trascurati. Tra questi, anzitutto, le famiglie, focolai di umanità… le categorie più deboli e marginalizzate, come gli anziani, … i giovani, prigionieri della precarietà…Tutte queste forze, insieme, possono fare la differenza per un’impresa che metta al centro la persona, la qualità delle sue relazioni, la verità del suo impegno a costruire un mondo più giusto, un mondo davvero di tutti. “Fare insieme” vuol dire, infatti, impostare il lavoro non sul genio solitario di un individuo, ma sulla collaborazione di molti… Al centro di ogni impresa vi sia dunque l’uomo: non quello astratto, ideale, teorico, ma quello concreto, con i suoi sogni, le sue necessità, le sue speranze, le sue fatiche…Dinanzi a tante barriere di ingiustizia, di solitudine, di sfiducia e di sospetto… il mondo del lavoro è chiamato a fare passi coraggiosi perché “trovarsi e fare insieme” non sia solo uno slogan, ma un programma per il presente e il futuro.” (Papa Francesco agli imprenditori italiani, 2016)

 

Messaggio del Vescovo per la Giornata Mondiale per le vocazioni

Che cosa vuol dire pregare per le vocazioni?

1. La preghiera per le vocazioni è una preghiera di lode. Lode perché il Signore rompe il silenzio. C’è un silenzio che avvolge il cosmo e avvolge le nostre vite inquiete, assetate di senso. Ebbene, il Signore parla con il suo silenzio e chiama. Ma, soprattutto, il Signore parla attraverso il Figlio suo, Gesù Cristo, crocifisso. Il Crocifisso è il libro aperto – che si può sfogliare – dove troviamo la parlata di Dio..

2. La preghiera per le vocazioni è una preghiera per la felicità. Ognuno di noi è voluto, desiderato, pensato, amato, creato da Dio. Considerare ciò, suscita dentro di noi un brivido di felicità. La preghiera per le vocazioni è una preghiera per la felicità, perché impariamo quanto siamo preziosi e quanto siamo servibili. Di per sé, il discorso vocazionale non è per l’autorealizzazione: è autorealizzato Gesù sulla croce? È autorealizzato padre Damiano De Veuster, apostolo dei lebbrosi a Molocai?
La preghiera per le vocazioni è una preghiera per la felicità, perché il Signore ha detto: «Non vi chiamo più servi ma amici… perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena»(Gv 15,15; Gv 15,11). Dobbiamo, allora, trovare il nostro posto a servizio.

3. La preghiera per le vocazioni è una preghiera per la Chiesa. Perché noi, uniti insieme, in tutte le componenti (sacerdoti, religiosi e religiose, famiglie, bambini, giovani e adulti), siamo testimoni che la Chiesa è un popolo di chiamati, che la Chiesa è chiamata ad essere segno e strumento dell’unione degli uomini con Dio e degli uomini fra loro: lumen gentium. La preghiera per le vocazioni è anche preghiera per la Chiesa, perché la Chiesa, al suo interno, ha bisogno di tanti servizi, ha bisogno della edificazione reciproca.

Rendiamo grazie al Signore contemplando il versetto bellissimo del cap. 3 di Giovanni, in cui Gesù rivela che Dio dona lo Spirito “senza misura”. Ciò è vero anche oggi: non è possibile, allora, che il Signore centellini le vocazioni.
Nella nostra preghiera non può mancare il battersi il petto per la nostra sordità e per il nostro scarso impegno di animazione vocazionale.
Davanti a Gesù Eucaristia prendiamo questa risoluzione, di parlare bene di vocazioni, con queste tonalità: di lode, di felicità e di ecclesialità.

+ Vescovo Andrea

Messaggio del Vescovo all’incontro di solidarietà di San Marino for the children

Pennabilli, 14 aprile 2016

Carissimi amici,
sono con voi in questo appuntamento d’amicizia e di solidarietà con una parola di apprezzamento e – se ce ne fosse bisogno – di incoraggiamento.
Mi ha colpito questo proverbio africano che si rifà ad una sapienza antica, anzi perenne: «Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio». Siamo tutti parte – ognuno secondo le proprie possibilità – di questo villaggio. La lontananza geografica non sminuisce le responsabilità.
I progetti di “San Marino for the children” ci coinvolgono e chiedono, anzitutto, una riflessione, poi, la maturazione di uno stile di vita coerente coi valori di solidarietà che professiamo.
«Pueris debetur maxima reverentia»: è un detto che ci riporta a quel continente delicato, fragile e preziosissimo che è il mondo dell’infanzia.
Voglio riprendere alcune parole del Signore Gesù sui bambini: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli» (Lc 17,1-2). Se questo detto incombe minaccioso contro ogni forma di violenza fisica e morale, quest’altro detto ci sprona alla generosità: «Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa» (Mt 10,42).
Concludo con una preghiera che mi è cara: «Signore, che io sappia accettare il rischio di spalancare le braccia: così creerò spazio in me, ma per l’altro. Le mie braccia aperte, Signore, dicono il mio desiderio di non restare solo ed il mio invito perché l’altro si senta a casa sua in casa mia. Nello scambievole abbraccio nessuno resterà intatto perché ognuno arricchirà l’altro e ambedue resteranno se stessi».
Un caro saluto a tutti e un ringraziamento particolare al Vicario Generale della diocesi di San Marino-Montefeltro, Mons. Elio Ciccioni, per la disponibilità a rappresentarmi all’incontro di questa sera.

Discorso del Vescovo al Convegno promosso dal Forum del Dialogo: “Noi e l’Islam”

 

San Marino (Palazzo SUMS), 27 febbraio 2016

 

  1. Il mese scorso, nel giorno della Memoria, gli studenti del Liceo sammarinese si sono riuniti per un tempo di riflessione a settanta anni dall’olocausto. In quella circostanza fu ricorrente l’invito a non fermarsi alla sola memoria, ma a fare della memoria una risorsa per il presente. Dopo gli interventi dei giovani partecipanti (lettura di brani, relazione di un recente viaggio ad Auschwitz, una loro rappresentazione e un brillante stacco musicale), sono saliti sul palco rappresentanti e leader di diverse confessioni religiose cristiane e non cristiane. C’ero anch’io. La nostra presenza attorno a quel tavolo credo abbia rappresentato un messaggio forte, al di là delle parole. Non era solo cortesia. C’era molto di più. C’era l’unanime condanna alla guerra, specialmente ad ogni guerra in nome di Dio. C’era il desiderio di fissare temi e comuni strategie educative in vista della pace. C’era un’aperta volontà di dialogo. Il tutto esibito chiaramente davanti alla platea. So di qualche critica sulla conduzione dell’evento; ci può stare… Personalmente ho trovato quell’incontro un segnale ed un seme promettente per il futuro; uno “spettacolo” reso ancor più risuonante per la presenza dei giovani interlocutori.
  1. Ho richiamato alla mente il mio motto episcopale: “Cor ad cor loquitur”. Il cuore è unico in ogni essere umano. C’è corrispondenza tra uomo e uomo e questo è un buon punto di partenza. All’inizio del dialogo sta questa prima evidenza affidata alla responsabilità di ognuno. Da cuore a cuore, quasi confidenzialmente, racconto come ha risuonato dentro di me la parola “dialogo”. Ho un vivissimo ricordo di come imparai questa parola attraverso la prima enciclica di Paolo VI, Ecclesiam Suam. Correva l’anno 1964. Ero un ragazzo di Liceo. Certamente condizionato dal clima di quegli anni, fui pieno di entusiasmo per il dialogo assunto come via della Chiesa: “La Chiesa si fa dialogo” (Paolo VI). Il dialogo era visto soprattutto come strumento attraverso il quale giungere ad una più profonda comprensione della verità e ad una apertura a chiunque fosse disposto ad ascoltare il messaggio di Cristo. Dalla mia famiglia avevo imparato a convivere con le differenze… Il mio entusiasmo, come quello di chi mi stava attorno, visto in distanza non fu esente da ingenuità e, talvolta, fu maldestro. Imparai la lezione. Nel dialogo non si abdica alla propria identità, né alle proprie convinzioni. Al contrario, attraverso diverse esperienze, ho compreso che la relazione con chi è diverso da me e la pensa diversamente da me mi chiarisce a me stesso. Altro è l’unità, altro l’uniformità. L’unità è armonia nella diversità. L’uniformità annulla la bellezza originale. L’unità è variopinta, l’uniformità è grigia. Nel mio servizio educativo ho ritenuto indispensabile precisare, ad esempio, come il volto del Dio di Gesù Cristo sia inconfondibile, singolare, non assimilabile al volto di Dio come è tratteggiato da altre esperienze religiose. Dio è uno e unico, ma quando leggo Luca 15, come ho fatto questa mattina, devo confessare con la più grande commozione che prego così: “Signore, vorrei che tutti ti conoscessero così!”. Quando leggo Giovanni 17 capisco qualcosa di più di quella definizione: “Dio è amore”. Dio mi si rivela come Trinità d’amore.
  1. Nell’esercizio del dialogo faccio esperienza di sicurezza. Dialogare è necessario, non è una concessione, perché nell’altro c’è verità. Non ho paura. Ho toccato con mano che c’è una “sicurezza insicura”. La ritrovo in chi gioca in difesa. Si mostra solido, ben piazzato nella sua rocca, ma, in realtà, è per il timore di mettersi in discussione. C’è l’apparente insicurezza di chi è in ricerca, ma è perché non teme l’avventura di aprirsi e la sfida dell’incontro con l’altro. C’è una tradizione patristica (primo testimone, a quanto so, è il santo filosofo Giustino) che fa guardare la realtà, i cammini più diversi, alla luce dei “semi del Verbo”. Io dialogo con te, con la tua cultura, perché voglio scoprire e raccogliere i “semi del Verbo” di cui sei portatore. “Semi del Verbo”: scintille di verità che provengono dall’Uno. “Accogliete la parola seminata in voi” (Giac 1,21). Il dialogo ha un’ascesi: faccio silenzio e ascolto, mi faccio da parte, per così dire, creo spazio. Così metto in condizione l’altro di darsi, di svelarsi e dare il meglio di sé. Accolgo perché chi mi sta di fronte è prezioso e degno di stima (cfr. Is 43,1-6). Ti accolgo non perché non sai dove andare, dove trovare rifugio, ma perché sei un dono per me. Vedo il tuo problema: il tuo problema è mio, mi faccio uno con te. Allora mi metto a tuo servizio.
  1. La fraternità è una delle tre parole chiave della rivoluzione francese (della modernità): égalité, liberté, fraternité. Fraternità è parola che lascia intravvedere una matrice cristiana ed è anche la più difficile da tradurre giuridicamente, ma quella a cui ciascuno aspira, soprattutto quando una comunità si sente minacciata. La fraternità è una nozione centrale nel cristianesimo. I cristiani si presentano come fratelli e sorelle (cfr. NT), riconoscendosi tutti ugualmente figli di uno stesso Padre. Ma non si può nascondere come nella Bibbia l’esperienza della fraternità incominci in maniera drammatica. Il primo “figlio minore” dell’umanità, Abele, viene assassinato dal suo fratello maggiore, Caino (cfr. Gn 4,1-15). Altri conflitti tra fratelli ci verranno raccontanti; ad esempio, Giuseppe venduto dai fratelli (cfr. Gn 43-44). Ma il libro della Genesi si chiude con questo motivo di speranza: “Se voi avevate pensato un male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che ora si avvera” (Gn 50,20).
  1. A differenza dell’amicizia, la fraternità è qualcosa di donato. Gli amici si scelgono, ma non i fratelli. I fratelli si ricevono dai genitori comuni. È un legame che ci precede e che è necessario. Come gestire questo essere dono? La fraternità, in effetti, è ambivalente: può essere usata per chiudere un gruppo su se stesso e contrapporlo a chi non è del gruppo. La fraternità nazionale – ad esempio – può essere proclamata per sottolineare la distinzione tra i cittadini e gli stranieri, guardati addirittura con sospetto (spinte identitarie). Ma il Vangelo proclama che la fraternità non può che essere necessariamente universale. I legami di sangue o di “suolo” sono un dono, ma reclamano un allargamento, una liberazione: la paternità divina essendo unica ed universale postula che altrettanto sia la fraternità. Non è un cammino facile, occorre continuamente scoprire quello che si è e quello che si ha in comune, oltre le apparenze. Dio può svelarci come fratelli e sorelle. Vorrei chiudere dicendo a tutti e a ciascuno: “Sei mia sorella, sei mio fratello; vorrei farti sentire in casa tua a casa mia”.

Discorso del Vescovo in margine alla Conferenza sul tema: “Ogni uomo è mio fratello”

Sala Montelupo di Domagnano, Venerdì 12 febbraio 2016

Desidero ringraziare chi ha organizzato questa serata e gli altri appuntamenti che hanno caratterizzato questa “38a Giornata per la vita”. Senza dimenticare l’incontro di preghiera per la vita nascente, tenutasi quest’anno contemporaneamente in vari centri della diocesi di San Marino-Montefeltro. Esprimo il mio compiacimento per il lavoro che svolgono le nostre associazioni che si mobilitano, non solo in queste circostanze ma durante tutto l’anno, su questa frontiera. E, se necessario, offro tutto l’incoraggiamento.
Questa sera il tema dell’incontro, “ogni uomo è mio fratello”, viene storicizzato nella tragedia che sta vivendo il vicino Oriente, la Siria in particolare. Siamo impazienti di sentire testimonianze di prima mano. Ma consentitemi un “fuori pista” che ci interpella nell’attualità sammarinese e italiana.
Quest’anno la Giornata per la vita si celebra mentre è in corso nel Parlamento italiano il dibattito sulle unioni civili per le persone omosessuali (su questa circostanza mi sono espresso firmando una dichiarazione congiunta degli Uffici pastorali) e si è avviata una pressante campagna per la “dolce morte”. Più in generale, nello scenario culturale nel quale ci muoviamo, l’idea stessa di famiglia si è fatta indistinta e sembra inarrestabile la spinta per una procreazione sganciata dalla famiglia e medicalizzata fino a farne una variabile indipendente dalla stessa sessualità. Tutto questo mentre il nostro modello di famiglia e di procreazione deve misurarsi con le culture immigrate e mentre la colonizzazione ideologica del gender (papa Francesco) tenta di cancellare la più forte e radicata tra le appartenenze identitarie, quella sessuale.
Oggi più che mai questione antropologica è sinonimo di questione sociale.
Conosco tante famiglie impegnate ad offrire il loro contributo per una cultura di speranza e di resistenza alla cultura dello scarto.
Oggi non abbiamo bisogno di battaglie ideologiche quanto – ferma restando la chiarezza dei principi e dei valori – di gettare ponti e trovare sinergie, anzitutto tra noi: movimenti, associazioni, gruppi di ispirazione cristiana, e poi in mondi “lontani” (ecologisti, femministe, etc.), ma come noi preoccupati dalle derive di una cultura individualista e da una economia che riduce l’uomo stesso a oggetto di consumo.
Penso, soprattutto, a quanti fanno politica in nome della solidarietà, ai quali riesce sempre più difficile tollerare l’ingiustizia e le difficoltà di vita delle famiglie più povere, espropriate anche della loro fecondità. Vorremmo, al di là delle appartenenze, far giungere a tutti il nostro patrimonio di idee (Dottrina Sociale della Chiesa), ma anche il sostegno e l’attenzione che meritano.

+ Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro

Programma dettagliato della Giornata della vita

Ai Responsabili delle Associazioni, Gruppi e Movimenti laicali della diocesi

Carissimi,
in vista della giornata della vita 2016 comunico alcuni importanti informazioni ed aggiornamenti del programma, integrato approfittando della presenza a S.Marino dei Padri francescani Simone Herro e Feras Hejazin:

Venerdì 5 febbraio (ore 21.00 Teatro parrocchiale di Novafeltria)

Proiezione del film-documentario: “Il sale della terra”

Domenica 7 febbraio: GIORNATA DELLA VITA

Durante le S.Messe domenicali, verranno raccolte le offerte per le comunità cristiane di Siria e Palestina (ciò avverrà durante la questua, per cui non verranno allestiti banchi di raccolta fuori dalle chiese); è possibile contribuire alla raccolta di fondi anche effettuando un versamento tramite i seguenti c/c bancari:

– SM60X0854009813000130166989 intestato a UCIDS presso la Banca di San Marino;
– SM02V0606709806000060111425 intestato a UCID presso la Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino.
N.B. è indispensabile indicare la causale “PRO SIRIA”

Giovedì 11 febbraio (ore 21.00 a Borgo Maggiore, chiesa parrocchiale)

Veglia di preghiera per le popolazioni cristiane del Medio Oriente

Seguirà un piccolo rinfresco presso il Centro Comunitario Don Bosco di Borgo Maggiore (i responsabili delle Aggregazioni sono pregati di comunicare il numero indicativo delle persone del proprio gruppo/associazione che parteciperanno alla cena; referente Federico Bartoletti fbartoletti@omniway.sm)

Venerdì 12 febbraio (ore 12.00, Palazzo Pubblico)

Udienza degli Ecc.mi Capitani Reggenti. Per ovvie ragioni protocollo, sono invitati i soli responsabili delle Aggregazioni laicali (si prega di confermare la partecipazione, referente Federico Bartoletti; il numero massimo di posti disponibili è 10)

Venerdì 12 febbraio (ore 21.00 Sala Montelupo di Domagnano)

Conferenza sul tema: “Ogni uomo è mio fratello” – Vivere e difendere la dignità umana in un territorio di globalizzazione dei conflitti e delle loro conseguenze

Federico Nanni
Ufficio famiglia

Invito alla preghiera per la famiglia

Nei prossimi giorni il Parlamento italiano sarà chiamato a prendere decisioni importanti su famiglia e unioni civili. È nota la nostra visione di famiglia e, tante volte, abbiamo portato le nostre argomentazioni, anzitutto di ragione, e poi di fede. Ora confidiamo nella coscienza dei parlamentari.
Il disegno di legge proposto è un testo nei confronti del quale esprimiamo considerazioni di critica e di profonda preoccupazione per almeno tre motivi:

  • la previsione di una sostanziale sovrapposizione del regime matrimoniale a quello delle unioni civili, la cui sostanza fa parlare di “matrimonio” omosessuale a tutti gli effetti;
  • l’adottabilità da parte di coppie omosessuali, con l’eliminazione di una delle figure di genitore e l’evidente danno per il bambino;
  • la legittimazione – in prospettiva – della pratica dell’utero in affitto.

Da parte nostra, seguiamo la vicenda chiedendo a singoli e comunità di unirsi con iniziative di preghiera per la famiglia, come abbiamo fatto nei giorni del Sinodo, nell’ottobre scorso.

Comunque andranno le cose, assicuriamo il nostro impegno, disponibili alla collaborazione con tutti, portando il nostro contributo di idee, la testimonianza della bellezza del matrimonio tra un uomo e una donna, pur nelle difficoltà e fragilità, e la richiesta alle istituzioni di politiche familiari efficaci e lungimiranti.

 Il Vescovo Andrea Turazzi
insieme al coordinamento degli Uffici Pastorali

Sfogliando l’agenda del 2015

Sfoglio l’agenda del 2015 e vedo pagine straripanti di appuntamenti e di incontri.
Ogni mese è come un piccolo mosaico costituito da tasselli colorati, nel tentativo di evidenziare i singoli eventi.
Ricordo una frase contenuta in una clip che presentava le “cinque vie” per un nuovo umanesimo in Gesù Cristo, al Convegno ecclesiale di Firenze. Suona pressapoco così: “Attenzione: si può scrivere un trattato su una tessera senza aver mai guardato il mosaico”.
Mi tuffo nei singoli mesi per poi riprendere le distanze. Qual è il mosaico che risulta dall’unione delle tessere del 2015?
Vedo scorrere momenti di preghiera, di studio, di solidarietà e di comunione, incantevoli liturgie, convegni, pellegrinaggi, campi invernali ed estivi, campi missionari, feste patronali, giornate unitarie, momenti di semplice fraternità…
Due gli appuntamenti diocesani unitari indicati dal Vescovo per il 2015: la Giornata per la vita, in febbraio (con le iniziative annesse) e la Camminata del risveglio, all’Eremo della Madonna del Faggio, in agosto (ogni anno si mettono in cammino sempre più persone da molti paesi della diocesi). In questi due momenti, ogni altra iniziativa locale è stata sospesa per ricordare che la Chiesa di San Marino-Montefeltro è una sola, riunita attorno al suo Pastore.
I dieci Centri pastorali della diocesi – alcuni dei quali hanno ripreso il cammino proprio quest’anno – sono stati agili bussole per orientare il cammino delle comunità, comprese le più piccole. Sempre più feconda la collaborazione e la sinergia tra gli Uffici, specialmente nella realizzazione di momenti formativi, di ritiri, di dibattiti e di progetti di solidarietà.
Importante è stata la presenza della diocesi nei settori più laici della società. Quest’anno la Giornata di preghiera per i politici, in concomitanza con la memoria del loro patrono, San Tommaso Moro, è stata addirittura un triduo di preghiera e di studio. Poi, con la Giornata per la Scuola, in ottobre (in questo caso il Santo che accompagnava era nientemeno che San Francesco di Assisi), si è potuta dimostrare la vicinanza, l’interesse e la disponibilità per l’accompagnamento di ragazzi e giovani, pur nel rispetto dei ruoli. Infine, quest’anno si è dato vita anche ad una Giornata per i medici e gli operatori sanitari, nel giorno della festa di San Luca, con alcuni momenti di approfondimento dedicati e, per chi non fosse di altra convinzione, con la celebrazione di una Santa Messa.
Il 2015 sarà ricordato sicuramente per i grandi eventi ecclesiali, di cui anche la nostra diocesi ha tratto beneficio.
Siamo nell’Anno dedicato alla Vita consacrata (iniziato il 30 novembre 2014) e la diocesi ha potuto veramente gustare la gioia della presenza e dell’accompagnamento spirituale dei suoi consacrati, anche dei più giovani, che sono stati convocati per la Giornata diocesana dei giovani a Novafeltria. Una trentina di giovani consacrati che vivono in diocesi o che, originari della diocesi, sono stati inviati a svolgere fuori il loro servizio si sono incontrati ed hanno incontrato la cittadina di Novafeltria e i coetanei dei gruppi giovanili della diocesi, dando testimonianza di una fede viva e ben inserita nel mondo.
Siamo grati al Signore per aver avuto la gioia di vedere realizzate, proprio quest’anno, diverse professioni religiose ed anche una ordinazione presbiterale.

I primi mesi dell’anno sono stati caratterizzati anche dalla preparazione al Sinodo dei Vescovi sulla famiglia. L’Ufficio Famiglia ha tirato le fila di una serie di incontri con i sacerdoti, con il consiglio pastorale diocesano e con la consulta delle aggregazioni laicali al fine di elaborare una bozza di risposte al questionario fornito dall’Assemblea Straordinaria del Sinodo nell’ottobre 2014. Il contributo inviato alla Segreteria del Sinodo è stato realizzato con stile di vera sinodalità e ha ricevuto l’apprezzamento del Sottosegretario alla CEI e del vescovo delegato per la Pastorale familiare regionale, Mons. Enrico Solmi.
A questi due importanti orizzonti tracciati dalla Chiesa universale si è aggiunta la preparazione al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze a cui hanno partecipato, a nome della diocesi, sei delegati insieme al Vescovo Andrea. Momenti di unità molto forti sono stati i convegni vicariali prima del Convegno di Firenze, allo scopo di raccogliere le esperienze e progetti da portare nell’assemblea nazionale e, dopo il Convegno, per far circolare le idee e le testimonianze provenienti da tutte le diocesi italiane.
Il 13 dicembre con l’apertura della Porta Santa nella Cattedrale di Pennabilli è iniziato l’Anno Santo della Misericordia. È stato molto bello ritrovarsi vicini, quasi schiacciati e trascinati dai fratelli, nel varcare la Porta della Misericordia; uniti fisicamente, ma soprattutto nel cuore, verso l’abbraccio del Signore.
Questo il bilancio di fine anno: creatività e fatiche, gioie e delusioni, nuovi progetti e incertezze sul cammino da compiere… ma quanta ricchezza! Fiumi di acqua viva che scorrono abbondanti nel nostro territorio.
Per questo ringraziamo il Signore con il solenne inno del “Te deum” di fine anno, riconoscenti delle perle di vita buona da Lui depositate nei nostri campi, per cui vale la pena vendere tutto e spendere la vita.

Paola Galvani

Messaggio ai Capitani Reggenti partecipanti alla Conferenza sul clima Cop21

Pennabilli, 28 novembre 2015

Eccellenze carissime,
mentre siete in viaggio verso Parigi per partecipare alla conferenza sui cambiamenti climatici, vi accompagno con la mia considerazione e la mia preghiera.
Credo di interpretare i sentimenti dei tanti sammarinesi che incontro quotidianamente: portate a Parigi anzitutto la nostra solidarietà; la prova subita da quella città amica ci ha profondamente toccato. La pace è l’unica via di futuro per tutti. Personalmente ho pregato così: «Signore, disarmali. Signore, disarmaci. Troppo difficile per noi la pace!».

Nello svolgere il vostro compito istituzionale, avete in cuore la nostra Repubblica: il monte Titano, sorprendente terrazzo sull’Adriatico, le rocce a picco sormontate dalle torri-sentinelle, le valli attorno verdissime coi borghi che scendono come le case di un presepe, i lembi di terra contesi fra impianti industriali e coltivazioni, contesa che testimonia la laboriosità della nostra gente… In verità andate alla Conferenza di Parigi perché sentite la responsabilità verso la “casa comune”, come papa Francesco chiama il pianeta, al di sopra dei nostri interessi. La cura dell’ambiente è molto più che piantare alberi, riciclare gli scarti, ridurre l’uso di condizionatori o le emissioni di idrocarburi: essa prevede l’impegno di preservare l’armonia globale con il creato e coi suoi abitanti e, soprattutto, ribadire quell’antropologia adeguata tema fondamentale dell’Enciclica di papa Francesco, Laudato si’.

È la prima volta nella storia che la distruzione ad opera dell’uomo assume i connotati di un “bio-cidio” (consentitemi il neologismo). Coi grandi della terra prendete decisioni concrete a favore di tutta la creazione e accogliete l’urgenza di giustizia tra generazioni (Come lasceremo il pianeta ai nostri figli?). La scomparsa della biodiversità, il riscaldamento globale e la povertà persistente sono questioni che si collocano ben al di là delle sovranità nazionali (sono i poveri a pagare il prezzo più alto del debito ecologico). L’Enciclica di papa Francesco, Laudato si’, e il discorso tenuto a Nairobi la scorsa settimana, possano essere per tutti un apporto robusto per la Conferenza di Parigi.
Assicuro da parte mia tutto l’impegno per sensibilizzare la comunità cristiana alla cura del creato, per promuovere stili di vita più sostenibili e per incoraggiare le persone ad adeguare le loro abitudini al bene dell’umanità e dell’ambiente.

Col più cordiale augurio di buon lavoro,
+ Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro

Messaggio per il 60° dell’Istituto di Sicurezza Sociale

Partecipo con cordiale considerazione al 60° compleanno dell’Istituto di Sicurezza Sociale. Saluto e ringrazio quanti prestano servizio con professionalità e dedizione alla “cultura della salus”. Come diceva qualche giorno fa papa Francesco, questi sono gli elementi costitutivi della stessa: accoglienza, compassione, comprensione, perdono. Una cultura intesa dunque in senso integrale, che si propone di arginare la “cultura dello scarto”.
La salute di cui si occupa l’ISS, è parte integrante ed integrale del bene comune. La sua promozione e difesa è un servizio irrinunciabile che ha dato molti frutti in San Marino. Tra le tante problematiche affrontate dall’ISS non posso dimenticare l’attenzione agli anziani, in questo contesto di crescita dell’individualismo, col pericolo della loro solitudine e abbandono. L’attenzione al “fine vita” chiede una seria e appassionata corresponsabilità senza accettare scorciatoie inumane.
Attenzione anche ai giovani: qui si apre il grave problema della loro educazione, per cui la “sicurezza sociale” si può e deve esprimere come vigilanza, custodia e responsabilità.
La famiglia poi richiede politiche di sostegno, di sostegno alla vita, a tutti i suoi livelli, evitando scelte le cui conseguenze possono avere lunga durata.
Il principio regolativo di una società democratica, oltre alla solidarietà, si chiama “sussidiarietà”. Impegno dell’ISS, auspichiamo, sia il valorizzare e sostenere tutte le risorse presenti sul territorio. A San Marino la gratuità, l’impegno di sostegno al bisogno, qui e in molte parti del mondo, costituisce la nostra gloria, da mantenere sempre viva.
Concludo facendo risuonare, in questo momento e in questa sede a cui fanno riferimento tante componenti della nostra società sammarinese, le speranze suscitate dall’imminente apertura dell’Anno Santo della Misericordia. Ci sono cittadini che fanno del volontariato una scelta personale di vita e di prossimità alle persone in difficoltà. Lo fanno da credenti e, nello stesso tempo, da cittadini, incontrando tanti altri volontari in spirito di collaborazione e di rispettose attenzioni alle leggi della Repubblica.
Grazie.

+ Andrea Turazzi