Omelia nella XIV domenica del Tempo Ordinario

Fiorentino (RSM), 5 luglio 2020

Zc 9,9-10
Sal 144
Rm 8,9.11-13
Mt 11,25-30

Questa pagina tratta dal capitolo 11 del Vangelo di Matteo viene chiamata “la perla” del primo Vangelo.
Per entrare meglio nel brano, faccio due premesse. La prima riguarda l’esplosione di gioia di Gesù. Nessuno dubita che Gesù avesse un cuore gioioso. Così lo vediamo alle nozze di Cana. È pieno di gioia nella casa degli amici Maria, Marta e Lazzaro (si è addirittura lasciato profumare da Maria!), quando accoglie i bambini mentre gli apostoli li cacciano. Qual è la miccia che fa esplodere la sua gioia? Lo vedremo tra poco.
La seconda premessa: finalmente sappiamo com’è il contenuto della preghiera di Gesù. I Vangeli (soprattutto quello di Luca) parlano di Gesù che prega, che sparisce per cercare i luoghi più adatti alla preghiera. Ma, tolto il Padre Nostro e la grande preghiera sacerdotale del Vangelo di Giovanni, Gesù non lascia trapelare le preghiere che rivolge al Padre. Certo, pregava i Salmi, perfino sulla croce quando non aveva più fiato. Ma la sua preghiera personale, più intima, più segreta, non è stata registrata. «Ti rendo lode, o Padre…»: è una preghiera di ringraziamento, di lode, rivolta al Padre. Lo chiama per nome.
Veniamo al perché della gioia di Gesù. Gesù viene da una situazione piuttosto deludente: dopo l’inizio del suo ministero in Galilea cominciano le resistenze al suo messaggio. Giovanni Battista era stato imprigionato e anche lui ha dubbi riguardo a Gesù. Lui, il precursore, manda una delegazione per sapere: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3). E Gesù manda a dire: «Ditegli che ai poveri è annunciato il Regno di Dio, che i malati sono risanati, che i ciechi recuperano la vista…». A Cafarnao non farà miracoli e dirà: «Nessun profeta è ben accetto in patria» (Lc 4,24). È il momento della crisi. Ci sono “posti vuoti” (e non perché obbligati dal lockdown!). Più tardi Gesù dirà: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67). È bello vedere Gesù che si sorprende del Padre, perché quei “posti vuoti” adesso sono affollati dagli ultimi, dai piccoli, dai semplici e questo è motivo di grande gioia. È un po’ quello che accade nel racconto del “banchetto nuziale” (cfr. Mt 22,1-11). Racconta di quel re che preparava le nozze per suo figlio e aveva mandato a chiamare gli invitati ad uno ad uno, ma ognuno di loro si scusò con i motivi più svariati. Il protagonista della parabola non tollera i “posti vuoti” e manda i servi ad invitare chi sta ai crocicchi delle strade. Non tollera la sala del suo Regno vuota, la vuole piena: è un Padre che aspetta tutti i suoi figli. Ecco il motivo della gioia di Gesù.
Un altro dettaglio. Gesù non ha detto: «Queste cose hai tenute nascoste ai sapienti e ai dotti», quasi che ci sia una categoria di persone costituita dai sapienti e dai dotti. La traduzione corretta è: «…Queste cose hai tenute nascoste a sapienti, a dotti…», come per dire che ci sono sapienti e dotti che non comprendono il mistero del Regno. «Queste cose» il Padre le ha rivelate «a piccoli». Non c’è nessun discredito per la cultura, per i saperi. Gesù parla di una sapientia cordis che hanno i semplici. Anche noi possiamo essere «semplici», cioè puer evangelicus (bambino evangelico). È puer evangelicus chi si fida di Dio, chi si abbandona a Lui, chi ricomincia sempre. Sottolineo una caratteristica dei bambini: i bambini capiscono immediatamente chi vuole loro bene. «Padre, così a te è piaciuto». Gesù parla del suo rapporto col Padre e del rapporto del Padre con lui e lascia intendere che questa sapienza viene dal rapporto con il Padre. Gesù conclude dicendo: «Venite a me, voi tutti…». Non raduna per fare un corso di teologia o per dar vita ad una filosofia. Dice: «Venite per stare con me. Siete stanchi, oppressi, peccatori; siete pescatori, esattori delle imposte, uomini del contado… Venite a me, state con me». Poi Gesù apre il suo cuore. È un cuore di uomo: Gesù conosce il cuore, i sentimenti che si muovono in esso. È un cuore divino, squarciato: tutto dona, non trattiene nulla per sé; c’è una eccedenza di amore. È un cuore sempre aperto: per l’eternità!