Omelia per l’inizio del ministero pastorale

Pennabilli (RN), Piazza Vittorio Emanuele II, 18 maggio 2024

L’invocazione allo Spirito Santo, durante il canto dell’Alleluia, ha implorato l’accensione del fuoco dell’amore di Dio nei nostri cuori, dove maturano i nostri pensieri e prende forma la nostra esistenza.
Un cuore abitato dallo Spirito Santo è un cuore capace di Dio, del suo amore e della pienezza della vita. Soffocare la voce dello Spirito, che «intercede con gemiti inesprimibili» (Rm 8,27), in attesa dell’adozione a figli e della redenzione del nostro corpo (cfr. Rm 8, 22ss), offusca la nostra prospettiva di gioia, riducendo l’esistenza a visioni miope, paralizzate e senza il respiro della vita e della gioia piena che Cristo ci ha promesso: «Perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,17).
Gesù ha indicato sé stesso come la sorgente dell’acqua viva e ci invita ad andare a Lui per soddisfare e saziare la nostra sete di vita e di gioia (Gv 7,37), di eterno.

Quest’oggi, nella Solennità della Vigilia di Pentecoste, il Signore ci ha convocato per dare inizio al mio ministero episcopale in questa parte di Chiesa che è la nostra Diocesi di San Marino-Montefeltro, per accoglierci nello Spirito Santo che guida e sostiene i nostri cuori nel nostro quotidiano esodo dalla morte alla vita, dalla tristezza alla gioia, dal peccato che ci distrugge alla misericordia che ci redime, da una vita senza prospettive di eternità al dono di una promessa di vita eterna, da cui deve ripartire ogni giorno il nostro “Sì” a Cristo e al suo Vangelo.

Sostenuti da questo anelito di vita e gioia piena, che risiede nei nostri desideri più reconditi, lasciamoci guidare dal Maestro interiore, lo Spirito Paraclito, per riaprire i nostri cuori alla possibilità delle promesse di Cristo, che non deludono, che chiariscono e danno luce alla nostra vita, spesso “bloccata” e “oscurata” da una cultura che ha dato lo sfratto al Vangelo di Cristo, espropriandoci dell’«Oltre la vita terrena» e consegnandoci alla prigione di un immanente fine a se stesso, come quello che dominava gli abitanti costruttori di Babele: «Venite, facciamoci mattoni… Venite, costruiamoci una città e una torre, facciamoci un nome, per non disperderci …» (cfr Gn 11,1ss): l’uomo artefice di sé più che desiderato e amato da Dio; un uomo senza origine, disatteso, svuotato del suo stesso motivo di vita; un uomo tomba di sé, abitato solo dalla morte e costantemente votato al suo assurdo destino!

Ma il Signore, allora come oggi, in questo momento, continua a disperderci «nei pensieri del nostro cuore» (cfr. Lc 1,46ss) per salvarci dal destino mortale e da un’esistenza velenosa, restituendoci ai desideri di vita e di gioia, che custodiscono l’amore di Dio; essi rappresentano la nostalgia di Dio che, negando e rifiutando, continuiamo ad ignorare, vivendo “nascondendoci da Lui” (cfr. Gn 3,8).
È la superbia che, prendendo il posto di Dio, muove sentimenti di autonomia, celati dal desiderio di libertà, creando convinzioni di autosufficienza che ci privano della relazione, dei legami, degli affetti, dell’appartenenza. Forse, l’intervento di Dio a Babele, ha risvegliato l’uomo all’altro, alla fraternità, alla sua eredità: la vita di figlio di Dio, che si rivela nell’amore: solo l’amore può restituirci alla gioia vera e piena, rinnovandoci nel dono di sé, della generosità e della bellezza della fraternità.
C’è bisogno, però, di purificare il cuore, di accogliere “i sentimenti di Cristo”, di ringraziare Dio per le “grandi cose” che ha compiuto in ognuno di noi (cfr. Lc 1,46ss); c’è bisogno di ascoltare il suo richiamo che dall’Eterno giunge nella storia e grida «Dove sei?» (cfr. Gn 3,9). Lasciamoci raggiungere dalla sua chiamata, rispondiamo «Eccomi», come hanno fatto le donne e gli uomini della storia della salvezza, come hanno fatto i santi, come ha avuto il coraggio di fare Maria, esponendosi, senza riserva, alla dichiarazione di amore del suo Creatore. Recuperiamo il coraggio dell’amore, perché la nostra vita cristiana possa nutrirsi e sfamarsi al Pane di Vita, l’Eucarestia, Cristo, il Vivente.
Il Signore ci chiama in questo mondo, in questa storia, nelle nostre situazioni, per amarci e donarci la vita piena e non un “compromesso” di sopravvivenza. Tocca a noi corrispondere al suo progetto di salvezza, ma nella consapevolezza che il punto di partenza è la sua promessa di gioia e vita piena e non le nostre convenienze e i nostri egoistici desideri di avidità.
La Solennità della Pentecoste tratteggia le caratteristiche della Chiesa nel mondo e per il mondo, perché il Regno di Dio si manifesti visibilmente in Essa e noi, INSIEME, come comunità di battezzati in ascolto della voce dello Spirito, nel segno del servizio al mondo, concretizzeremo la Carità di Dio, che non avrà mai fine. «Nell’amore non c’è timore»: solo così la sua gioia sarà in noi in maniera piena.
Il Signore, che «scruta tutti gli abitanti della terra, lui, che di ognuno ha plasmato il cuore e ne comprende tutte le opere» (Sal 32), ci concede un esodo di liberazione, fraternità, profezia e preghiera, perché ogni «nostra attività abbia sempre da te il suo inizio ed in te il suo compimento».

Ringraziamento in occasione dell’Ordinazione Episcopale

Acerenza (PZ), Cattedrale, 20 aprile 2024

È bello, giunti a questo momento, incrociare gli occhi di ognuno di voi e potervi dire «grazie».
Non ho trovato nei formulari degli encomi parola più appropriata e compiuta per esprimere la mia gratitudine e tutto l’affetto per la vostra vicinanza e amicizia: grazie perché “ci siete”: la vostra presenza, segno di profonda amicizia, mi riempie di grande gioia. Grazie.
Associandomi ai saluti di S.E. Mons. Francesco Sirufo, saluto e ringrazio con deferenza le autorità civili e militari che hanno preso parte alla Celebrazione Eucaristica, durante la quale, per grazia di Dio, sono stato ordinato vescovo per la Chiesa di San Marino-Montefeltro.
Sono veramente grato a ciascuno per aver lasciato nel mio cuore ciò che mi ha reso l’uomo, il credente e il sacerdote che sono.

Esprimo il mio grazie:
A Dio, datore della vita, Amore infinito, Onnipotente, giusto e misericordioso. A Lui elevo il mio rendimento di grazie per avermi scelto e costituito successore degli Apostoli. A te, o Altissimo, con le parole di Francesco di Assisi chiedo:
«di fare ciò che sappiamo che tu vuoi,
e di volere sempre ciò che a te piace,
affinché interiormente purificato,
interiormente illuminato e acceso dal fuoco dello Spirito Santo,
possa seguire le orme del diletto figlio tuo, nostro Signore Gesù Cristo».

A Sua Santità, Papa Francesco, che rivolgendo la sua attenzione alla mia persona, mi ha nominato Vescovo dell’amata Diocesi di San Marino-Montefeltro.

Alla mia famiglia, papà Nicola, mamma Antonietta, Giulia, Carmine e Antonio, che mi hanno custodito e sostenuto sempre, insegnandomi che la grandezza dell’uomo risiede sempre nella gentilezza e nel saper dire “sempre” grazie, con cuore aperto e accogliente.

Al mio vescovo, Mons. Francesco Sirufo, che incoraggiando i miei passi ad accogliere liberamente e fiduciosamente l’elezione episcopale, con lo sguardo, paterno e amicale, mi ha esortato ad essere custode e collaboratore del popolo di Dio per una Chiesa “in ogni luogo, attenta esperta di umanità”. Grazie per il dono della sua paternità.

Agli Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi qui presenti, tra cui il carissimo Mons. Andrea Turazzi, che ha guidato con sapienza e premura la Diocesi di San Marino-Montefeltro, manifestandomi, da subito, affetto e vicinanza. La vostra vicinanza mi offre la possibilità di sperimentare la bellezza e la forza dell’amicizia, sostegno indispensabile per maturare un impegno apostolico scevro da ogni individualismo e autoreferenzialità: mi consegno con simpatia alla vostra sincera e cordiale amicizia, sicuro che troverò sempre sostegno e ristoro fraterno.

Ai sacerdoti, soprattutto ai miei confratelli del presbiterio acheruntino e al mio carissimo presbiterio di San Marino-Montefeltro, al mio carissimo parroco don Donato Glisci, ai diaconi, religiosi e religiose, consacrate e consacrati; ai seminaristi del Seminario Maggiore di Basilicata con i loro superiori; al carissimo Paolo, seminarista della nostra Diocesi di San Marino-Montefeltro, agli studenti dell’ITB e al suo Direttore, ai docenti e collaboratori: sento vivo il desiderio di rivolgere a ciascuno di voi parole di cordiale gratitudine e affetto per avermi “voluto bene” e per i nostri percorsi di crescita umana ed ecclesiale.

A Castelmezzano, mio paese natìo, che mi ha dato le orgogliose origini lucane, a Laurenzana e Pietrapertosa, le mie prime parrocchie, ad Acerenza, nostro centro diocesi, a tutte le singole comunità parrocchiali della nostra amata Diocesi: grazie per avermi permesso di annunciare e vivere il Vangelo come discepolo e pastore con voi e in mezzo a voi.

Alle aggregazioni laicali: Rinnovamento nello Spirito, Comunione e Liberazione, UNITALSI, OFS, Neocatecumenali; Gruppo di preghiera di Padre Pio: grazie per avermi accompagnato e per quanto fate a servizio dell’edificazione della comunità ecclesiale. Attraverso di voi ho sempre vissuto e contemplato la creatività dello Spirito Santo che agisce in maniera sorprendente e inedita perché “nessuno vada perduto”.

Non me ne vogliate per questa particolare attenzione. Dico grazie alla mia amata Azione Cattolica che mi ha generato alla passione ecclesiale dell’apostolato vivo e coraggioso. Se con il Battesimo sono diventato cristiano, in AC sono diventato “il giovane”, oggi il sacerdote e l’adulto, dell’impegno ecclesiale che assume il mondo per un impegno missionario e secolare perché cresca il Regno d’amore del Sacro Cuore di Gesù.

A quanti hanno contribuito a rendere la Celebrazione bella e solenne e agli organizzatori di questo evento: il sindaco di Acerenza, Dott. Fernando Scattone, il comitato diocesano organizzatore, il servizio liturgico, la meravigliosa corale “Mons. Perosi” della mia parrocchia di Pietragalla, diretta dal Maestro Teodosio Bevilacqua e sostenuta da tutti i professionisti dell’orchestra, il servizio d’ordine, quanti hanno predisposto e decorato la nostra splendida Cattedrale, i miei ministranti, insomma tutti coloro che si sono adoperati perché tutto fosse “a regola d’arte”, per la gloria e la lode di Nostro Signore Gesù Cristo.

Ai giovani della comunità di recupero per tossicodipendenti di Siano e a tutta l’équipe educativa, perché mi hanno insegnato che la fraternità non è un’ideologia, ma la condivisione della vita, che scaturisce dall’ascolto e dall’incontro, guardando alla stessa meta: la bellezza della vita che Dio ci ha donato.

Ai miei amici, tantissimi… ognuno di voi è sempre il più bell’orizzonte in cui perdersi, per ritrovare sé stessi alla sorgente del respirare e del calore umano, segno, in terra, dell’amore straordinario di Dio.

Avete notato che non ho citato Pietragalla… si è inchiodata nel mio cuore!!! Sono certo, però, che in questo momento, con gratitudine al Signore e con il sostegno del nostro patrono, San Teodosio, mi consegnate con generosità alla mia Chiesa di San Marino-Montefeltro, cui apro le braccia e il cuore per accogliervi e amarvi tutti, con l’entusiasmo e la passione che Gesù, mio Signore e mio tutto, riesce a infondermi. Grazie, è tutto ciò che riesco a dire.

Infine, non per importanza, ad Armida Barelli, Padre Agostino Gemelli, don Angelo Mazzarone, Piergiorgio Frassati, Giovanni Paolo II ed oggi, nel giorno del suo anniversario, a don Tonino Bello, cui affido il mio ministero episcopale, perché impari ad essere “cireneo della gioia” con “stola e grembiule”. Tutti loro dall’alto mi hanno guidato e mi guidano ad andare “Verso l’alto” senza alcun timore.

«Nell’amore non c’è timore» (1Gv 4,18)

Grazie