OMELIA DI MONS. ELIO CICCIONI, VICARIO GENERALE DELLA DIOCESI DI SAN MARINO-MONTEFELTRO,
PER LE ESEQUIE DI DON ELIO AGOSTINI
VILLAGRANDE DI MONTECOPIOLO, 4 Novembre 2013
Celebriamo la S. Messa in suffragio del nostro fratello don Elio Agostini, sacerdote di questa nostra Diocesi da 60 anni e che nel giorno della commemorazione dei fedeli defunti è entrato nella loro compagnia.
La celebriamo in questo chiesa di Villagrande di Montecopiolo che, assieme a quella di Pugliano, don Elio ha servito per 35 anni con tanta dedizione e che è rimasta sempre nel suo cuore di pastore; anche dopo averla lasciata, divenuto Cappellano dell’Ospedale di Novafeltria, per circa un ventennio ha ricordato Villagrande di Montecopiolo con nostalgia, tanto che vi ritornava spesso presso la sorella. Proprio qui, terminato il servizio dell’ospedale e già minato nella salute, ha voluto ritirarsi per concludere la sua giornata terrena, manifestando il desiderio di essere sepolto qui fra la sua Gente, con semplicità, come dice, fra le altre cose, nel testamento spirituale: “Dispongo che le mie spoglie mortali siano poste in terra in un angolo del cimitero con una semplice croce, vicino ai miei parrocchiani che ho amato e suffragato”.
Presento subito le condoglianze e la preghiera dei Vescovi Mons. Rabitti e Mons. Negri che ho sentito personalmente e che non potendo essere presenti, mi hanno chiesto di farmi interprete della loro partecipazione al dolore dei familiari e dei parrocchiani. Così pure con i sacerdoti concelebranti, e a nome di tutti gli altri che oggi non hanno potuto essere presenti per impegni di ministero, faccio le mie più sentite condoglianze alla sorella, ai nipoti e agli altri famigliari. Alle condoglianze aggiungo un ringraziamento alla sorella e ai nipoti per avere accolto, seguito e sostenuto don Elio non solo in questi ultimi tempi di sofferenza, ma lungo tutto il corso del suo ministero sacerdotale e vorrei farlo con le parole usate da lui nel suo testamento spirituale: “Ringrazio di cuore coloro che hanno condiviso con me gioie e tribolazioni: la sorella Elena che tanto mi ha amato e si è prodigata per me, il cognato che ho amato più di un fratello, i nipoti Marco, Anna Grazia, Maria Cecilia, Chiara miei pupilli che ho abbracciato e allevato. Grazie, Grazie”. Assieme ai familiari ringrazio tutti coloro che qui presenti gli hanno dato la cosa più importante, l’ amore.
Cinquantanove anni di sacerdozio; una vita dedicata alla Chiesa che si può riassumere in tre espressioni evangeliche:
La prima: ”Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv.15,16). La seconda : ”Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv.10,11). E finalmente: ”Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. In queste tre parole è racchiuso l’animo dell’Apostolato di Don Elio, chiamato dal Signore e inviato ad annunciare la salvezza al mondo.
Don Elio era consapevole che, nonostante tutto, la vita è dono e dono è stata la chiamata al Sacerdozio; era consapevole di essere stato mandato per offrire la sua vita per coloro che il Signore gli aveva affidato. Desiderava rimanere unito al Signore non solo nella sua missione sacerdotale, ma in vita e in morte.
Certamente ogni uomo e anche don Elio, davanti a questa missione che il Signore affida in particolare ai Sacerdoti, sentiva, come tutti, la sua inadeguatezza e l’ha espressa con sentimenti accorati nel suo testamento spirituale scritto il 12 giugno del 1982, in cui dice: ” Il pensiero della morte fa sorgere nel mio animo un sentimento di rammarico per il male compiuto e la mancata energia nel respingerlo con forza e per il bene non compiuto e il cattivo esempio che hanno ricevuto coloro ai quali, per il ministero pastorale affidatomi, erano in diritto di essere guidati con fermezza al bene”.
Oppure nell’altro brano in cui riprende le parole di S. Paolo: ” Ho terminato la corsa, ho mantenuto la fede…”. Una sola speranza mi conforta: che la bontà di Dio mi conceda nell’eternità di vivere vicino a Lui, dove l’orgoglio e la cattiva volontà non uccidono le opere dell’uomo, affinché, almeno nell’aldilà possa essere utile al bene che ho immensamente desiderato per tutti a cominciare da Novafeltria nel primo anno di sacerdozio, a quelli di Maiolo e soprattutto ai cari fedeli di Villagrande di Montecopiolo e Pugliano coi quali sono vissuto 25 anni (scriveva nel 1982), prodigandomi con entusiasmo e senza escludere nessuno. In queste parrocchie don Elio ha speso gli anni migliori della sua maturità, ha formato la Comunità cristiana in modo particolare attraverso la liturgia ben curata, le omelie preparate, la celebrazione dei sacramenti e tutti gli altri impegni del ministero eseguiti con meticolosità e proprietà. Ha dotato la parrocchia di strutture per la vita pastorale, la catechesi, i giovani.
Ora le cose di questo mondo per lui sono passate; è nelle mani di Dio e nessun tormento lo toccherà.
Queste parole del libro della Sapienza spingono a squarciare l’angoscia della morte e ci collocano in un’atmosfera di speranza, nella consapevolezza di essere chiamati alla immortalità. Questo infatti è venuto a realizzare Cristo per ciascuno di noi con la sua passione, morte e risurrezione. Ci ha riconciliati con il Padre, ci ha riscattati dai nostri peccati, ci ha aperto il passaggio alla vita beata nella casa del Padre. “Sappiamo infatti che quando si distruggerà questa nostra abitazione terrena, ne riceveremo una eterna da Dio e saremo rivestiti della nostra dimora celeste”. (2 Cor.5,1-3). E’ la fede che tante volte don Elio ha annunciato ai suoi parrocchiani ogni volta che ha accompagnato uno di loro al cimitero. Oggi è la fede che noi professiamo per lui accanto alla sua bara, assieme alla preghiera di suffragio, perché il Signore lo accolga nel suo regno di gioia e di beatitudine eterna.
Il nostro fratello non è morto, ma dorme. Il suo dormire, iniziato in punta di piedi, è coperto di fede silenziosa. Eppure è sveglio, carico di luce, risonante di vita. Il nostro credo non dice solo parole sulla morte. Noi abbiamo, in realtà, un Dio che è morto ed è risorto, il quale ha preso con sé don Elio, ha gridato con lui sul letto della croce e l’ha reso simile a Lui nella gloria. E’ la nostra fede.
Nel colloquio misterioso di questa Messa, mormoriamo nella solitudine del nostro animo: Signore considera la nostra sofferenza, Tu sei nostro Padre e noi ci abbandoniamo a Te. Ora don Elio vive nella Terra promessa, da dove irradia anche per noi luce per un sapiente cammino di comunione presbiterale.
Se vogliamo dare senso a questo momento di dolore, dobbiamo, specialmente noi sacerdoti, sentirci uniti in un solo cuore. Mi piace immaginare che la morte di Don Elio, possa aiutarci a intensificare quella comunione che dovrebbe guidare il nostro stile di vita sacerdotale perché sia veramente come Gesù l’ha desiderata e perché porti frutti per l’oggi e per la vita eterna.
La vita eterna è la cosa più seria e più forte che Gesù ha preparato per noi. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Né angeli, né demoni, né vita, né morte, nulla ci potrà mai separare dall’amore di Dio (Rm 8,35-38). Questa certezza basta. Dio salva, questo è il suo nome. Salvare significa conservare. E nulla andrà perduto, non un affetto, non un bicchiere d’acqua fresca, neanche il più piccolo filo d’erba e soprattutto Gesù dice che il Padre lo ha mandato perché Egli non perda nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato, ma li risusciti nell’ultimo giorno.
Una preghiera per i defunti, forse la più bella, invoca: «ammettili a godere la luce del tuo volto». Il Verbo che riguarda l’eternità è gioire, godere. E’ la risposta a quel desiderio e a quella aspirazione che orienta la nostra stessa vita.
Don Elio chiede, nel suo testamento, che il funerale sia semplice e decoroso, pertanto ritengo che anche le parole debbano essere sobrie davanti al mistero della morte. In questo momento in cui gli diamo l’estremo saluto vogliamo pregare per la sua salvezza eterna e vogliamo portare nei nostri cuori il suo ricordo.
La memoria di te, caro don Elio, è una celebrazione della tua sopravvivenza, dell’immortalità della tua anima, anche se tanto velata di mistero; è un contatto con una comunione viva e commovente, con te che, come dice la liturgia della Chiesa: «ci hai preceduto col segno della fede e dormi il sonno della pace».
In Cristo ti possiamo in qualche modo raggiungere, ora che tu vivi in Lui. In Cristo continua la circolazione dell’amore. Non è vano pensare così: è vero, è pio, è consolante. Riflettiamo e preghiamo per te, don Elio e tu continua ad amare e a pregare per la Chiesa di San Marino-Montefeltro e per questa parrocchia che tanto hai amato. Carissimo Don Elio, ti affidiamo al cuore della Vergine, Regina degli Apostoli, perché tu possa, con i tuoi cari , gioire della gloria senza fine.
Amen