Nel 257 due cristiani di nome Leone e Marino, provenienti dall’isola di Arbe in Dalmazia, giungono a Rimini attratti dall’opportunità di lavorare come scalpellini. Accanto al lavoro mettono da subito l’attività di evangelizzazione della popolazione riminese. Per sfuggire alla persecuzione dell’Imperatore Diocleziano, si rifugiano in cima al Monte Titano. Dopo tre anni Leo (Leone), con un piccolo gruppo di compagni, si reca presso la rupe del Monte Feliciano dove costruisce una piccola cella e una cappella dove, nel segreto, raduna i Cristiani. La sua opera missionaria lo portò a diventare pastore della futura diocesi di Montefeltro, della quale, per tradizione, è considerato il primo vescovo, anche se l’istituzione ufficiale della diocesi è avvenuta alcuni secoli dopo. Dopo la morte di Leone, il suo corpo viene deposto in un sarcofago di pietra di cui si conserva tutt’oggi il coperchio.
Patrono: Diocesi San Marino-Montefeltro
Etimologia: Leo (accorc. di Leonardo) = forte come leone, dal latino e dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale
San Leo sorge su uno sperone di roccia con le pareti a strapiombo sulla valle del Marecchia.
La sua splendida fortezza (sec. XV), opera di Francesco di Giorgio Martini, domina la valle dalla sommità della rupe inacessibile; di origini antichissime, la città dà il nome alla provincia del Montefeltro, essendo l’antica Mons Feretrius romana.
Fu capitale d’Italia con Berengario II dal 962 al 964. San Leone che ne fu l’evangelizzatore (IV sec.), è oggi il patrono della città.
Nel centro storico le due meravigliose chiese, la Pieve e la Cattedrale rispettivamente dell’XI e XII secolo e la torre civica, ora campanile della Cattedrale. Nei dintorni il convento francescano di S. Igne (1243).
Fra le persone famose ricordiamo Dante Alighieri che parla di San Leo nella Divina Commedia e San Francesco che si fermò a predicare e che qui ebbe in dono il monte della Verna (1213).
Il Conte di Cagliostro finì i suoi giorni in una cella del Forte.
Da visitare
Pieve (XI sec.)
Cattedrale (XII sec.) con la torre civica, ora campanile della Cattedrale
Complesso francescano di S.Igne (anno 1243)
La Rocca di Francesco di Giorgio Martini (XV sec.)
Palazzo Mediceo (1517-1523) che accoglie il Museo d’Arte sacra, Biblioteca e Archivio Storico
A Perticara l’uomo ha rincorso lo zolfo per almeno 500 anni, spingendosi con enorme fatica lungo i filoni del minerale e scavando nella roccia chilometri e chilometri di gallerie fino a 740 metri di profondità. Gli storici ipotizzano che fossero i Romani ad estrarre per primi lo zolfo in questa zona, ma è nel 1917 che la Società Montecatini acquisisce il permesso di ricerca mineraria e scopre il filone principale dello zolfo nel sotterraneo di Perticara, avviando la più grossa industria della zona. 1600 uomini direttamente dipendenti dalla Montecatini hanno costruito un’immensa città sotterranea: quasi 100 chilometri di galleria su 9 livelli di coltivazione. Il ritmo produttivo dell’estrazione mineraria ha scandito la vita di migliaia di uomini e donne, la fatica e l’incertezza della sopravvivenza lasciavano il posto, in superficie, ad un carattere allegro e festaiolo. Le Bande musicali, la filarmonica, i teatri, il cinematografo, la Società del Carnevale, hanno allietato le ore del riposo di una comunità di 5mila residenti fino alla drammatica chiusura della miniera, avvenuta nel 1964 a causa delle inclementi leggi di mercato. Dopo la fine dell’attività industriale con tenacia ed entusiasmo da subito è emersa la volontà di lasciare il ricordo dell’attività estrattiva con le raccolte custodite nel Museo Storico Minerario di Perticara. Il Museo inaugurato nel gennaio del 1970, nel corso degli anni dopo la comprensibile spinta emotiva, è cresciuto su basi più scientifiche fino a divenire un punto di riferimento sui temi di archeologia industriale a livello nazionale. Il percorso museale si articola attraverso una serie di sezioni che introducono e compendiano quella principale relativa all’estrazione e lavorazione dello zolfo. Il percorso in galleria, le attrezzature minerarie, gli strumenti quotidiani del lavoro e l’assortito patrimonio di documenti, disegni, fotografie e filmati d’epoca, consentono di soddisfare i più diversificati interessi di studio e di approfondimento disciplinare. Si sottolinea inoltre la pregevole collezione di minerali che, assieme a quella dei fossili, esprimono un significativo valore didattico. Attualmente è ultimato il restauro del complesso di edifici del cantiere Sulfureo Certino, destinati a definitiva sede del Museo. Sezioni espositive: archeologica, mineralogica, petrografica, geologica, mineraria, cartografica, cine-fotografica, mediateca, archivio, strumentaria, scientifica, centro studi.
Sede museale:
Cantiere Solfureo Certino
Via Montecchio, 20
Tel e fax 0541 927576
sito: www.sulphur.it
e-mail: info@sulphur.it
Caratteristica cittadina al piede del versante occidentale del Monte Carpegna. Deve il suo assetto urbano, all’unione di due antichi castelli, quello dei Billi sopra “la rupe” e quello di Penna sopra “il roccione “.
Prima feudo dei Carpegna, poi dei Malatesta, dei quali probabilmente è anche la culla, prima che questa famiglia scendesse a Verucchio e a Rimini.
La Sede episcopale originariamente si trovava nella città di San Leo ma per ragioni di Stato il Duca d’Urbino Guidobaldo, probabilmente nel 1569, rifiuta al Vescovo e ai Canonici la residenza a San Leo. In seguito a questo divieto il vescovo Giovanni Francesco Sormani (1566-1601), anche consigliato dall’amico san Carlo Borromeo, ottiene da papa Pio V di trasferire a Pennabilli la prerogativa della Cattedrale di San Leo. Morto improvvisamente il Papa non riuscì a firmare la Bolla di trasferimento pertanto il suo successore Gregorio XIII il 25 maggio 1572 firmò la Bolla (con motu proprio) Aequum reputamus.
Il 7 ottobre 1577, il vescovo Sormani, convocando il sinodo a Pennabilli, presente il clero, pone una croce dove dovrà sorgere l’altare maggiore della nuova Cattedrale, intitolandola a san Leone. La costruzione fu diretta dal canonico G. Borgognoni dal capomastro locale G. Palmerini e dal pittore pennese P. A. Saraceni.
Numerose testimonianze di questo passato: la Cattedrale; il Santuario diocesano della Madonna delle Grazie; l’Oratorio della Madonna della Misericordia; l’Oratorio di san Giovanni Battista detto Cappella dei Caduti; l’antico palazzo episcopale recentemente restaurato (dell’antico palazzo oggi ne rimane una piccola parte); il Seminario diocesano con la sua Biblioteca e l’Archivio che racchiude un patrimonio librario di storia e cultura come il Museo diocesano, che conserva un patrimonio artistico notevole raccolto da tutto il Montefeltro; il Monastero di sant’Antonio di Padova, ricavato sulle antiche mura del castello dei nobili Billi, oggi sede delle Monache agostiniane; l’antico Oratorio si san Lorenzo di epoca longobarda; la Pieve Romanica di Ponte Messa.
Molte anche le personalità che da Pennabilli hanno servito la Chiesa non solo diocesana: i vescovi Caliendi Martino di Scavolino (1845-1849), Mariotti Luigi di Maciano (1860-1890). Non mancarono nemmeno preminenti Canonici che si contraddistinsero per la loro preparazione spirituale, umana e culturale: Ravignani Giulio canonico, divenne segretario di papa Paolo IV; Magnani Matteo canonico, teologo e definito da Benedetto XIV “il miglior teologo del XIV secolo”; Olivieri Orazio Dottore in utroque jure e Preposto del Capitolo Vicario Generale morì nel 1644; Magi Roberto canonico, divenne poi segretario di papa Clemente VII e Nunzio della S. Sede a Venezia; Conticelli Giacomo Arcidiacono del Capitolo e ottimo storico; Zucchi Travagli Antonio Maria (1707-1780) già canonico, fu cronista e raccoglitore di memorie storiche feltresche; Mattei Gentili Dario (1842-1912) canonico, eletto vescovo di Sarsina, trasferito a Città di Castello e poi arcivescovo di Perugia; Riccardi Domenico (1834-1910) di Scavolino, canonico della Cattedrale eletto vescovo alla sede di Sarsina, Besi Luigi (1862-1923) che da canonico e segretario di due vescovi entrò nei Padri passionisti arrivando agli alti gradi della sua Congregazione tra cui Procuratore Generale e Postulatore della Causa di canonizzazione di san Gabriele dell’Addolorata rifiutando la cattedra episcopale dei Marsi e morendo qualche giorno prima di ricevere la porpora cardinalizia; Riccardi Ambrogio (1856-1922) di Scavolino fu canonico, Rettore del Seminario e Vicario Generale, eletto Vescovo di Sarsina, definito da papa Leone XIII “il piccolo Dante”; Tani Antonio (1888-1966) Dottore in utroque jure, Arcidiacono della Cattedrale, fu Vicario Generale, eletto Arcivescovo di Urbino; Mariotti Luigi (1880 – 1953), nipote del vescovo omonimo, canonico, fu fautore della Riforma di musica sacra detta “Ceciliana” nella nostra Diocesi, padre spirituale in Seminario e insegnante di latino; Onofri Teodoro (1909-1987) fu Arcidiacono e canonico teologo, nel 1950 venne nominato segretario della Commissione di musica sacra per l’Anno Santo e poi segretario del primo Congresso internazionale di musica sacra e dell’Esposizione di musica sacra, Segretario per sette anni e amico di monsignor Lorenzo Perosi;
Da visitare:
La Cattedrale di san Leone
Il Santuario diocesano della Beata Vergine delle Grazie
L’Oratorio della Madonna della Misericordia (solo su appuntamento)
L’Oratorio di san Giovanni Battista (Cappella dei Caduti)
Monastero agostiniano di sant’Antonio di Padova – Suore agostiniane
Il Museo Diocesano di Arte Sacra
La Pieve Romanica di Ponte Messa
Il comune di Novafeltria, denominato sino al 1941 Mercatino Marecchia, venne costituito nel 1907 dall’unione di frazioni staccate dal comune di Talamello. Al 950 si fa risalire il primo nucleo con la chiesa di S. Pietro in Culto e l’oratorio di S. Marina. Scelto come dimora dai conti Segni di Bologna che nella prima metà del seicento vi edificarono una sontuosa villa, oggi palazzo municipale, Novafeltria divenne centro agricolo e commerciale, teatro di grandi fiere in particolare nel mese di agosto; oggi Novafeltria è centro di convergenza di tutte le attività economiche della vallata.
Nella frazione di Perticara, antico centro minerario, ha sede di un interessante Museo storico minerario, uno dei più importanti e riforniti d’Europa che documenta l’imponente attività perpetrata nei secoli per l’estrazione dello zolfo e raccoglie testimonianze archeologiche che vanno dall’età del bronzo alle civiltà Umbra, Etrusca, e Romana.
Sul monte che la sovrasta, il Monte Pincio (900 m. s.l.m.) si trova una vasta pineta e un centenario castagneto.
Da visitare
Oratorio di Santa Marina (sec. XIII);
Palazzo Comunale;
Museo Storico Minerario di Perticara;
Chiesa parrocchiale di Novafeltria
Chiesetta di Cà Rosello – frazione Secchiano;
Il borgo medievale di Torricella;
Sartiano, eccezionale postazione panoramica sulla vallata del Marecchia
Dell’antica Majolo, lungamente contesa nella guerra che contrappose i Malatesta ai Montefeltro, rimangono sulla sommità del monte dalla inconfondibile forma di cono, due possenti torrioni poligonali, dai quali si domina tutta la vallata del Marecchia; infatti il paese sottostante fu travolto e distrutto, nella notte del 29 maggio 1700 da una gigantesca frana staccatisi dal monte mentre, racconta la leggenda, nel castello si danzavano balli angelici.
Il paese odierno, sede del municipio è in una località vicina denominata Serra.
Nel piccolo comune alcune emergenze storico artistiche di notevole interesse quali la chiesa parrocchiale di S. Biagio, dal cui fianco sorge l’absidiola di una chiesa romanica, e che all’interno custodisce affreschi del ‘500 e un’acquasantiera del ‘400;
la chiesa romanica di S. Maria d’Antico dotata di un portale dalla lunetta scolpita, che all’interno conserva una pregevole terracotta rinascimentale dei della Robbia.
Da visitare:
Rocca di Majoletto
Chiesa di S. Maria D’Antico ( Lunetta scolpita del portale e Maiolica di Luca della Robbia)
Chiesa parrocchiale di S. Biagio (affreschi del ‘500)
Su una collinetta prossima alla sponda sinistra del torrente Senatello sorge Casteldelci, per la sua collocazione geografica, ai confini con la Toscana e la Romagna, è stato nei secoli uno dei principali castelli del Montefeltro. Il territorio Comunale si estende prevalentemente sui due versanti della valle del torrente Senatello, affluente di sinistra del Fiume Marecchia. Gli abitanti risiedono prevalentemente nel Capoluogo e nelle frazioni di Schigno, Senatello , Mercato, Giardiniera, Monte Fragheto, Poggio Ancisa.
Citato come “Casale d’ilice” in documenti del sec. Xll, fù prima sotto la giurisdizione dei vescovi da Montefeltro, poi sotto l’amministrazione del rettore della Massa Trabaria, sebbene non facesse parte di questo territorio, passò quindi ai della Faggiola, nel cui castello sul monte omonimo, del quale residuano i ruderi, ebbe i natali il celebre condottiero Uguccione, in cui si vuole identificare il “veltro” dantesco.
Successivamente fù dei Perfetti da Vico, poi di Guidobaldo da Montefeltro, appartenne anche a Cesare Borgia (1502-08), a Lorenzo dè Medici (1517), al Comune di Firenze (1518) e nuovamente ai duchi di Urbino (1522), seguì poi le vicende storiche generali del Montefeltro.
Perfettamente conservati il Ponte Vecchio, la Torre di Monte, e la torre campanaria, ultima superstite delle quattro che munivano il castello. Una interessante raccolta di reperti archeologici recuperati sul territorio di Casteldelci è visitabile nella Casa -Museo.
Sul terrirorio sono presenti trattorie, agriturismi e un piccolo albergo inserito in un antico edificio del XVII secolo situato nel tranquillo centro storico di Casteldelci.
Per gli amanti delle escursioni il territorio di Casteldelci è ricco di sentieri e mulattiere, percorribili a piedi e a cavallo, che offre oltre alla bellezza e all’integrità dell’ambiente naturale i prodotti tipici della montagna, in particolare formaggio pecorino e salumi.
Etimologia: Marino = uomo del mare, dal latino
Nell’anno 257 d.C. due cristiani di nome Marino e Leone, provenienti dall’isola di Arbe in Dalmazia, giunsero a Rimini attratti dall’opportunità di lavorare come scalpellini.
Marino, giunto nella zona del Monte Titano in cerca di pietre da lavorare, restò affascinato dal maestoso Monte e vi si recava spesso, Oltre a quel lavoro, egli svolgeva la missione di convertire la popolazione riminese al cristianesimo. Fu per questo che una donna malvagia l’ accusò di essere suo marito e di professare il cristianesimo.
Marino fu costretto a rifugiarsi nella foresta del Monte Titano, che conosceva molto bene, per sfuggire alle persecuzioni dell’Imperatore Diocleziano. Tuttavia la donna, in preda al demonio, lo scovò ugualmente e confermò le sue accuse. Marino non trovò altro sistema che opporre ad essa il suo digiuno e le sue preghiere, fino a che non avvenne il miracolo: la donna si ravvide e fece ritorno a Rimini, tessendo le lodi di Marino.
La leggenda narra anche che Marino e Leone, per evitare altre esperienze di quel tipo, si ritirarono, assieme alla sua piccola comunità, in vetta al Monte Titano, recintando la zona del loro rifugio. Poi Leone si trasferì sul vicino Mons Feretrum o Monte Feretrio (attuale Montefeltro). Il terreno però era di proprietà di donna Felicissima il cui figlio Verissimo si recò sul posto per scacciare Marino. Egli si oppose alla violenza con la sola forza delle preghiere al Signore; fu evidentemente ascoltato perché il giovane rimase come paralizzato. In seguito a questo fatto strabiliante, donna Felicissima si recò in supplica da Marino, chiedendo perdono per l’atto violento del figlio Verissimo che, grazie all’intercessione della madre e le preghiere di Marino, tornò alla normalità. La donna donò il territorio a Marino che vi morì nell’anno 301. Per la sua predicazione e le conversioni al cristianesimo, il vescovo di Rimini San Gaudenzio gli conferì l’ordine del diaconato. Fu sepolto nella chiesa che egli stesso aveva eretto e dedicato al San Pietro e successivamente fu nominato Santo.
Le origini della Repubblica di San Marino affondano nella leggenda: sarebbe stato Marino, tagliapietre originario della Dalmazia divenuto santo, a costituire sul Monte Titano una comunità di cristiani perseguitati dall’imperatore Diocleziano.
È certo che la zona fu abitata fin dai tempi preistorici, ma è solo dall’età medioevale che abbiamo notizie certe sulla esistenza di un Cenobio, di una Pieve, di un Castello, di elementi che confermano che sulla vetta del Monte Titano esisteva una Comunità organizzata.
Nel corso degli anni la piccola Comunità del Monte Titano, memore della figura leggendaria del tagliapietre Marino, si chiamò “Terra dei San Marino” poi “Comune di San Marino” e infine “Repubblica di San Marino”.
La piccola Repubblica di San Marino, 61 kmq di superficie, si trova ai confini tra la Romagna e le Marche, a pochi chilometri dalla riviera adriatica.
La Basilica di San Marino, costruita su base romanica all’inizio del XIX secolo, è ricca di statue e quadri pregevoli.