Pietrarubbia nasce come importante castello feretrano nell’Alto Medioevo: nel momento in cui, all’epoca di Federico Barbarossa, iniziarono anche qui gli scontri tra guelfi e ghibellini, le principali famiglie del Montefeltro si divisero al loro interno.
Infatti, verso la metà del Duecento la casata dei conti di Montecopiolosi divisa in due rami distinti, e parte dei possedimenti della famiglia passarono al guelfo conte Taddeo, che divenne così signore di Pietrarubbia. Consolidatasi ad Urbino la signoria di Antonio da Montefeltro, per i castelli dell’entroterra feretrano si presentò il pericolo di scontri tra Malatesta e Montefeltro; ed infatti, nel corso degli anni, tutti i castelli della zona, compreso quello di Pietrarubbia, furono sede di scontri sanguinosi. Verso la fine del XIV secolo Pietrarubbia era l’avamposto malatestiano diretto contro Frontino, baluardo della Massa Trabaria legata invece agli urbinati, fino ad arrivare alla metà del Quattrocento, quando Federico da Montefeltro, non ancora nominato duca, riuscì ad annientare la potenza dei signori riminesi togliendo loro tutti i castelli; così il castello di Pietrarubbia entrò a far parte definitivamente del Ducato di Urbino e rientrò nel piano di riorganizzazione del territorio, che ormai si rendeva indispensabile. Le fortificazioni di Pietrarubbia vennero riconsiderate alla luce del nuovo assetto territoriale e della nuova difesa che Francesco di Giorgio Martini andava ad organizzare; una descrizione del complesso fortificato risalente al XVII secolo, ci fa pensare che qui poteva essere stato organizzato uno dei numerosissimi cantieri del Ducato. Secondo lo storico Guerrieri (1604 – 1676) in tempi più antichi il castello era organizzato intorno ad una rocca imprendibile ed era doppiamente recintata, tanto che nel Seicento erano ancora ben visibili i doppi ponti levatoi, i resti dei due portali e dei baluardi. A testimonianza dell’antica rocca, oltre all’antica torre detta Torre del Falco, esistono ancora oggi, murate nelle pareti delle case del borgo, le pietre usate per le bocche da fuoco e provviste di tacca di mira. Al tempo di Guidobaldo da Montefeltro la rocca di Pietrarubbia venne abbandonata, come avvenne per altre fortificazioni dell’entroterra, perché giudicata ormai superflua. Con la fine delle fortune del castello di Pietrarubbia, tutta la zona non visse più una storia altrettanto affascinante ed interessante: il borgo lentamente si spopolò per favorire la formazione di paesi a valle, vicino alle più moderne vie di comunicazione e luoghi adatti allo scambio di merci e bestiame (Mercato Vecchio). Pietrarubbia passò nel XVII secolo allo Stato della Chiesa e quindi iniziò il percorso che la portò ad essere comune indipendente prima, unito a Macerata Feltria poi, ed infine nuovamente indipendente nel 1948. All’inizio degli anni ’70 lo scultore Arnaldo Pomodoro, nato e cresciuto nel Montefeltro, non lontano da Pietrarubbia, portato da alcuni amici a vedere il borgo, sentì il bisogno di fare qualcosa per “salvarlo”. Fu così che, dopo aver acquistato alcuni edifici, provvide alla loro ristrutturazione sensibilizzando le istituzioni locali che risposero con grande entusiasmo; nel 1990 venne fondato il T.A.M., una scuola diretta dallo stesso Pomodoro nella quale si insegna l’arte di trattare i metalli.
Da vedere:
L’antico borgo con al Torre del Falco (sec.XV)
Chiesa di S.Silvestro (anno 1000 ca)
Palazzo del Vicario (sec. XV, ora adibito a ristorante)
Complesso monumentale di S.Arduino (anno 1000 ca)
Per chi vuole ritrovare le tracce della storia del Montefeltro, il Castello dei Conti Oliva con i suoi spazi espositivi, offre molteplici spunti: la storia geologica del territorio, il patrimonio vegetale, il mondo contadino, le case coloniche, la storia vista attraverso i reperti in ceramica e approfonditi studi di araldica.
Nella chiesa è possibile inoltre vedere affreschi rinascimentali e lastre gotiche tombali dei Conti Oliva. L’interesse e l’attenzione per l’ambiente e le tradizioni sono documentate nel Museo del Fungo di San Sisto, dove questo prezioso frutto della terra viene studiato nei sui aspetti scientifici e culinari.
I primi Oliva di cui si ha certezza storica furono i fratelli Sforza; Bisaccione ed Ugolino Signori nel 1234 di Antico e Piagnano ed altri castelli. Conti per investitura imperiale, Ghibellini e ribelli al Papa nei territori del Papa. Solo nel 1377, la concessione del Vicariato apostolico ad opera di Gregorio XI, diede forma legale alla Signoria degli Oliva che acquisì, tra gli altri il Castello di Piandimeleto, destinato a divenire il cuore di questa piccola Corte. Quella degli Oliva fu una famiglia di valorosi soldati impegnati nell’esercizio stabile delle armi e di coraggiose fedeltà ai Malatesta. Alla fine del ‘400, nel periodo di massimo splendore, la Signoria comprendeva i Castelli di Campo, Piandimeleto, Pirlo, Piagnano, Pietracavola, Lupaiolo, Monastero, San Sisto, Petrella Guidi e Antico. Gli Oliva furono Capitani d’Arme, Governatori per la Repubblica di Siena, Capitani del Popolo di Firenze e Luogotenenti di Sansepolcro. Tra tutti, Carlo I fu forse, il personaggio più significativo della famiglia: uomo di Lettere ed Arti, poeta egli stesso, leale e valoroso soldato, amico di Lorenzo De’ Medici e Federico Da Montefeltro. Egli seppe ben amministrate virtù e fortuna, anche investendo cospicue somme di denaro nella riedificazione del Palazzo di Piandimeleto, nella costruzione del Mausoleo di Montefiorentino e nella Chiesa di Sant’Agostino. Questi uomini cresciuti alla guerra, cavalieri senza macchia e senza paura, al ritorno da valorose battaglie erano festeggiati con sontuosi banchetti, spettacoli di saltimbanchi e gare di abilità tra gli arcieri, i quali, dinnanzi al loro Signore, si contendevano con fierezza l’ambitissimo Palio.
Da vedere:
Castello dei Conti Oliva (sec. XV)
Chiesa di S.Agostino (anno 1400 ca)
Monastero, Abbazia benedettina di S.Maria del Mutino (anno 1500 ca)
Chiesa romanica di S.Sisto (sec. XII)
Frontino è per popolazione il più piccolo Comune della Provincia di Pesaro e Urbino, è l’Antico Castrum Frontini, forse di derivazione romana, è ricordato nel diploma di Ottone IV del 7 Ottobre 1209. Subì diverse vicessitudini nella sua storia. Nel 1305 divenne dominio dei Brancaleoni di Castel Durante e quindi dei Della Fagiola, poi nel 1355 restituito alla Santa Sede quando i Frontinesi giurarono fedeltà nelle mani del cardinale E. Albornoz. Nel 1440 apparteneva ad Antonio di Montefeltro e in seguito a Federico, Conte, poi Duca di Urbino. Nel 1522 il Castello, sotto la guida del Capitano Vandini, sostenne vittoriosamente l’assedio dei Fiorentini al comando di Giovanni Delle Bande Nere. Frontino rimase poi sempre fedele al Ducato dei Montefeltro. Il territorio del Comune si eleva da una quota di 500 a 1000 s.l.m..
Da vedere:
Chiesa di S.Pietro e Paolo (sec. 1600)
Convento di Montefiorentino (sec. XIII)
Museo di Arte contemporanea Franco Assetto
Scultura d’ Acqua-Fontana di F.Assetto
Palazzo Vandini (oggi trasformato in Albergo)
Carpegna, anche all’occhio distratto del visitatore occasionale, mostra le sue peculiarità e le sue attrattive, ma senza ostentazione, con la discrezione che si addice a chi sa di possedere bellezze, monumenti religiosi e non, storia. Così è stato per la Pieve, risalente al XII sec., rimaneggiata più volte ed attualmente restituita al nuovo splendore, così è per gli altri monumenti meritevoli di menzione, tra cui spicca il magnifico, severo ed armonioso Palazzo dei Principi, edificato nel 1675 per volere del Cardinale Gaspare, Conte di Carpegna. Ancor oggi è abitato dai discendenti di quell’antica casata, che si impose sugli altri nobili locali fin dal XII secolo e fu matrice dei conti di Montefeltro e di Pietrarubbia. Qui è possibile far visita alla preziosa biblioteca e alla cappella di famiglia dove il visitatore può ammirare la ricca dotazione di arredi originali, autentici tesori d’antiquariato.
Ma Carpegna ha saputo adeguarsi anche al mutare dei tempi dandosi una completa organizzazione turistica grazie ad una notevole disponibilità di alberghi e pensioni: storia, arte e patrimonio ambientale sono gli attuali richiami del Montefeltro, e Carpegna da buon capoluogo li sintetizza appieno. La montagna offre possibilità escursionistiche praticamente illimitate in pratica sia direttamente dal paese, sia raggiungendo il vicino valico della Cantoniera da cui si può accedere al Monte Carpegna. Meta obbligata è la visita al Sasso Simone e Simoncello per riscoprire le antiche tracce dell’Abbazia benedettina e la città fortezza costruita dai Medici nel 1560.
Ogni ristorante o trattoria saprà trasformare un’arida elencazione di cibi in appetitosa rassegna di leccornie.
Da vedere:
La Pieve di San Giovanni Battista (sec.IX-X)
Chiesa di San Nicolò (sec. XVII)
Palazzo dei Principi Carpegna Falconieri (sec.1675-1695 ca)
Ultimo paese della Provincia di Pesaro Urbino, arroccato attorno al suo maniero medioevale, sorge sulla riva sinistra del fiume Foglia e ci si arriva salendo la strada provinciale Fogliense. Singolare il paesaggio che lo circonda: il Monte Carpegna e una corona di colline che digradano sulla vallata, alture che terminano in rupi selvagge.
Luogo ideale per passeggiate che, seguendo vecchi sentieri, portano verso il parco Sasso Simone e Simoncello oppure all’alta Valle del Metauro e l’Alpe della Luna. Il Castello di Belforte all’Isauro edificato nel tardo medioevo su un precedente insediamento Longobardo del VI secolo d.C. si erge quasi a protezione del paese che si adagia fra le colline dell’Appennino Marchigiano proprio in quel lembo di terra che si incunea fra l’Umbria e la Toscana. Dalla primavera del 1996 il Castello, insieme a gran parte del Centro storico completamente restaurato, è diventato sede di un Centro di lingua e cultura italiana per stranieri. Le sue origini vengono fatte risalire al VI – VII secolo d.C.; si hanno testimonianze di numerosi rifacimenti, ma l’impronta definitiva, un po’ bizzarra, ma pittoresca si deve all’estro del noto architetto Francesco di Giorgio Martini, che lo riedificò per volere del Duca Federico da Montefeltro. Nel 1874 il nobile Barone Prussiano Hermann De Tenneret – Barone di Beaufort, convinto che in passato il castello fosse appartenuto ai propri avi, lo acquistò per poi donarlo definitivamente al comune di Belforte all’Isauro. Un singolare monumento al quale la gente di Belforte è particolarmente legata, e’ il Tabernacolo Tricuspidato in laterizio e cotto in stile neo-gotico che si trova all’inizio del paese, eseguito nell’ Anno santo 1900 che rappresenta tre momenti fondamentali della vita della Madonna l’Annunciazione, la Crocifissione, l’Assunzione. Come la maggior parte delle Pievi del Montefeltro, la chiesa di San Lorenzo in Foglia, ora annessa al cimitero di Belforte, è ubicata lungo il fondovalle, vicino al centro abitato. Risulta che essa risalga all’epoca Carolingia (VIII secolo) periodo in cui non era ancora iniziato l’incastellamento. Nel 1871 un violento terremoto la distrusse completamente.
Da vedere:
Castello (sec. VI)
Pieve di S. Lorenzo (sec. VIII)
Tabernacolo tricuspidato (anno 1900 ca)
Talamello è un antico borgo che sorge su uno sperone di roccia alle falde del monte Pincio, sulla sponda sinistra del fiume Marecchia. Di origine anteriore al IX secolo appartenne come Feudo alla chiesa Feretrana, fu sotto il giogo dei Faggiolani e dei Malatesta nelle dispute con i Montefeltro. Sede dei Vescovi del Montefeltro e del Governatore della Romagna a cui Sigismondo Malatesta venne a chiedere la pace.
Conserva nella Cella del cimitero una pregevole serie di affreschi di Antonio Alberti da Ferrara e nella chiesa Parrocchiale una crocifissione del ‘300 attribuita alla scuola Riminese, che è portata in processione il lunedì di Pentecoste.
La festa del SS. Crociffisso fa affluire schiere di fedeli anche dalle regioni limitrofe. Il Monte Pincio che sovrasta il paese è ricoperto da un lussureggiante manto vegetale, composto da una bella pineta e da un centenario castagneto, suggestivi sentieri si inerpicano per le pendici del monte, offrendo scorci panoramici di grande suggestione che spaziano dalle cime più alte dell’appennino marchigiano e Tosco-Romagnolo al mare Adriatico. Oltre ai consueti campi da calcio e da tennis, per chi ama il gioco delle bocce, a Talamello funziona un organizzato bocciodromo coperto nelle adiacenze del campo sportivo. La prima domenica di agosto Talamello ospita la tradizionale “sagra della rana” e le prime due domeniche di novembre “la fiera del formaggio di Fossa”.
Caciotta della zona, calata in fosse scavate nel banco di roccia arenaria su cui sorge il paese, da cui esce dopo tre mesi di stagionatura a sprigionare tutti quegli umori, aromi e proprietà da meritargli la denominazione di “Ambra di Talamello”.
Da visitare:
Dipinto SS. Crocifisso (scuola riminese del ‘300)
Chiesa del Poggiolo
Celletta del Cimitero (affreschi di Antonio Alberti da Ferrara, sec. XV)
I castagneti del Pincio
Situata al confine fra Marche e Emilia Romagna, Sant’Agata Feltria ha origini antichissime. Già abitata dagli Umbri Sarsinati, nei secoli successivi appartenne a vari feudi, fra i quali i Malatesta, i Montefeltro e poi ai Fregoso che diedero il nome alla rocca costruita verso il secolo X e restaurata da Francesco di Giorgio Martini nel 1474.
Oltre alla già citata Rocca, ora sede di un museo permanente, S. Agata Feltria, conserva uno stupendo e ben mantenuto centro storico, e diversi complessi di notevole valore storico, tra cui il convento e chiesa di San Girolamo e soprattutto il teatro Angelo Mariani, che con struttura interamente in legno, è il più antico teatro delle Marche ed uno dei più antichi d’ Italia. Il tutto dominato dall’alto di Mont’Ercole da un imponente bosco di castagni.
Anche località periferiche hanno complessi di notevole richiamo storico artistico in particolare Petrella Guidi con il suo borgo medievale ancora intatto, il poderoso castello, che prevedeva due distinte cinte murarie difensive, e ora è rimasta la torre. L’arco della porta, a tutto sesto, fa pensare ad una costruzione di epoca romanica. Dentro le mura castellane, nella chiesa di S.Apollinare, si venera un’immagine miracolosa della Vergine.
Durante l’estate l’ambiente naturale circostante invita ad escursioni a piedi e a cavallo. Per gli amanti dello sport e della vita all’aria aperta sono disponibili campi da tennis, bocciodromi, maneggio, lago per pesca sportiva, aree campeggio ecc.
Di particolare importanza è la “Fiera del tartufo bianco pregiato e dei prodotti agro silvo pastorali”, manifestazione a carattere nazionale che si tiene annualmente nelle domeniche di ottobre.
Durante questa manifestazione, divenuta una delle più visitate ed importanti del settore in Italia, il tartufo Bianco, prodotto caratteristico di questa zona appenninica, viene esposto, celebrato, valutato, venduto, cucinato e degustato in tutti i modi. E al tartufo fanno corona altri tesori dell’ appennino, funghi, miele, castagne, piante officinali, prodotti del bosco, della pastorizia e dell’agricoltura.
La manifestazione Sant’agatese, non è soltanto la più ghiotta occasione per assaporare e gustare piatti a base di tartufo e funghi, ma anche un grande appuntamento per gli amanti dell’artigianato, dell’antiquariato e della tante iniziative collaterali che per l’occasione vengono allestite.
Da qualche anno a Sant’Agata Feltria a novembre si può degustare il formaggio stagionato nel banco di arenaria, essendo state riaperte le antiche fosse.
E’ sede del premio letterario “Il Pungitopo”.
A dicembre Sant’Agata Feltria si trasforma nel “Paese del Natale”. Nell’ambiente pieno di fascino di questo paese medievale, si può vivere il clima natalizio tipico dei Paesi Nordeuropei, fra musiche di zampogne, casa di Babbo Natale, Elfi, slitte, renne e altre sorprese. Per l’occasione i ristoranti locali offrono uno speciale menù con “I Piatti dell’Avvento”. Nel centro storico, tradizionale mercatino natalizio con vendita di prodotti tipici, addobbi e statuine della Scuola Napoletana e Siciliana, arricchito da eventi culturali una manifestazione tutta incentrata sulle suggestioni della tradizione natalizia.
Da visitare:
Rocca Fregoso
Convento di San Girolamo con annesso il Museo degli antichi mestieri
Teatro Angelo Mariani
Il Borgo e la torre di Petrella Guidi
Il castello di Scavolo