Discorso nel conferimento della cura pastorale della Parrocchia di San Leo a don Giuliano Boschetti

San Leo (RN), Pieve, 29 agosto 2021

Carissimi Leontini,
«ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’Alto e discendono dal Padre» (Gc 1,17). Ecco il dono che oggi vi fa il Signore dandovi un nuovo Parroco. Cosa che non era scontata.
Saluto il signor Sindaco, le Autorità che sono presenti e tutta la comunità.
Un saluto particolare, naturalmente, a don Giuliano.
Davanti alla comunità si compiono – hanno già cominciato a compiersi – gesti simbolici. Alcuni di questi richiamano quello che Gesù ha compiuto con l’apostolo Pietro, fatte salve le debite proporzioni, e precisamente la consegna delle chiavi.

1.
La prima chiave che il Vescovo consegna al Parroco è quella della chiesa (di per sé avremmo dovuto attendere fuori, ma il segno è comunque abbastanza eloquente).  La vostra chiesa parrocchiale, come la Cattedrale, è un gioiello, motivo più che legittimo della vostra fierezza, casa che accoglie nei giorni dell’iniziazione cristiana (chi riceve il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia), chiesa spalancata per la Messa, speriamo che dopo la fase acuta del Covid-19 diventi nuovamente ricca della presenza dei fedeli, chiesa accogliente per le feste della comunità, delle famiglie, per la celebrazione dei matrimoni. La chiesa tutti raduna per accompagnare i defunti al cospetto di Colui che accoglie misericordioso.
Siete custodi della Cattedrale, qui accanto, ricca non soltanto di storia e di arte, ma anche prima sede episcopale. Nella Cattedrale si celebrano riti importanti. La Cattedrale, la Pieve e tutta la città di San Leo accolgono pellegrini e turisti, un’accoglienza che deve sempre essere cordiale, schietta, bella.
Questa Pieve fatta di pietre, alla fine, è un simbolo, un segno, perché le pietre vive siete voi; con la Parola di Dio e i sacramenti siete edificati in Popolo Santo di Dio, Corpo di Cristo (Lui è il capo, voi le membra), Tempio vivo dello Spirito Santo.
È stato bello, entrando in chiesa, sentire l’invocazione allo Spirito Santo. Quest’anno che stiamo per incominciare sarà tutto dedicato alla consapevolezza del rapporto che la comunità, e ogni singolo, devono avere con la terza Divina Persona, lo Spirito Santo. È un rapporto da riscoprire, per qualcuno forse anche da scoprire per la prima volta.
Caro don Giuliano, abbi cura di questo popolo. Aiutalo e fatti aiutare, soprattutto dal Consiglio Pastorale per il discernimento comunitario ed amministrativo, nella trasparenza. Valorizza i ministeri istituiti; noi sacerdoti passiamo, la comunità rimane, arricchita via via dai carismi e dai doni spirituali e personali di ciascuno. Torno ad esprimere la gratitudine a don Carlo, che in questi anni ha svolto tra noi, con generosità, il ministero sacerdotale. Gratitudine e preghiera per tutti i sacerdoti che hanno guidato la comunità.
Ora, don Giuliano, trova nei tuoi parrocchiani corrispondenza e collaborazione, sì da essere tutti insieme un cuor solo e un’anima sola per vivere quella sfida che si chiama sinodalità e a cui ci invitano papa Francesco e i vescovi italiani.

2.
Consegnerò tra poco un’altra chiave a don Giuliano, quella del Tabernacolo. Il Parroco deve nutrire il suo popolo con la Parola di Dio, perché «non di solo pane vive l’uomo», ma necessariamente ed ugualmente col Pane di vita. Il Parroco custodisce il Tabernacolo come il cuore della chiesa, il cuore della comunità, tesoro di incommensurabile valore.
Con la Parola don Giuliano vi riunisce (spero si consolidi l’esperienza della formazione biblica e l’esercizio della Lectio divina) e con l’Eucaristia vi costruisce. L’Eucaristia è tutto per la Chiesa, tutto per il cristiano! È la presenza di Gesù vivo.
Cari Leontini, amate l’Eucaristia, chiedetela, nutritevene, adoratela. Attingerete così amore dall’Amore. Amore che rende preziosa ogni azione e ogni momento della vita. Amore da diffondere.

3.
Caro don Giuliano, c’è una terza chiave. Non te la posso consegnare io. Possono metterla nelle tue mani soltanto i parrocchiani: è la chiave dei loro cuori. Essi sono consapevoli dell’autorevolezza del sacerdote, ricco e povero ad un tempo; ricco per le parole che pronuncia: «Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue…», «Io ti assolvo…», povero perché sono parole non sue ma di un Altro, al quale è dovere fare sempre più spazio.
I tuoi parrocchiani, caro don Giuliano, sanno della tua obbedienza alla decisione del Vescovo, sanno della tua preparazione ed esperienza e dei servizi che dovrai svolgere per la Diocesi. Dice la Lettera agli Ebrei che il sacerdote viene assunto «di tra gli uomini», quindi è del nostro stesso legno, ha la sua umanità, ma viene costituito per gli uomini, per voi, riguardo alle cose di Dio (cfr. Ebr 5,1). Per te, don Giuliano, la chiave dei loro cuori sarà la cosa più cara: ti viene data immediatamente, con fiducia, ma dovrai anche, per così dire, guadagnartela, perché dovrai entrare con discrezione nei loro cuori, sentire le loro confidenze, accogliere le loro domande.
Metterò sulle spalle di don Giuliano la sciarpa, cioè la stola, segno della sua potestà di rimettere i peccati, ma anche di consolare, di orientare rispettosamente le coscienze, di sostenere con la direzione spirituale e soprattutto di far incontrare la misericordia del Padre. I parrocchiani non dovranno temere nel confidarti fragilità e dubbi. Darai tanto a loro, ne sono certo. Altrettanto riceverai da loro. Del resto abbiamo tutti nel cuore, consacrati e laici, giovani e adulti, una domanda: «Signore, come posso servirti?». Servire il Signore. Gesù ha detto: «Non vi chiamo più servi, ma amici» (cfr. Gv 15,15). Qui servire significa dare lode, regnare, perché essere a disposizione del Signore è altissima dignità. La vita è vocazione, risposta ad una chiamata, nulla avviene per caso. Invito don Giuliano ad avere a cuore le vocazioni, a farle sbocciare, favorirle, accompagnarle: tutte! E a voi, cari Leontini, chiedo di aver cara la vocazione al sacerdozio. Per questo intensifichiamo la preghiera. State facendo esperienza, avete fatto esperienza anche oggi, di quanto è preziosa e desiderata la figura del prete. E quanta trepidazione è nel cuore del Vescovo a questo motivo. Il Signore non farà mancare ministri per la sua Chiesa e susciterà in ogni membro della comunità la disponibilità alla collaborazione, al servizio e il senso di responsabilità: «La Chiesa è mia, mi appartiene. Signore, in che modo posso servirti, in che modo posso essere sostegno in questa comunità? In che modo posso essere missionario e annunciatore del tuo Vangelo?». In sintesi, essere laici nella Chiesa, cristiani nella società!

4.
Tra poco chiederò a don Giuliano di rinnovare le promesse sacerdotali pronunciate la prima volta nel giorno dell’ordinazione. Seguiranno l’accompagnamento al fonte battesimale e al confessionale con l’invito a benedire ed aspergere tutti voi. Infine, cederò la sede e l’altare al nuovo parroco che presiede la comunità a nome del Vescovo e in comunione con tutti i presbiteri della Diocesi.
Le letture di oggi ci hanno invitato a cogliere l’essenziale e cioè non tanto a compiere atti obbedienti (che faremo comunque), ma ad avere un cuore obbediente: una scelta più radicale, più profonda. È quello che domandiamo per noi e per tutti. Così sia.