Omelia III domenica del Tempo Ordinario

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

22 gennaio, Monastero delle Clarisse, Sant’Agata Feltria

Inizia da questa domenica il racconto della vita pubblica di Gesù secondo il Vangelo di Matteo. Nel tempo dell’Avvento e del Natale abbiamo avuto un primo assaggio del Vangelo di Matteo coi Vangeli dell’infanzia. Lo scenario in cui si svolge la prima attività di Gesù è la Galilea e, precisamente, le città attorno al lago di Gennezaret.

«Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato…».

Per Gesù è il segno che è scoccata la sua ora. Giovanni Battista, la Voce, cede il passo a Gesù, la Parola. Il ritorno in Galilea non è una fuga. L’arresto di Giovanni anziché rendere prudente Gesù, aumenta l’urgenza del suo ministero, lo fa uscire allo scoperto: è coraggioso; cominciamo già a vederlo. Gesù inizia da dove Giovanni ha finito: «Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino». Era sceso alle rive del fiume Giordano per essere battezzato e “compiere ogni giustizia”, adesso torna a Nazaret, ma è solo di passaggio. Senza portare nulla con sé, scende nella zona del Lago di Galilea.

«Si ritirò nella Galilea, lasciò Nazaret ed andò ad abitare a Cafarnao…».

Se il messaggio è identico a quello di Giovanni: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”, diverso è il metodo. Giovanni si era ritirato nel deserto e aspettava la gente al suo battesimo. Gesù prende dimora a Cafarnao e va incontro alle folle. Fin dall’inizio è chiara la sua strategia, una strategia non di fuga, ma d’ingresso: per salvare tutti, giudei e pagani, nel caos di una cittadina di frontiera. Il Nord Galilea, e particolarmente Cafarnao, costituiscono, infatti, un miscuglio di razze e di genti. Su quelle terre, emblema di ogni periferia, cominciano a compiersi la profezia del vecchio Simeone che, al tempio, aveva salutato il bambino Gesù come “Luce delle genti” e l’oracolo di Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce…”.

La Galilea, Cafarnao

Non geografia, ma teologia! Quel territorio assomiglia al mondo contemporaneo, alle nostre città, perfino ai nostri borghi: abitati ormai da razze, religioni e culture diverse. Gesù si mette in situazione. E noi? Siamo fosforescenza della sua luce? Speriamo di non meritarci il suo rimprovero: “Guai a voi che percorrete terra e mare per far un solo proselita – parafrasando – senza aver fatto seriamente la scelta del Vangelo. Sognate conversioni in terre lontane e non vi accorgete della sete di verità e di aiuto di chi vi sta accanto”.

«Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli…».

Gesù annuncia il Regno di Dio. Si capisce subito che la conversione è “girarsi verso quella luce”.  La conversione non è la causa ma l’effetto dell’incontro. Talvolta ho immaginato che la conversione fosse anzitutto un fare penitenza del passato, una condizione imposta da Dio per il perdono. Ho pensato di trovare Dio come la ricompensa al mio impegno. Gesù è la buona notizia; è lui che ci viene incontro! Lo vediamo nel racconto che segue, il racconto delle chiamate. Lo sguardo di Gesù è uno sguardo creatore: pone in essere. In Simone vede la Roccia su cui fonderà la sua comunità, in Andrea il pescatore di uomini, in Giovanni l’aquila che penetrerà il mistero di Dio. Un giorno guarderà l’adultera e risveglierà in lei la sposa, amante fedele. In Nicodemo ridesterà il coraggioso mendicante del corpo del Crocifisso. E guarda me e ciascuno di voi… Ripete: «Seguimi»!

La pericope evangelica si conclude con Gesù che riprende il cammino per illuminare, per annunciare, per sanare. Se lui è la luce, i fari ne saranno dei pescatori chiamati non solo a seguire Gesù, ma per essere associati alla sua missione: pescatori di uomini. Araldi del Regno, senza laurea in Teologia!