Omelia nella Domenica delle Palme

Pennabilli (RN), Cattedrale, 10 aprile 2022

Is 50,4-7
Sal 21
Fil 2,6-11
Lc 22,14-23,56

  1. Gesù entra nella sua Passione con l’amore

Ecco, è giunta “l’ora” di cui Gesù ha parlato tante volte. È “l’ora” che ha atteso con una mescolanza di terrore e impazienza (cfr. Mc 14,35; Mt 26,45 Gv 2,4; 7,30; 8,20; 13,1; 16,29; 16,32; 17,1). Non l’ha scelta lui, ma è la logica conclusione di tutto quanto ha dovuto accettare per compiere la sua missione. Va incontro alla Passione volentieri? O piuttosto la Passione è qualcosa che gli piomba addosso? Vedi l’esperienza del Getsemani…
La Passione non è una sua scelta. Sua scelta è la volontà del Padre. Volontà che comprende l’accettazione delle scelte degli uomini, comprese quelle ingrate. Gesù va incontro alla sua Passione con questo spirito. Gesù entra nell’ “ora” scelta dagli uomini (le autorità religiose di allora e Giuda) col cuore gravato e l’anima pronta. Vi entra soprattutto con amore: amore per il Padre, amore per i fratelli, uno ad uno, come sono e in quello che fanno. Questo amore perdura e cresce lungo tutte le ore crudeli che la Passione gli riserverà. Gesù continua a soffrire, a pregare, ad amare: qui sta la redenzione!

  1. La teologia dell’ evangelista Luca

Ci accompagna Luca, l’evangelista che ha raccolto accuratamente gli avvenimenti come li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni. Ha fatto ricerche meticolose su ogni circostanza per farne un resoconto ordinato (cfr. Lc 1,1-3) a quel Teofilo – amico di Dio – che ci rappresenta tutti.
Il racconto della Passione del Signore è arrivato attraverso quattro diverse redazioni, sostanzialmente concordi; le differenze confermano la storicità dei fatti. Ciascuno degli evangelisti (Matteo, Marco, Luca, Giovanni) ha tuttavia una propria prospettiva teologica ed una propria originalità di stile. Nella Passione secondo Luca balzano evidenti almeno “dieci particolari”, che solo lui riferisce, in linea col suo Vangelo. Luca è lo scriba mansuetudinis Christi (Dante Alighieri) e i “dieci particolari” costituiscono la sua firma (espediente usato da tanti artisti per le loro opere).
Luca ci ha condotto quest’anno facendoci conoscere l’infanzia di Gesù, la dolcezza di Maria e la premura di Giuseppe. È un Vangelo pervaso dalla gioia dei piccoli, dei poveri, dei peccatori e delle donne attorno a Gesù. È il Vangelo delle parabole della misericordia e della parabola capolavoro “Il figliuol prodigo”. Gesù entra nella Passione come prototipo del martire coraggioso e mansueto che muore pregando e perdonando. Rileggiamo il testo gustando interiormente “i dieci particolari”. 1. Nel Getsemani Gesù soffre fino a sanguinare. Un angelo viene a confortarlo. 2. Durante la cattura compie un estremo tentativo di recupero del traditore. Lo chiama per nome e pronuncia le parole che gli altri evangelisti riferiscono col discorso indiretto. 3. Un discepolo troppo zelante colpisce uno sbirro. Gesù fa per lui l’ultimo miracolo: risana il suo orecchio (l’orecchio destro!). 4. Pietro rinnega tre volte il Signore. La prima volta è una donna a metterlo in crisi (una serva), poi due innominati. Un gallo canta, ma è lo sguardo penetrante di Gesù che lo fa piangere. 5. Gesù è un prigioniero scomodo: viene rimbalzato da un potere all’altro. Pilato per tre volte ne riconosce l’innocenza. 6. Sorpresa: da quel momento Pilato ed Erode, notoriamente avversari, diventano amici! 7. Al seguito di Gesù nel momento supremo della prova ci sono ancora le donne. Luca ne riferisce i lamenti e ci tramanda le parole delicatissime di Gesù per loro. 8. Gesù perdona i suoi carnefici e prega per loro. 9. Scena centrale: da una parte ci sono i capi che deridono il condannato, la soldataglia che ironizza, il malfattore che insulta Gesù; dall’altra il centurione che glorifica Dio per come Gesù muore, la folla che si batte il petto, i discepoli che osservano attoniti; e nel mezzo del racconto il dialogo di Gesù col ladrone che prega: «Ricordati di me…». Gesù risponde: «Oggi sarai con me…». Probabilmente qui è il centro di tutto il Vangelo. 10. Luca riferisce la preghiera di fiducioso abbandono pronunciata da Gesù (Salmo 31, 6) con l’aggiunta originalissima: «Padre», e poi: «Nelle tue mani consegno il mio spirito».

  1. Ai piedi del Crocifisso col “buon ladrone”

Entro sempre più profondamente nel racconto della Passione. Prendetemi con voi, cari amici, ai piedi del Crocifisso. Contempliamo insieme quanto accaduto in quel tragico venerdì, in particolare soffermiamoci su uno dei “particolari”: il dialogo di Gesù con il “buon ladrone”. Consideriamo il testo sotto un triplice profilo.

Sotto il profilo letterario il testo è vivacissimo e armoniosamente costruito. Come abbiamo visto, Luca presenta anzitutto un trittico di persone che insultano Gesù: i capi del popolo (v.35), i soldati (vv. 36-37), uno dei malfattori crocifisso (v.39). Segue poi un trittico di persone penitenti: il centurione (v.47), la gente (v.48), gli amici (v.49). Al centro, in piena evidenza, il dialogo di Gesù col malfattore pentito e la morte (vv.36-37). È su questo “pannello” centrale che dovrà focalizzarsi la nostra attenzione.

Sotto il profilo storico si ha la piena vittoria di Caifa e del sinedrio che riescono a consumare il loro complotto contro un innocente. Il sinedrio ha condannato a morte Gesù per bestemmia contro la dignità del Messia, il cuore stesso della religione giudaica. Questa attendeva un Messia che si legittimasse in tutta la sua potenza e il suo splendore. Ora, un Messia prigioniero, abbandonato dagli amici, ridotto all’impotenza, non poteva essere altro che un empio che scherniva la dignità del Messia, la grande promessa di Dio ad Israele. Il sinedrio, però, non aveva il diritto di eseguire condanne a morte, questa era competenza assoluta della prefettura romana che giudicava secondo il diritto romano. Ma qui entra in gioco la scaltrezza di Caifa: riformula l’accusa religiosa ebraica (bestemmia contro il Messia) in termini politici (si è fatto “re dei giudei”). Dunque, Gesù dev’essere condannato per alto tradimento nei confronti di Roma. Ai piedi della croce si intrecciano i due capi d’accusa: insulti al presunto Messia e insulti al re per burla! Che “potere” può rivendicare uno sconfitto che sta per morire sull’infamante patibolo della croce, fra due malviventi, che non sa neppure fare un prodigio a beneficio di se stesso?

Sotto il profilo teologico osserviamo che il “buon ladrone”, nel disegno teologico di Luca, diventa il tipo del vero credente. È rappresentante degli amici con cui Gesù stava più volentieri, perché più aperti alla sua parola di salvezza (la donna silenziosa Lc 7,36ss; i piccoli Lc 10,21-22; Marta e Maria Lc 10,38ss; i peccatori che ascoltano Lc 15, 1ss; Zaccheo Lc 19,1ss; ecc.).
Il “buon ladrone” constata l’innocenza di Gesù per puro dono di fede, “legge” nello scacco della croce l’intronizzazione regale del Messia e, con preghiera umile, chiede a Gesù di ricordarsi di lui allorché ritornerà nella sua regalità, in tutto lo splendore e la potenza (domanda simile a quella della madre di Giacomo e Giovanni, cfr. Mt 20,20). C’è tanta fede nel ladrone, ma Gesù lo aiuterà a fare un passo ulteriore: comprendere che “il paradiso” non è come quello di cui ha sentito parlare. «Oggi sarai con me»: questo è il paradiso: essere con Gesù!
Aggiungo un dettaglio – non per erudizione – ma per andare ancor più in profondità: la preposizione semplice “con” nella lingua in cui è scritto il Vangelo può essere detta mediante due preposizioni diverse. Luca sceglie la preposizione che ha una sfumatura più dinamica: “per” me! Ad indicare una relazione, non una semplice “compagnia”, quasi una compenetrazione. Quel ladrone è il primo che entra in paradiso. Paradiso: essere “con” ed essere “per” Gesù.