Omelia nella Messa di apertura della Visita Pastorale nelle parrocchie di Perticara e Miniera

1Pt 1,3-9
Sal 110
Mc 10,17-27

(da registrazione)

Sono venuto a dire che è vietato lasciarsi prendere dall’avvilimento per quanto riguarda la vita cristiana, la vita della Chiesa. L’avvilimento viene a coloro che pensano che il progresso della fede dipenda da loro. Si sentono talmente protagonisti che, siccome le cose non stanno andando benissimo, si sentono falliti. È autocommiserazione. Invece, dobbiamo avere salda la fede che è il Signore che suscita il suo popolo.
Questo è il secolo in cui il Signore ci ha messi a vivere.

1.

L’importante è che la comunità cristiana, anche se composta di pochi, poveri e piccoli, sia autentica. Se è autentica c’è la carità fraterna, c’è l’ascolto della Parola di Dio, si cerca di vivere in grazia di Dio e quindi si chiede perdono quando si pecca… Questa piccola comunità, ipso facto, diventa generativa.

2.

La seconda cosa che desidero sottolineare è che occorre vivere il Vangelo, “tirarlo giù dall’ambone” – per così dire – e portarlo nelle nostre case, nelle nostre vite. Per esempio, da ragazzino, quando ero seminarista, mi rivedevo spesso nel giovane che andava dietro a Gesù del Vangelo di questa sera e anch’io ripetevo i tre verbi che Gesù boccia: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere… la vita eterna» (Mc 10,17). Di per sé, sembrano tre verbi giusti. «Cosa devo», cioè il senso del dovere; «fare», l’impegno; «per avere». Tre verbi che nascondono delle attività. Far le cose per dovere va bene, ma per Gesù l’attenzione viene completamente spostata dall’area del dovere. È il servo che dice così, è il sottoposto che parla così. Gesù, invece, dietro di lui vuole persone libere, che fanno le cose per amore, con gioia. «Cosa devo fare»: tante volte ci impigliamo nel fare, pensiamo che il cristianesimo sia fare tante cose. Vedremo che Gesù dà un’altra prospettiva. «Per avere»: l’idea di accaparrarsi, di guadagnare, con le mie forze, con le mie performance. Invece, Gesù dice: «Segui me, non metterti tu davanti; non preoccuparti, guardami, sono io la tua ricchezza, il tuo tutto». Nel cristianesimo è importante il dovere, è importante il fare e anche l’avere la vita eterna, ma c’è una cosa che viene prima di tutto questo, che denuncia, in fondo, la pretesa di essere noi che facciamo, che esibiamo le nostre qualità, che mettiamo davanti noi stessi. Gesù dice: «La fede è soprattutto accogliere: accogli me! Poi, se ti innamori di me, farai le cose con impegno, con senso di libertà e con leggerezza».

3.

Sono a metà della visita pastorale; dopo essere stato in tante parrocchie posso dire che il nostro problema principale è quello della formazione degli adulti. Non siamo più adeguati al tempo attuale, perché la società ha fatto un certo percorso e pone tante problematiche nuove da affrontare. La nostra preparazione, invece, è rimasta al catechismo e siamo smarriti di fronte a questo squilibrio. Con la fede c’è la fiducia, ci si abbandona in Dio, ma è necessario anche dare risposte. A Novafeltria i giovani dell’ACG e degli Scout mi hanno rivolto domande molto complesse, ad esempio sui temi dell’omosessualità e del matrimonio gay. Poi, molti non sanno come è nato il Vangelo, quali sono le grandi indicazioni dell’evangelista Marco, di Luca, di Matteo, di Giovanni. Non si va oltre alla lettura domenicale. Invece, abbiamo bisogno di formarci. Ho saputo che quest’anno avete vissuto una bella esperienza di scuola biblica aperta a tutti. Vanno benissimo i percorsi di gruppo, ma occorre anche qualcosa che sia per tutti, dove si ricomincia a formare la nostra fede.

4.

Concludo con la vicenda della matita. Questa mattina, a scuola, le maestre hanno fatto fare una piccola recita ai bambini. Era la storia di una matita che ha cinque caratteristiche; si può considerare una metafora della nostra vita di cristiani. Per fare una matita, la prima cosa necessaria è che ci sia dentro la grafite; se non c’è la grafite non si può fare nulla. La grafite è l’anima. Sta a dire che bisogna mettere l’anima in quello che facciamo. La punta fa un tracciato. La nostra vita, anche la più umile, lascia un tracciato su un foglio bianco che è la vita. Penso alle vostre famiglie, ai figli, al lavoro… state lasciando tracce concrete. Poi, quando la punta della grafite si consuma, bisogna usare il temperino. Il temperino è fa male alla matita; rappresenta la sofferenza e il sacrificio, necessari per crescere e per raggiungere la meta. In cima alla matita c’è una piccola gomma, perché quando si disegna si può sbagliare. La gomma cancella per poter ricominciare. La quinta cosa è il Signore: noi siamo una matita nella sua mano.