Omelia nella S.Messa di apertura della Visita Pastorale nella parrocchia di San Marino Città

San Marino Città, 21 gennaio 2018

III domenica del Tempo Ordinario

1Cor 1,1-13
Mc 1,14-20

(da registrazione)

Carissimi,
sono qui per incontrarvi. Il mio primo pensiero è di prendere l’avventura di questa settimana insieme come un libro sigillato, come un rotolo chiuso consegnatomi dal Signore. Non pretendo di aprirlo, di svolgerlo, ma, prendendolo dalle mani del Signore, dico con Gesù: «Ecco, Signore, io vengo a compiere la tua volontà» (Ebr 10,7). Nella Lettera agli Ebrei si dice che Gesù è entrato “nel mondo” con queste parole: «In capite libri de me scriptum est». Chiedo ai vostri santi patroni, Pietro, Marino e Leone, e a don Bosco di essermi accanto.
Mi “smarco” subito: io non sono il Buon Pastore, il Buon Pastore è Gesù. Lui solo, per fortuna! Tuttavia, l’allegoria del Buon Pastore illumina il ministero pastorale a cui sono stato chiamato. E per di più è un’immagine, quella del Buon Pastore, che mi coinvolge: con tutti voi io sono una pecorella, ma per voi un pastore. Davanti al Signore mi basta essere chiamato per nome, Andrea, senza evocazione di ruoli ed esibizione di titoli. Amo sapere che il Signore mi conosce e avvolge la mia fragile e titubante umanità con il suo amore: questo mi basta. Come pastore a lui chiedo forza e coraggio, lungimiranza e audacia. Legittime le vostre attese nei miei confronti e nei confronti di ogni prete, ne avete il diritto! Il fatto che siate esigenti vuol dire che avete stima. E quando sbagliamo e ci sgridate, ci fa onore: significa che da questa categoria vi aspettate molto. Insieme a tutti i sacerdoti chiedo la vostra preghiera, la comprensione, ma anche la docilità e la corresponsabilità. Vorrei fare della mia povertà l’invito a guardare oltre – anche la mia povertà è una chance! –, a guardare verso il Buon Pastore. Mi viene fatto dono di provare un’appassionata tenerezza verso il mio gregge. Quattro anni fa non sapevo che esisteste e voi non sapevate che esistessi. Poi è accaduto che ci appartenessimo reciprocamente. Sento che mi appartiene anche quella parte della comunità che forse non incontrerò.
La Chiesa, fin dall’antichità, è stata definita popolo che si raduna strettamente attorno all’Eucaristia, ma anche attorno al proprio vescovo. Quella del vescovo non è soltanto una funzione rappresentativa o di presidenza. Il vescovo è successore degli apostoli; bisogna fare una distinzione rispetto ai Dodici, ma per l’imposizione delle mani il vescovo ha la grazia di essere ammesso al collegio degli apostoli. Come vivo questa cosa? Sono stupefatto per il compito che mi è affidato dal Signore; mi viene da pensare: «Ecco, come uno degli apostoli devo parlare di te, Signore Gesù, devo raccontare tutto quello che so di te, come facevano gli apostoli». I primi cristiani, innamorati di Gesù, volevano sapere tutti i particolari di lui e della sua vita, anche i più insignificanti. Cosa importava, infatti, sapere che i grossi pesci raccolti nella “pesca miracolosa” erano 153, oppure sapere che l’erba sulla quale si sono seduti coloro che hanno goduto della moltiplicazione dei pani era verde, o che la veste di Gesù era inconsutile… per l’amore nulla è banale. Ma, soprattutto, gli apostoli han detto cose del cuore: che cosa pensava Gesù, qual era la sua ansia, qual era la sua intimità col Padre, com’era commosso di fronte alle nostre sofferenze.
Il Vescovo va un po’ in crisi pensando a che cosa dire agli amici di una parrocchia di città: «Gli dico le cose che ho imparato a scuola? Un po’ sì, servono anche quelle. Gli devo dire qualche progetto? Certo. Ma soprattutto loro vogliono sapere com’è il mio incontro con Gesù, qualcosa di inedito…». Non aggiungo niente – guai se lo facessi – alla Divina Rivelazione, però racconterò qualcosa di vissuto su Gesù. Questo mi interroga personalmente: «Io convivo davvero con Gesù? Sì, l’ho incontrato, ma dimoro con lui? Abito con lui? C’è qualcosa di nuovo nella mia convivenza con lui da spartire con i miei fratelli e con le mie sorelle?». Queste le domande che affollano la mente di un vescovo.
La Visita Pastorale mobilita anche voi, perché vi impone una riflessione, chiedendovi: «Che cosa ci sta a fare la nostra parrocchia al centro di San Marino? Qual è il nostro compito, la nostra mission? Che cosa ci sembra sia più necessario dire, testimoniare…». Sotto la spinta della Visita Pastorale la vostra comunità fa come – per così dire – un “tagliando”. Ai sacerdoti è pervenuto un questionario sul quale coinvolgere i Consigli pastorale e degli affari economici, proprio perché tutta la comunità faccia questa riflessione ed esca da questa settimana rincuorata e col desiderio di abitare la città con la gioia del Vangelo.
Il Vangelo di questa domenica è molto ricco di contenuti. Viene in ballo certamente un’urgenza che metterei in cima: la nostra formazione. C’è l’impianto catechistico che riguarda l’iniziazione cristiana da rinnovare, ci sono i giovani da riagganciare, ma ancora più necessario è ripartire dagli adulti.
San Marino è uno stato tra le nazioni, conosciuto e apprezzato, pertanto ha delle responsabilità di società, di politica, sulla famiglia. Anche per questo dobbiamo fare un passo avanti, sempre di più, nella conoscenza del Vangelo.
Auguri a tutti voi e buona settimana!