Omelia nella Solennità di Maria Ss.ma Madre di Dio

San Marino Città (Basilica del Santo), 1 gennaio 2019

Giornata Mondiale della Pace

Nm 6,22-27
Sal 66
Gal 4,4-7
Lc 2,16-21

(da registrazione)

Risplende davanti a noi, la Madre di Gesù, venerata dai cristiani e amata da tutti; madre e sposa dolcissima, riconosciuta dall’umanità come Colei che realizza il compito di congiungere Cielo e terra. Nel centro del presepio porge ai pastori, che vanno a Betlemme, Gesù, il Messia. A Lei il compito di unire sogno e realtà. «Oh se tu squarciassi i cieli e scendessi», cantava e sognava il popolo di Israele (Is 64,1). Con l’obbedienza di Maria l’invocazione è stata esaudita. Il Verbo si è fatto uomo nel suo grembo: «Il nato da donna» (Gal 4,4). Attraverso lei il Cielo e la terra ormai sono legati con il filo mirabile e tenacissimo della speranza. Unire attese e realtà, aspettative e realizzazioni, non è forse, in qualche modo, il compito di politici, amministratori e quanti si spendono per il bene comune?
Voglio pensare alla loro come ad una missione, una risposta ad una chiamata, una vocazione. Invito i politici presenti a riconsiderare l’ispirazione iniziale che li ha spinti a questo servizio, a ripensarne i motivi ed eventualmente a rafforzarli o purificarli, e a rispondere con rinnovato entusiasmo alla chiamata.
Non mi rivolgo solo a loro, ma a tutti, perché a tutti è chiesto di fare la propria parte per il bene comune e per il bene più grande: la pace. Siamo qui a pregare per la pace, a pregare cristianamente per la pace, non perché non ci sia più niente da fare e non sia rimasta che questa “risorsa estrema”, ma perché la preghiera rafforza i nostri propositi di costruttori di pace.
La Giornata Mondiale della Pace che oggi celebriamo fu voluta e istituita da san Paolo VI, 52 anni fa (era il ’68!), «come augurio e come promessa (all’inizio del calendario che misura e descrive il cammino della vita umana nel tempo) che sia la pace, con il suo giusto e benefico equilibrio, a dominare lo svolgimento della storia a venire».
Titolo del Messaggio di questo 2019: «La buona politica per una vera pace». Come dire: il potere a servizio della giustizia e della speranza. Un sogno? I politici autentici sono persone che sanno sognare e sognano coi piedi ben piantati per terra. Sognano, perché hanno ideali, fanno progetti, prefigurano il futuro. Coi piedi per terra, perché nel servizio al bene comune e alla pace non c’è posto per le promesse impossibili da mantenere, per i numeri manipolati ad arte, per “la malizia” di progetti insostenibili. «Il bravo politico – è stato scritto – è, o almeno dovrebbe essere, l’uomo che colma le distanze, l’ingegnere dei bivi che si incontrano, l’idealista che sa fare i conti con la vita quotidiana. Immerso nel presente senza esserne travolto, visionario eppure guidato dalla ragione, pragmatico ma con il coraggio della sfida».
Nella Giornata di riflessione e di preghiera per il mondo della politica, che celebreremo in onore di san Tommaso Moro il 22 giugno prossimo, prenderemo esempio da un impegnato nella politica per la pace, il sindaco di Firenze Giorgio La Pira.
Nel suo Messaggio per la pace papa Francesco «chiama la politica (e chi la interpreta) al servizio, o meglio al dovere, della pace. Quella artigianale, che cresce poco alla volta grazie all’impegno reciproco di tutti, che rifiuta l’intransigenza e la rabbia sterile, che conosce le fragilità umane e se ne fa carico». Di seguito – nel suo Messaggio – papa Francesco elenca le virtù umane di una politica al servizio dei diritti umani e della pace (cfr. n.3): la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà. Virtù nelle quali si possono ritrovare i politici di qualunque appartenenza culturale o religiosa. Poi, papa Francesco smaschera e condanna i vizi da cui può essere minacciata la buona politica (cfr. n.4): la corruzione, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, il disprezzo di coloro che sono costretti all’esilio.
Segnala, infine, come la buona politica promuova la partecipazione dei giovani e susciti fiducia nell’altro. «Fiducia dinamica – scrive –, che vuol dire: “Io mi fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune». Bisogna resistere al clima di sfiducia che si radica «nella paura dell’altro o dell’estraneo e si manifesta attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il mondo globalizzato ha tanto bisogno» (cfr. n.5).
Dunque, no alla guerra e alla strategia della paura. Il Papa conclude ricordando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, un grande progetto di pace, di cui ricorre il 70° anniversario. «La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sulla interdipendenza degli esseri umani» (cfr. n.7).
«Artigiani della pace»: lo saremo tutti con la conversione del cuore! Pace con se stessi, rifiutando intransigenza, collera e impazienza; pace con l’altro: il famigliare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente, osando l’incontro e l’ascolto; pace con il creato, riconoscendo il dono di questa nostra terra così bella e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi. Un magnifico programma!
Rinnoviamo il nostro “sì” sull’esempio della Madre di Dio, Regina della Pace. Così sia.