Omelia nella Veglia pasquale

Cattedrale di Pennabilli, 31 marzo 2018

Mc 16,1-7

Carissimi,
buona e santa Pasqua!
Questa notte è la madre di tutte le notti. È da questa notte che si irradia per tutto l’anno liturgico lo splendore della certezza che Gesù è risorto, è vivo. In tutte le chiese della nostra Diocesi si celebra la Veglia pasquale, ma la cattedrale – al di là dello splendore di come tutto viene organizzato, di come tutto viene preparato nei canti e nei fiori – è il luogo dove l’apostolo ci fa certi della risurrezione di Gesù.
Qual è il compito del Vescovo? È annunciare la risurrezione di Gesù. Egli è un successore degli apostoli e, attraverso le sue labbra e il suo cuore, aggiunge a tutti i cristiani la certezza, necessaria perché la risurrezione è il fondamento della nostra fede. È stato bello che in cattedrale, da domenica fino a questa notte (e domani), si sono susseguite proposte di meditazione, temi, appuntamenti: la Domenica delle Palme, le Quarant’ore, il Giovedì santo, il Venerdì santo e questa notte. Parole che sono anche ritornate: accogliere, amare, seguire. I tre verbi ci hanno condotti in questi giorni santi; verbi programmatici per la vita cristiana, per tutti i cristiani. Possiamo veramente dirci cristiani se non accogliamo il Signore nella sua risurrezione? Possiamo dirci cristiani se non gli apriamo il cuore, se non corrispondiamo concretamente al suo amore? Ci invita alla cena, si fa nostro servo, ci lava i piedi. Possiamo dirci cristiani se poi non ci mettiamo a seguirlo? A volte si dice: «Sono credente ma non sono praticante». Vi pare sia un’affermazione plausibile? Il cristiano accoglie, ama, segue Gesù! E Gesù è risorto. Se non fosse così, il nostro riunirci questa notte avrebbe del patetico.
Dove trovare Gesù Risorto? Gesù è vivo nella Chiesa. È la Chiesa che ne conserva la memoria, le parole, i sacramenti, che raccoglie e custodisce i frutti della sua presenza, i segni della sua prova. Cerchiamolo nella Chiesa. Vorrei prevenire, attutire la contestazione che può salire dentro di voi: «Ma la Chiesa, i preti, i cristiani hanno fragilità, incongruenze, limiti umani… si ricordano bene gli errori della storia». Ecco il grande miracolo: la Chiesa, nonostante le sue fragilità dovute agli uomini, è stata fedele al messaggio di Gesù. Allora, accogliamo Gesù, amiamolo, seguiamolo.
Incontriamo Gesù vivo anche quando ci facciamo prossimi a chi è povero, malato, solo, in difficoltà, a chi resta indietro. L’ha detto lui: «Avevo fame e mi hai dato da mangiare, ero forestiero e mi hai ospitato… Quando mai, Signore? […] Ogni volta che hai fatto questo ad uno solo dei miei fratelli più piccoli, l’hai fatto a me…» (Mt 25,40).
Incontriamo Gesù vivo nella preghiera che è rapporto con lui (altra cosa il recitar preghiere), da cuore a cuore. La preghiera così intesa «non consiste nel molto pensare o nell’elaborare altissimi concetti, ma nel molto amare» (Santa Teresa d’Avila, Fondazioni, 5.2). «La preghiera è uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il Cielo, un grido di gratitudine e di amore, nella prova come nella gioia» (Santa Teresa di Lisieux, Manoscritti autobiografici C, 25 R). Il cristiano prega e va alla preghiera comune.
Accogliere, amare, seguire il Signore. Ma c’è un altro verbo che completa l’itinerario. È il verbo vivere ed è il mistero che stiamo celebrando in questa notte: Gesù è risorto e vivo, ha fatto scaturire la luce, ha fatto scaturire l’acqua, ci fa vivere di lui. Noi siamo fatti per la vita, per una vita piena, per sempre. Se la morte ci fa paura (è normale, l’ha temuta anche Gesù), la superiamo con la certezza della risurrezione. Questa vita che viviamo quaggiù prende gusto e sapore, speranza e audacia dalle parole del Risorto e dal Pane spezzato trae alimento per il cammino. Vivere. Nella risurrezione di Gesù tutto in noi riprende vita: corpo e anima, razionalità e sentimento, fragilità e talenti. Il cristiano vive con pienezza, con gioia la sua vita. Non è vero che la religione incupisce, tarpa le ali, inibisce. Anzi, il cristiano impara dalla risurrezione che ne vale sempre la pena, anche quando sperimenta fallimenti e cadute. Ricomincia. Riapre il discorso. Riparte. La risurrezione è il suo stile. L’Alleluia è la sua parola d’ordine. Buona Pasqua!