Omelia nella Veglia per la vita nascente

Serravalle (RSM), 4 dicembre 2020

Sap 11,21-26
Sal 139

1.

Mi piacerebbe dire qualche cosa di nuovo sulla vita. Tante volte ho ribadito il no a tutto ciò che non è accoglienza alla vita. Insieme abbiamo affermato il nostro impegno per creare condizioni che favoriscano la maternità. Abbiamo cercato, per quanto ci è possibile, di alimentare una cultura per la vita. E tutto questo non è mai scontato.
Tuttavia, c’è della novità: è il nostro essere riuniti questa sera per cantare la bellezza della vita. Siamo qui per “dire bene” della vita, anche se ci troviamo nel momento di una grande prova nazionale, mondiale.
Inizio col ringraziare chi anima in questo senso la Diocesi e chi ha organizzato questo momento di preghiera.
Dico grazie alle mamme in attesa: il frutto del loro grembo è un segno di speranza, di futuro e di gioia per tutti. Grazie a quanti sanno adottare, ospitare, curare… testimoniare l’unicità e preziosità di ogni vita umana.

2.

Papa Francesco ci ha ricordato come tutti gli esseri umani siano uniti da legami invisibili e formino una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile. «Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita – dice papa Francesco – anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono» (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dalla Federazione internazionale delle associazioni dei medici cattolici, Sala Clementina, 20.9.2013). L’amore del tutto speciale che il Creatore, Dio Padre, ha per ogni essere umano gli conferisce una dignità infinita. Ecco il fondamento della bellezza della vita. Nel Programma pastorale di quest’anno uno dei punti qualificanti consiste nell’invito a mettersi davanti al mistero della creazione, anzi di Dio Creatore. Vi chiederete perché e come. La partenza è la stessa. Dalla tomba vuota all’incontro con Gesù Risorto, dal cuore della fede cristiana alla necessità di comunicarla. «Noi non possiamo tacere – dicono gli apostoli davanti al sinedrio – quello che abbiamo visto e ascoltato» (cfr. At 4,20). Così nasce insopprimibile e incontenibile la missione di ogni battezzato. Ecco perché, dopo aver indugiato per un paio d’anni sul tema della risurrezione e del Battesimo, stiamo dedicando tempo, riflessione e preghiera al tema della missione. Ho usato impropriamente la parola tema: non è un tema, un argomento accanto agli altri, è vita in espansione.
ominciamo dal metterci in ascolto come fa Dio, perché la missione parte da lì: ce lo insegnano anche i missionari che sono nella frontiera dell’evangelizzazione. Prima ascoltano, poi parlano, si uniscono. Tutti avete presente il racconto del roveto ardente, metafora splendida e pertinente per noi che ci troviamo davanti a Gesù Eucaristia. Il roveto ardente è cuore del Creatore. Mosè sente la voce di Dio che gli rivela la sua empatia per la creatura. Dio osserva l’oppressione, conosce la sofferenza, ode il grido di dolore e solo allora – dopo aver ascoltato attentamente e aver partecipato con il suo cuore – scende ed entra nella storia per intervenire. Osserva, conosce, ode, scende: quattro verbi ed un programma. «Il Dio che si rivela a Mosè non è il Dio impassibile dei filosofi – diceva Blaise Pascal – egli soffre una passione d’amore».
Stando davanti al roveto ardente impariamo non solo ad ascoltare Dio, quello che ha da insegnarci, ma soprattutto impariamo ad ascoltare come fa Lui.
Eccoci, allora, in ascolto: com’è la situazione attorno a noi?

  1. C’è tanta paura; sono scosse alcune fondamenta della nostra società: la salute e il denaro. Se prima si correva con ansia e fretta, ora si va con il vuoto dentro e con tanta incertezza: questo vediamo attorno a noi. In questo mondo, profondamente ferito, ci si ritrova più poveri e più fragili. Lo eravamo anche prima, ma non ce ne accorgevamo. Eravamo come chi, sul treno, era impegnato in mille cose, a chiacchierare o a leggere o ad ascoltare musica con le cuffie all’orecchio… Poi, improvvisamente il treno si ferma e tutti scendono. Il treno è fermo. C’è un guasto.
  2. Non possiamo ignorare le drammatiche derive dell’ambiente e del clima.
  3. L’ascolto attento della realtà culturale di oggi, in cui siamo immersi e di cui facciamo parte, ci pone delle questioni su temi importantissimi, ahimè spesso divisivi. Dovremmo trovare il modo di dialogare su questi temi senza alzare muraglie. Sono i temi della vita, della sessualità, dell’amore, della famiglia. Tutti temi strettamente connessi con l’antropologia e quindi riconducibili alla realtà della creazione.

La Parola di Dio che abbiamo udito questa sera ci ha ricondotti ad una professione di fede: «Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l’avessi chiamata all’esistenza? Tu risparmi tutte le cose perché tutte son tue, Signore, amante della vita» (Sap 11,25-26). La fede sulla creazione è di capitale importanza. Se non la si conosce con chiarezza, profondità, semplicità, il nostro impegno manca di un fondamento. L’impegno per la vita e per la famiglia è sicuramente basato anche sulla ragione. Tuttavia, per noi credenti è molto importante riallacciarsi alla grande verità della creazione.

3.

La verità della creazione risponde ad una triplice domanda. La prima: che cosa sta all’origine del mio esserci? Il caso? La necessità? La seconda: che cosa sta alla fine del mio esserci? Il nulla? Sono destinato a finire interamente? Talvolta, ho provato ad immaginare i sette miliardi di esseri umani in una valle come la val Marecchia che salgono sul monte Carpegna: un enorme formicaio! E sul crinale una doppia eventualità: il precipizio, il vuoto, il nulla, oppure un infinito giardino. La fede ci dice che di là dal monte c’è pienezza di vita.
Terza domanda: che senso ha allora la vita che viviamo, quella che sta frammezzo, tra l’origine e la fine?
La domanda più radicale è la prima. All’origine della persona sta l’atto di intelligenza e di volontà di un Padre che decide di pormi in essere: questa è la nostra fede. Il Padre ha pensato ciascuno di noi; fra le infinite persone umane possibili ha voluto che esistessimo io, tu, noi, non altri. Ci ha scelti. Quando da ragazzino mi hanno spiegato i misteri della vita e del concepimento, ero sbalordito al pensiero che sono nato proprio io tra migliaia di possibili fratelli!

4.

Dio non è stato spinto a creare – e a creare me – da alcuna necessità, né per avere alcun beneficio, anche se fossi Einstein o Bach. È felicissimo che i suoi figli diano il meglio, sviluppino i loro talenti, ma la sua è una decisione assolutamente gratuita e libera. Non esisto per caso, non esisto per necessità: esisto per amore. La prima conseguenza di questa verità è che non c’è nessuna persona umana che non sia degna di esistere, nessuna vita umana che non abbia significato. Ogni persona, indipendentemente da ogni altra considerazione, è degna di rispetto infinito, di ammirazione, di incanto. Abbiamo cantato: «Ti lodo, Signore, perché mi hai fatto come un prodigio» (cfr. Sal 139,14).
Nella produzione degli oggetti si può parlare di un prodotto riuscito bene o male; i prodotti non riusciti si scartano. Ma nessuno esce dalle mani del Padre non prodotto bene. A volte ci lamentiamo di noi stessi, vorremmo essere diversi: sbagliamo. Certo, c’è la sequoia e c’è la forsizia di primavera, c’è il pero e c’è il pino… Ma ciascuno è un capolavoro agli occhi del Padre che lo ha pensato e amato.
Alla seconda domanda rispondo che Dio ci ha voluto per farci partecipi della sua vita, perché fossimo figli nel Figlio. Lui quando mi guarda vede Gesù-Andrea. Così di ciascuno dei suoi figli.
Alla terza domanda rispondo che la vita che si dispiega tra l’origine e la morte è dotata di un senso formidabile. Il Padre non tradirà mai la sua paternità, né mai vi rinuncerà. Nelle sue creature vede il Figlio, Gesù Cristo. Vivere umanamente, in piena umanità, è vivere in Cristo, con Cristo, come Cristo. Non c’è una vita pienamente umana e poi una vita in Cristo. È la vita in Cristo che è pienamente umana e, la vita che ancora non ha incontrato Cristo, vive ugualmente in Lui.
Riprendiamo il Salmo 139. Preghiamolo in silenzio per qualche istante. E il cuore sia pieno di gratitudine e di gioia per la bellezza della vita!