Omelia nella VI domenica di Pasqua

#FlashdiVangelo, 9 maggio 2021

At 10,25-27.34-35.44-48
Sal 97
1Gv 4,7-10
Gv 15,9-17

Una pagina di Vangelo sconvolgente… Come si può commentare? Basterebbe leggerla, accoglierla nel cuore e viverla. Tuttavia, proviamo a dire qualcosa.
Questo brano procede con un andamento tipicamente orientale: i periodi si avvitano uno dopo l’altro per temi ricorrenti, ma con un centro, un focus, che è il v. 11, laddove Gesù dice: «Vi do la mia gioia; voglio che la mia gioia in voi sia piena». Non si tratta di euforia psicologica o di chissà quale emozione; non è altro che il riverbero in noi della grazia, del rapporto che Gesù va stabilendo con ciascuno. Mi dispiace quando il cristianesimo viene presentato come qualcosa di triste, mortificante, negativo. Sono necessari anche i predicatori che a volte ci richiamano, ma l’annuncio è sempre un annuncio pasquale, di gioia, come dice papa Francesco: «Gesù è vivo, è vicino e ti salva».
Questi temi Gesù li aveva già anticipati nei versetti precedenti, adoperando la metafora dell’agricoltore, della vite, dei tralci, della potatura… Questa volta l’allegoria prende la forma dei rapporti interpersonali: l’amore, l’amicizia. È molto bello che, per parlare del mistero di Dio Trinità d’amore, il Signore adoperi questo linguaggio umanissimo. Gesù ci presenta l’esemplarità del suo rapporto con il Padre. Il Verbo è totalmente ascolto, in relazione col Padre, si fa “vuoto” perché il Padre possa autocomunicarsi a lui. Il comandamento a cui allude Gesù non è altro che questo, cioè l’essere per, un’apertura infinita, smisurata, divina appunto. Ebbene, Gesù dice che siamo stati pensati, voluti, creati, perché a nostra volta possiamo vivere questa relazione con lui. Poi aggiunge: «Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi». Ci si aspetterebbe che Gesù dicesse: «Come io ho amato voi, voi amate me». Invece è: «Amatevi tra voi…».
Gesù pronunciò il discorso che stiamo leggendo la serata dell’Ultima Cena: parole importantissime, come un testamento, come le ultime parole che si pronunciano quando si sta per partire e si danno le ultime raccomandazioni. Pensate, ad esempio, a quando si parte per un viaggio internazionale e si entra all’aeroporto; dopo aver fatto il check-in si è dall’altra parte della frontiera e si rivolge l’ultimo saluto. Così queste parole di Gesù sono preziosissime. Dovremmo ascoltarle come le ha ascoltate l’evangelista che ce le ha riferite: Giovanni appoggiava il suo volto sul petto di Gesù. È da quella postazione che vogliamo gustare quelle parole.
Un’altra sottolineatura. Gesù adopera più volte in questo brano la parola “come”: «Come il Padre ama me, così voi…; come io amo voi, così…». Quel “come” non indica una quantità – noi non possiamo amare come ama Gesù, non abbiamo le sue viscere di amore – ma la qualità del nostro amore. Dimorare in Lui significa fare nostro questo stile.
Riferisco un passaggio di una lettera che mi ha scritto una ragazza che ha avuto molti sbandamenti e travagli nella sua vita, una ragazza in cerca di senso. Ad un certo punto mi dice: «Dove lo trovo Dio? Non riesco a vederlo nella persona che parla con me, non lo vedo in una chiesa vuota… E parlo con Lui, urlo verso di Lui e gli dico: “Sono qui, guardami, ci sono anch’io… Tu dove sei?’”». Parole che fanno riflettere. Ci sarebbe da augurarsi che quella ragazza possa incontrare una persona che sappia amarla senza pretese, in modo disinteressato, senza giudicarla… Questo non sempre può accadere. Tuttavia, ci sono nelle nostre giornate dei gesti, dei segni, delle suggestioni, ad esempio alla lettura di un libro o persino quando si guarda un film, che fanno percepire che tu ci sei in quell’amore di Dio; allora capisci che non è qualcosa che si merita, che si conquista, che si guadagna, ma qualcosa nel quale ti ci trovi: rimanere in questo amore.
Ho saputo di un collega che ha iniziato un’omelia nelle carceri, rivolgendosi alle detenute presenti con queste parole: «Voi siete qui perché Dio vi ama». Una frase che sorprende… Lui intendeva dire: «Siete qui perché vi ha punito la giustizia umana, ma, nella vostra condizione di sofferenza, di disperazione, il Signore vi incontra». Anche noi dobbiamo avere questa capacità di essere accanto all’altro nel momento della sua difficoltà. Chi può dire di amare così? Il Vangelo si conclude con questo invito: «Se rimanete in me, potete chiedere tutto quello che volete e il Padre ve lo concederà». Chiediamogli allora di saper amare così. È la preghiera che faremo questa settimana: «Signore, fa’ che sappiamo amare con lo stile, con la qualità del tuo amore».


Dogana (RSM), 9 maggio 2021

At 10,25-27.34-35.44-48
Sal 97
1Gv 4,7-10
Gv 15,9-17

Sapete qual è uno dei punti critici della Chiesa di oggi?
Ci troviamo ad essere cristiani senza mai aver deciso di esserlo. Non sempre la consapevolezza di essere cristiani è chiara dentro di noi ed è frutto di una scelta personale.
Il sacramento della Confermazione è l’occasione per dire con forza: «Voglio essere cristiano».
Inizierò il rito della Santa Cresima con domande a cui ognuno, personalmente, deve rispondere. Chiederò di rinunciare a Satana e alle sue opere e poi chiederò se credete nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.
A volte qualche genitore o qualche collega sacerdote pensa che pochi capiscano veramente cosa stanno facendo, cosa significhi, in realtà, la Cresima. Gesù, durante l’Ultima cena, ha iniziato a lavare i piedi agli apostoli. Pietro si è sottratto dicendo: «Signore, non sono degno che tu lavi i piedi a me, non lo voglio». Gesù ha risposto: «Pietro, tu adesso non sai quello che sto facendo, lo capirai…». Come un rotolo che viene disteso, adesso ci viene fatto un dono straordinario: lo capiremo vivendo. Stendo le mani su questi ragazzi, insieme a don Raymond, un gesto antico, che erano soliti compiere i primi cristiani. È un gesto simbolico con cui si chiede allo Spirito di Gesù di scendere su loro. Poi, cari ragazzi, compio su voi un gesto che considero come un bacio: il Signore Gesù, baciandovi sulla fronte, vi comunica il suo Spirito d’amore. Ungerò la vostra fronte con un olio profumato e parlerò di un sigillo. Se parlassi con un linguaggio moderno potrei quasi dire che è un segno che si imprime in voi come un tatuaggio, che non si può più rimuovere: anche se il sigillo della Santa Cresima è invisibile rimane per sempre. Si può contare sempre sulla presenza dello Spirito di Gesù. Lo Spirito, invisibile ma presente, dà la forza di Gesù, l’amore di Gesù. Domani mattina, quando vi sveglierete, pensate a questo bacio che Gesù ha impresso sulla vostra fronte. Il bacio è la cosa più muta che ci sia, come lo Spirito Santo che non si vede, non si tocca, non si abbraccia, ma nello stesso tempo è anche la cosa più eloquente. Quando dai un bacio autentico ad una persona, gli stai dicendo che gli dai la tua anima, che lei è vita della tua vita.
Infine, il Vescovo dovrebbe dare un piccolo schiaffo – in realtà è una carezza – che sta a significare: «Caro ragazzo/a, adesso tocca a te! Devi esprimere con la tua vita quello che hai dichiarato di voler essere».
Sansone è un personaggio della Bibbia, un uomo forte e gigantesco che, volendo dare il colpo definitivo ai Filistei, i nemici che avevano sempre tormentato gli Ebrei, catturò delle lepri e le mise in un serraglio. Alla coda di ogni lepre legò una torcia a cui diede fuoco. Le lepri, spalancato il serraglio, corsero nei campi di grano e di orzo dei Filistei, incendiandoli. Così i Filistei furono sconfitti da Sansone. In un certo senso, oggi Dogana ha delle lepri che porteranno un incendio compiendo atti concreti di amore (non si vuole bene con il pensiero, ma con delle decisioni). Dico a voi, ragazzi: potete cominciare già da adesso. Mi state ascoltando: è già un atto di amore. Dopo andrete a casa e sarete festeggiati: lasciatevi amare, parlate con i nonni e gli zii, anziché mettervi subito a giocare con il cellulare. Anche questo è amore. Ed è quello che propone Gesù: Dio è amore, non è uno spirito solitario che vive in una noia eterna. Dio è la danza di tre Persone che nominiamo nel Segno della croce: il Padre, quando sfioriamo la fronte, il Figlio quando ci fermiamo con la mano sul cuore, lo Spirito Santo quando tocchiamo le spalle. Un unico Dio in tre Persone. Abbiamo dovuto smentire il politeismo di altre religioni, ma, insistendo molto sul monoteismo, abbiamo dimenticato che Dio è Trinità di Persone, di amore. Ad un certo punto, questo circuito d’amore si apre e veniamo chiamati a far parte di questa Trinità d’amore.
Gesù ci dà il suo “comandamento”. A volte facciamo molta confusione tra comandamenti, precetti… Anche gli Ebrei avevano ricevuto i comandamenti (mitzvot) e li avevano specificati così minuziosamente che erano diventati 613. Tutta la giornata era sotto la legge. I precetti erano come un campanello che ricordava che tutto quello che facevano era sotto il segno di quell’amore. Il primo comandamento (tutti gli altri non erano altro che conseguenze) è: «Ricordati che ti ho voluto bene, che ti ho liberato dalla schiavitù dell’Egitto, che ho fatto alleanza con te, che ti amo immensamente». Gli Ebrei ebbero questa grande intuizione: mettere sotto il segno dell’amore tutta la giornata, ogni azione: prima di alzarsi, prima di mangiare, prima di lavorare…
Gesù, per rispondere all’equivoco che fa diventare farisei, ipocriti, ci ha detto che non vi sono 613 precetti, ve n’è uno solo. Sant’Agostino diceva: «Ama e fa’ ciò che vuoi». È il comandamento dell’amore. «Chiedete nel mio nome quello che desiderate di più»: il nostro cuore non desidera altro che amare, perché siamo stati pensati e costruiti così. Ecco perché viene la gioia.
Ho avuto la fortuna di fare il postulatore della causa per un sacerdote santo, don Dario Porta. Ora la causa è arrivata a Roma. Avrei tanti episodi da raccontare. La sua vita è stata scoppiettante di gioia. I santi sono le persone più felici di questo mondo. Ho avuto la fortuna di incontrare di persona madre Teresa. Era l’ultimo anno della sua vita; camminava curva e il suo volto era solcato di rughe, ma aveva uno sguardo che nessun influencer di oggi saprebbe battere. Era diventata amore.
Sia lodato Gesù Cristo.