Omelia nella XV Domenica del Tempo Ordinario

Montealtavelio, 14 luglio 2019

Dt 30,10-14
Sal 18
Col 1,15-20
Lc 10,25-37

Tutti conoscete molto bene questa parabola raccontata da Gesù, detta “la parabola del buon samaritano”. Era illustrata perfino nel mio sussidiario di terza elementare. Ho chiesto al Signore di provare stupore come se fosse la prima volta: «Signore, fa che io mi meravigli ancora e che il messaggio di questa parabola non passi come un déjà-vu, come una cosa scontata; che questa parola di Gesù faccia scintille nel cuore e provochi un bagliore nell’anima». Perché ciò avvenga bisogna leggerla nella preghiera, immedesimarsi. Possono essere di grande aiuto, tuttavia, i commentatori.
C’è una domanda iniziale: «Chi è il mio prossimo?». È una domanda posta male: sembra che il prossimo sia qualcuno di fronte a te. «Chi ha diritto del mio amore?». Dunque, si intende il prossimo in senso oggettivo, come fosse un oggetto. Gesù capovolge completamente la domanda: «Sei tu che ti fai prossimo». Dall’oggettività alla soggettività. Non si tratta di sapere chi è la persona che devo amare, ma sono io che mi devo “fare prossimo”: avviene così il passaggio dall’oggetto al soggetto.
Alcuni commentatori sottolineano che si parla di «un uomo che scende da Gerusalemme a Gerico». Siamo in una zona desertica. Gerusalemme è 800 mt sul livello del mare, Gerico è 200 mt sotto. Quell’uomo stava compiendo 1000 mt di dislivello quando incappa nei briganti. Si parla di «un uomo», senza aggettivi. Non si dice se era ebreo o egiziano, giovane o vecchio, alto o basso, buono o cattivo. Semplicemente «un uomo». Questa sottolineatura ci dice che ogni uomo è mio fratello, portandoci nel cuore del messaggio di Gesù. Al tempo di Gesù “prossimi” erano considerati i connazionali, quelli della stessa tribù o famiglia. Gesù smonta questa idea, dice semplicemente: «Un uomo». Ad ogni uomo il percorso della vita riserva sorprese. Quell’uomo incappa nei briganti che lo lasciano mezzo morto lungo la strada. Così è di ogni persona, anche se l’incontro non è con briganti… Ogni persona ha diritto alla mia prossimità.
Accanto all’uomo ferito passa un sacerdote, poi un levita; hanno entrambi fretta, devono andare al tempio e non possono contaminarsi col sangue.
Il terzo personaggio è uno straniero, un samaritano, un eretico per gli ebrei osservanti. Lui si ferma. Gesù non vuole evidenziare la contrapposizione tra il sacerdote e il samaritano, ma vuole farci vedere il lato positivo. Anche quell’uomo, che era eretico e straniero (considerato fuori dall’Alleanza), può fare il bene. E lo fa!
Ci avviliamo quando torniamo a peccare, ma si ha sempre una grande risorsa: amare. Gesù dice: «E chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è un mio discepolo, io vi dico in verità che non perderà affatto la sua ricompensa» (Mt 10,42). Il culto gradito a Dio è l’amore.
Mi sono soffermato sui verbi (la parte del discorso che esprime l’azione compiuta dal soggetto). Ci sono undici verbi (uno in più del Decalogo!) che esprimono le azioni che compie il samaritano. Ci si potrebbe soffermare su ogni verbo per imparare qualcosa di nuovo. «Vide», «si mosse a pietà», «si avvicinò», «scese», «versò olio», «fasciò», «caricò sulla cavalcatura», «lo portò», «si prese cura di lui», «pagò» e l’undicesimo verbo: «Al mio ritorno salderò il debito che resta». Undici verbi che esprimono la concretezza dell’amore. Una maestra spirituale diceva: «Bisogna voler bene con i muscoli (non solo pensare di voler bene)». Come la Madonna alle nozze di Cana: si accorge che manca il vino e cerca di risolvere la situazione, rivolgendosi a Gesù. Si potrebbero raggruppare questi verbi: ci sono verbi del caso e del rischio (viaggiare, passare accanto…); altri sono verbi del cuore (vedere e commuoversi); ci sono i verbi delle braccia e delle mani (caricarsi, versare, fasciare). Infine, i verbi della mente, in cui c’è una progettazione: «Lo lascio qui… Al mio ritorno salderò il debito».
Ma chi è il buon samaritano?
Direte: «don Marino», «don Oreste», tutti noi… Sì, ma il miglior buon samaritano è Gesù, che ha fatto così: è sceso dalla Gerusalemme celeste ed è venuto sulla terra, si è avvicinato alle nostre piaghe, le ha fasciate e continuamente ci porta all’albergo che è la Chiesa… Grazie Gesù! Fa’ che anche noi facciamo nostro il tuo programma e il tuo stile. Iniziamo col fare atti d’amore concreti. Così sia.