Omelia nella XVII domenica del Tempo Ordinario

San Marino Città (RSM), 24 luglio 2022

2a Giornata mondiale dei nonni e degli anziani

Gen 18,20-32
Sal 137
Col 2,12-14
Lc 11,1-13

L’Eucaristia, oggi, si carica di un ulteriore motivo: dire grazie al Signore per il dono e la presenza dei nonni e degli anziani. La Chiesa vuol fare festa a coloro che il Signore – come dice la Bibbia – «ha saziato di giorni». Una lunga vita è una benedizione e gli anziani sono un segno vivente della benevolenza di Dio che elargisce la vita in abbondanza. «Benedetta la casa che custodisce un anziano – scrive papa Francesco –, benedetta la famiglia che onora i suoi nonni» (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani, 2022). Questo messaggio va controcorrente rispetto a ciò che talvolta si pensa di questa età della vita e anche rispetto all’atteggiamento, a volte rassegnato, di alcuni anziani che vanno avanti con poca speranza e senza più attendere nulla dal futuro. In effetti, la vecchiaia è una stagione non facile da comprendere per due motivi. Nonostante arrivi dopo un lungo cammino, nessuno prepara ad affrontarla, sembra quasi cogliere di sorpresa. Inoltre, la società spende molto per questa età della vita, e questo è bello, ma non sempre aiuta ad interpretarla: «Si offrono piani di assistenza, ma non sempre progetti di esistenza» (Papa Francesco, Catechesi sulla vecchiaia, 23.2.2022). È difficile guardare al futuro e cogliere l’orizzonte verso il quale tendere. Da una parte la tentazione di esorcizzare la vecchiaia, nascondendo le rughe, facendo finta d’esser giovani; dall’altra sembra che non si possa fare altro che vivere in maniera disillusa, rassegnati a non aver più frutti da portare. Ma ecco, la consegna che ci viene offerta in questa Giornata dei nonni e degli anziani: «Nella vecchiaia essi daranno ancora frutti» (Sal 91,15). Come vivere questa parola? Vivendo la relazione, la grande risorsa del cuore. Si possono perdere l’udito e la vista, ma il cuore non perde colpi!
Mi sono chiesto che cosa pensi Gesù dell’anzianità, lui che è morto giovane (a trenta o trentatré anni). Che cosa ne sa Gesù di ciò che vive una persona di settant’anni? Mi sovviene un testo che ci fa capire come Gesù, pur non avendo raggiunto l’anzianità, abbia saputo interpretarla: «Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine» (Gv 13,1). Non c’è fine nell’amore! «Quando dici basta nell’amore, sei finito» (Sant’Agostino, Sermo 169, 15 [PL 38, 926]).
Per vivere la relazione è fondamentale condurre una vita attiva dal punto di vista spirituale. Molte volte abbiamo fatto “da Marta” nella vita, ora può essere più consona la vita “da Maria” di Betania: coltiviamo la vita interiore attraverso la lettura della Parola di Dio, la preghiera quotidiana, la consuetudine dei sacramenti. Poi, per portare frutto, insieme alla relazione con Dio occorre curare il rapporto con gli altri, con la famiglia, a cui offrire attenzione e affetto; spostare l’attenzione da sé verso gli altri. Quando ti chiedono “come stai?” e ti viene da iniziare il racconto di tutti gli acciacchi, replicare subito con: «E tu come stai? Che cosa stai vivendo in questo periodo? Che cosa passa per il tuo cuore?». Tutto questo può aiutare a non sentirsi spettatori nel teatro del mondo e della vita.
Papa Francesco parla della rivoluzione della tenerezza. L’ho avvertita ieri quando sono stato a celebrare la S.Messa in una Casa di riposo; ho visto l’attenzione e la prossimità agli anziani di tante persone. «Una rivoluzione – dice il Papa – disarmata e spirituale; una conversione che smilitarizza i cuori, permettendo a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello» (Papa Francesco, idem).
I nonni e gli anziani hanno una grande responsabilità. Siamo passati tutti sulle ginocchia dei nonni che ci hanno tenuto in braccio e hanno maturato una saggia e utile consapevolezza di cui il mondo ha tanto bisogno: non ci si salva da soli! La felicità è un pane che si mangia insieme.
Per gli anziani “più anziani”: anche il lasciarsi accudire, spesso da persone che vengono da altri paesi, è un modo per dire che vivere insieme non solo è possibile, ma necessario.
Il Papa invita i nonni a valorizzare lo strumento più prezioso a disposizione: la preghiera.
Permettete qualche sottolineatura sul brano di Vangelo proclamato poco fa dal diacono. Innanzitutto avrete notato lo stupore dei discepoli nel vedere come Gesù pregava. Anche noi siamo curiosi di conoscere il luogo adatto, il tempo migliore: «Signore, facci entrare nella tua preghiera!». Di solito i discepoli non fanno domande nei Vangeli, è rarissimo. È Gesù che fa le domande, è il suo metodo di argomentare: fare domande per suscitare la partecipazione dell’ascoltatore. Ma qui sono loro che chiedono: «Signore, insegnaci a pregare». Si chiedono se usa una raccolta di preghiere o se ha dei metodi privilegiati, come Giovanni Battista insegnava ai suoi discepoli o come gli Esseni che, nel deserto, facevano lunghe preghiere… Gesù non ha composto un libro di preghiere, ma ci insegna che la preghiera è un rapporto, una relazione. Gesù risponde: «Quando pregate, dite: Padre».
Poi c’è un elenco, quasi una traccia, per dire che con il Padre bisogna discorrere, avere perseveranza e audacia.
Ci sono preghiere che ci sembra non vengano esaudite… Ma la preghiera è per vivere con il Signore la nostra vita, per vivere con lui le nostre difficoltà. Il Padre non è il genio della lampada di Aladino, ai nostri ordini! L’evangelista Luca non vuole fondare la preghiera sull’illusione che basti chiedere qualsiasi cosa a Dio per essere immancabilmente esauditi. La preghiera, infatti, non deve essere considerata un mezzo per fare pressione su Dio, perché cambi idea e per ottenere che Egli ceda dinanzi ai nostri desideri. Solo la preghiera che ci apre all’azione dello Spirito Santo, un’azione che ci conforma ai desideri di Dio e alle sue esigenze, è una preghiera autentica. Così sia.