Omelia nella XVII domenica del Tempo Ordinario

La Verna (Colonia RSM), 29 luglio 2018

2Re 4,42-44
Sal 144
Ef 4,1-6
Gv 6,1-15

(da registrazione)

Oggi avrei potuto celebrare l’Eucaristia a San Marino, nella splendida basilica, o a Pennabilli, nella Cattedrale, oppure in alcuni monasteri di clausura… Invece ho voluto venire qui. Qualcuno di voi ragazzi riesce ad intuire il perché? «Perché ci vuoi bene?». Sì, è vero; e vi conosco tutti, essendo stato quest’anno in tutte le scuole durante la mia prima Visita Pastorale. Ma non è questo l’unico motivo per cui sono qui. Sono venuto qui a celebrare la Messa perché nel vangelo di oggi si parla di un ragazzo come voi, un ragazzo che non era sbadato ed era previdente: si era portato nello zaino “la merenda”, «cinque pani e due pesci». Il motivo per cui sono venuto a leggere questo vangelo con voi è che mi aspetto che Gesù vi chieda: «Mi dai i tuoi cinque pani e i due pesci?». Immagino siate disposti a darli a Gesù. Sono venuto per questo, ma anche per un altro motivo. «Chi accompagna il ragazzo da Gesù per moltiplicare i pani e i pesci?». È l’apostolo Andrea che dice: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?» (Gv 6,9). Andrea sono anche io che dico a Gesù che qui ci sono 92 ragazzi pronti a dargli «cinque pani e due pesci», cioè pronti a mettersi a sua disposizione. Sono qui per un atto di grande generosità che dopo deve diventare concreta.
Mi sono fatto questa domanda: «Quante categorie di affamati ci sono?». In questo brano viene in rilievo non tanto la compassione di Gesù, ma la sua “diversità”: è Dio, il Signore. Gesù sa che ci sono tre categorie di fame. La fame di pane, il bisogno di mangiare. Poi c’è la fame del cuore; anche il cuore conosce la fame, quando ha bisogno di affetti, di amicizia, di amore. In questi giorni in Colonia l’amicizia tracima, ma ci possono essere dei momenti nella giornata in cui si sente un po’ di nostalgia, oppure ci saranno momenti in cui si ha bisogno di stima, di fiducia. C’è anche una fame spirituale. Sono sicuro che molte mamme e molti papà sono venuti qui per voi, ma anche perché altre volte hanno sperimentato questa ora di raccoglimento e sentono il bisogno di pregare, di innalzare la propria anima. L’anima è l’unico uccello che è in grado di sollevare la propria gabbia. A volte il nostro corpo è come una gabbia e l’anima si sente prigioniera. Ma quando l’anima prega solleva tutto.
Concludo con un racconto che mi ha fatto un missionario che viveva in Brasile, nelle favelas. Aveva notato un ragazzino che ogni mattina andava in tutte le chiese e partecipava a otto o nove S. Messe. Ad un certo punto, pensando avesse la vocazione al sacerdozio, gli chiese: «Ma perché vai a tutte quelle Messe?». «Per fare la Comunione», rispose. «Ho molta fame e non ho nulla da mangiare, per questo vado a fare la Comunione in tutte le chiese del quartiere. Così rimedio almeno la colazione». Il missionario lo sgridò, perché quel ragazzino non sapeva distinguere il pane eucaristico dal pane comune. Ma credo che Gesù non fosse scontento di quel ragazzino. Quel ragazzino infatti si sfamava di lui. Sfamava solamente la fame del corpo, invece Gesù vuole che sfamiamo la fame del cuore e la fame dello spirito.
Oggi vi nomino, seduta stante, quel ragazzo di cui non sappiamo il nome. Infatti, di Andrea è stato detto il nome, ma del ragazzo no. È così perché ciascuno di voi possa vedersi in lui.
Questo miracolo compiuto da Gesù viene chiamato “la moltiplicazione dei pani”. Questa denominazione è sbagliata perché Gesù non parla di moltiplicazione ma di distribuzione. Voi siete tutti “distributori del pane”, soprattutto del pane dell’amicizia e del pane spirituale. Poi anche di quello materiale.
Ecco, Signore, i nostri «cinque pani e i nostri due pesci». È poco. Ma è semplicemente tutto.