Omelia nella XXIX domenica del Tempo Ordinario

Fiorentino (RSM), 17 ottobre 2021

Is 53,10-11
Sal 32
Eb 4,14-16
Mc 10,35-45

Talvolta qualche confratello vescovo mi confida la sua preoccupazione quando celebra il sacramento della Cresima, perché ha l’impressione che, non solo i ragazzi, ma anche gli adulti, non sappiano chi è lo Spirito Santo. Qualcuno pensa ad una vaga entità, ad una nube misteriosa ed evanescente. Lo Spirito Santo è la terza Divina Persona della Trinità. Crediamo in un solo Dio, ma quando noi cristiani lo nominiamo diciamo che è “Padre, Figlio e Spirito Santo”. Con il Segno di Croce indichiamo un abbraccio: è Dio Trinità d’amore che vuole coinvolgerci nella danza fra le tre Divine Persone.
In questi giorni, celebrando le Sante Cresime in altre comunità, parlando ai ragazzi, ho immaginato una sorta di intervista (può considerarsi anche una forma di preghiera) in cui mi rivolgevo a ciascuna delle Divine Persone. Ho iniziato dalla prima Divina Persona, quella che noi, con parola umana, chiamiamo Padre (non perché ci sia una classifica, ma perchè è il primo da cui cominciamo). Il Padre è eterno amore, dono di sé, totale svuotamento di sé per essere tutto “fuori di sé”, perché ama immensamente. Quando mi rivolgo al Padre e chiedo: «Tu chi sei?», lui risponde: «Io non sono. Non cercare in me un’essenza perché sono completamente rovesciato “fuori di me” per amare. Mi trovo nel “tu” che mi sta di fronte”. Vado dal “tu” che gli sta di fronte, che è il Figlio, e ripeto la domanda: «Tu chi sei?». Lui mi risponde: «Sono totale vuoto, perché sono totale accoglienza, assoluta concavità. Non esisto per me. La forma del mio amore è quella di lasciarmi amare». Resto un po’ perplesso… È grande amare, prendere l’iniziativa, donarsi, spendersi, ma è altrettanto grande lasciarsi amare: è necessario un vuoto infinito per accogliere un amore infinito. Per questo diciamo che il Figlio è Dio come il Padre, infinito, eterno e onnipotente come il Padre. Mi avvicino alla terza Divina Persona, lo Spirito Santo, e gli chiedo: “Tu chi sei?”. Lo Spirito Santo mi risponde che è l’amore col quale il Padre ama e l’accoglienza del Figlio fatti Persona. Che io conosca o non conosca, che io creda o non creda, è vero lo stesso. Il Padre ci fa capire lo Spirito Santo attraverso Gesù che è venuto in mezzo a noi, si è fatto uomo: Gesù di Nazaret. Gesù è vissuto concretamente a Nazaret con la sua mamma Maria e con il suo padre legale Giuseppe: nel concreto della sua vicenda umana ha vissuto quella relazione che dall’eternità vive con il Padre e con lo Spirito Santo. Vale anche per noi – chiamati a vivere con lo stile di Dio Trinità d’Amore – dedicare tutta la nostra vita alla relazione; è il lavoro più importante, più prezioso, più utile, più necessario, più bello. Ecco perché dovremmo essere attenti, vigilanti, riposati, belli, in forma, perché l’obiettivo della vita, come è stato per Gesù, è amare: lì c’è la pienezza della realizzazione.
Gesù ha amato fino in fondo, fino a dare la vita completamente, senza risparmiarsi. Nella Prima Lettura viene profetizzato lo stile di Gesù, lo stile del Servo sofferente. In ebraico si usa la stessa parola per dire “servo” e per dire “figlio”.
Il Vangelo ci parla di due giovani, Giacomo e Giovanni. Erano figli di Zebedeo, che aveva un’azienda ittica. Avevano incontrato Gesù – anzi è stato lui ad incontrare loro – e avevano preso a seguirlo. I due fratelli fanno a Gesù una domanda: «Maestro, vogliamo che tu faccia quello che ti chiederemo». Saranno sembrati impertinenti, ma l’evangelista Marco ha voluto riportare la loro richiesta, anche se sarebbero diventati colonne della Chiesa (sono apostoli), molto importanti nella comunità dei primi cristiani (Matteo, che scrive dopo Marco, risparmia la brutta figura a Giacomo e Giovanni, mettendo la stessa domanda sulle labbra della mamma dei due apostoli). Gesù accetta la domanda, ma aggiunge: «Avete idea di quello che state chiedendo?». «Vogliamo entrare nella tua gloria e stare uno a destra e uno alla sinistra del tuo trono», rispondono Giacomo e Giovanni.
La gloria di Gesù è la crocifissione: «Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Il suo trono sarà la croce, punto di gravitazione universale. A destra e a sinistra vi saranno due ladroni!  La gloria di Gesù non è la celebrità, non è la fama: la gloria che il Padre gli dà è amare fino in fondo. Quando Gesù è nel Getsemani, sapendo cosa stava per succedere prega: «Padre, allontana da me questo calice; però si compia non come voglio io, ma come vuoi tu: devo amare fino in fondo (cfr. Mc 14,36)». Gesù allude ad un Battesimo, che altro non è che l’immersione in questa dinamica.
Gesù effonde sui discepoli – siamo tutti noi – il suo Spirito, mette in loro la capacità di amare fino in fondo.
Cari ragazzi, la Cresima è questo. Tra poco verrete davanti e vi chiederò se volete essere cristiani. C’è tanta gente che si trova ad essere cristiana senza mai aver deciso di esserlo. Oggi tocca a voi decidere se volete esserlo (ma tante volte dovrete dire di nuovo il vostro “sì”). Insieme a don Achille stenderò le mani per invocare su di voi lo Spirito del Signore e vi ungerò la fronte con un olio profumato che si chiama crisma. Prendetelo come un bacio che Gesù vi imprime. Poi vi darò un piccolo schiaffo (è una carezza!) per dire che adesso siete grandi, adesso tocca a voi!