Omelia nell’apertura della Visita Pastorale alla parrocchia di Faetano

Faetano, 9 dicembre 2017

1Cor 1,1-13

(da registrazione)

Mi metto nei panni del vostro patrono, San Paolo. San Paolo aveva una predilezione particolare per i cristiani di Corinto, forse la più corrotta delle città antiche, la città che presentava la più grande diseguaglianza sociale. C’erano, infatti, persone ricchissime – perché a Corinto vi erano due porti (uno affacciato sul mar Egeo e l’altro sul mare Mediterraneo) – gente d’affari, dedita al business, e c’erano tanti schiavi. La gente che andava e veniva portava una certa instabilità anche dal punto di vista morale. Per significare la lussuria noi, oggi, diciamo “fornicazione”; anticamente fornicare si diceva “corintizzare”, perché Corinto era famosa come città libertina. Eppure, a Corinto si era annidata una comunità di cristiani. Come vede Paolo la comunità di Corinto? Sono bellissime le parole con cui Paolo si rivolge ad essa nella sua Prima Lettera (Paolo scriverà ai Corinti almeno quattro lettere, due ci sono rimaste, due sono andate perdute). Paolo è molto realista: vede la corruzione e vede che il mondo antico si sta allontanando dalla grazia. Eppure, il Signore a Corinto ha scelto un piccolo gruppo di persone. Paolo lo descrive come una comunità piena di doni, amata dal Signore e ne tesse l’elogio. Dice che questa comunità deve essere all’erta, in attesa dello sposo, che è il Signore Gesù. È il tema dell’Avvento: l’attesa del Signore che viene. È così anche per noi. Io sono un successore degli apostoli che viene in questa comunità, in una Repubblica che sta vivendo un momento di grande sbandamento, di grande difficoltà (me lo confidano in tutti i posti in cui sono stato). Non è soltanto una difficoltà economica, ma anche morale. Si assiste ad una perdita della fede: le scorte del credere stanno venendo meno. Però, anch’io come San Paolo, vedendo voi vedo i doni che il Signore vi ha fatto e vi fa.
San Paolo si raccomanda una cosa fondamentale: non essere disuniti. Oggi nella Chiesa c’è un po’ di turbamento. Qualcuno la chiama confusione. San Paolo chiede alla comunità di Corinto di restare unita, di non dire «Io sono di Paolo, io invece sono di Apollo, io invece di Cefa… » (1Cor 1,12). Oggi la situazione non è tanto diversa… Noi siamo la Chiesa di Gesù, una Chiesa unita al suo pastore, che è il Santo Padre, e al suo Vescovo. Voi forse vi chiederete che cos’è una visita pastorale. Il Vescovo viene a controllare, a verificare come vanno le cose? No, il Vescovo viene per incoraggiare, viene per unire e anche per far rivivere quello che vivevano i primi cristiani quando arrivava un apostolo. Che cosa gli chiedevano? Gli chiedevano di parlare loro di Gesù, di raccontare com’era Gesù. Eccomi: sono qui per parlare di Gesù, per raccontarvi non soltanto quello che ho studiato nei libri, ma qualcosa del mio incontro personale con lui. La visita pastorale mi responsabilizza molto e, per questo, ogni volta che la inizio in una comunità, mi domando: «Ho incontrato Gesù? Parlo di Gesù per sentito dire o dico di Gesù qualcosa del mio incontro con lui?».
Mentre ero in viaggio per venire da voi mi è venuta in mente la visita pastorale di San Carlo Borromeo, grande vescovo di Milano. Egli ha girato la diocesi, che la più grande del mondo, a dorso di un mulo. Aveva sempre presso di sé il confessore: si confessava ogni tre giorni! Un grande santo, pieno di zelo, che ha saputo trasformare la sua diocesi.
Nei Promessi Sposi troviamo la descrizione di una memorabile visita pastorale, quella di un suo nipote, Federigo Borromeo, anche lui un sant’uomo. Viene descritto al capitolo XXIII il bellissimo incontro del cardinal Federigo con l’Innominato. L’Innominato non aveva chiuso occhio tutta la notte, turbato dalla dolcezza e dalla fede di Lucia, la promessa sposa di Renzo. Era rimasto colpito dalla purezza di quella ragazza di cui voleva abusare. Al mattino sente suonare le campane che riempiono la valle e vede il popolo che si riunisce in chiesa: un popolo che custodisce la memoria di Gesù e accoglie l’apostolo. Allora scende dal suo castello e si mette in coda con la gente; tutti si fanno da parte perché hanno paura di lui. Poi tenta di avvicinare il Cardinale, ma quasi vorrebbe tornare indietro. Il segretario crocifero tergiversa e poi va dal Cardinale e gli dice: «C’è una persona poco raccomandabile che la vuole vedere, io la sconsiglierei… lasci perdere». Invece il Cardinale gli va incontro e lo abbraccia. L’Innominato si ritrae d’istinto, perché non si ritiene degno. Invece il Cardinale si rivolge a lui dicendo che il Signore lo vuole incontrare. L’Innominato esclama: «Dio, Dio, se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?». E il Cardinale: «Voi me lo domandate? Voi? E chi più di voi l’ha vicino! Non ve lo sentite in cuore che v’opprime, che v’agita, che non vi lascia stare e, nello stesso tempo, vi attira, vi fa presentire una speranza di quiete». E si assiste ad una conversione meravigliosa.
Vorrei tanto che la visita del Vescovo, nella mia povera persona, muovesse la fede delle persone che incontrerò, dei ragazzi, degli adulti…
In questi giorni sono andato spesso a pranzo con le persone che lavorano, nelle mense, per mostrare la presenza della Chiesa “accanto”. Pregate per me. Pregate perché io abbia un incontro sempre nuovo con Gesù e perché sappia parlare di Gesù con sempre maggiore entusiasmo.