XVI Domenica del Tempo Ordinario

Molino di Bascio

Omelia del Vescovo S.E. Mons. Andrea Turazzi

Sap 12, 13.16-19

Sal 85

Rm 8, 26-27

Mt 13, 24-43

 

 

Buon grano tra erbe cattive, minuscoli granelli di senape perduti tra zolle, pizzico di lievito in un mucchio di farina: immagini per curare la nostra impaziente sfiducia. Ognuno provi a pensare quando e in quali situazioni è sfiduciato o impaziente: il Vangelo gli darà risposte. Gesù, attraverso la parabola del buon grano e della zizzania, ha voluto anzitutto confidarci come lui sa stare nella complessità e nella “complessità più complessa” che è quella dei rapporti. Può darsi che Gesù abbia tratto l’ispirazione da un banale episodio di gelosia fra contadini. O, più verosimilmente, dall’insoddisfazione di qualcuno dei discepoli. Da sempre gli uomini sono tra bontà e cattiveria, gioia e lacrime, riuscita e fallimento, giustizia e iniquità, bellezza e sporcizia, amore e odio, pace e guerra. Quella realtà piccola, nascosta, sproporzionata – come una goccia d’acqua nel deserto o una barchetta nel Pacifico – ma carica di forza e di amore, è Gesù stesso, radicatosi nella storia e incarnato tra noi; un uomo fra miliardi di uomini. Gesù non teme la storia e le sue contraddizioni. Non ha paura di sedere a mensa con i peccatori. Non si defila dai cammini di croce. Così vuole i suoi discepoli. Siamo nel punto focale della parabola: il contrasto fra il modo di reagire dei servi e quello del padrone di fronte a grano e zizzania. I servi propongono di sradicare subito il male; il padrone lascia che il bene ed il male crescano insieme. Solo alla fine il bene trionferà, ma dovrà farsi strada nella libertà. Il metodo dei servi esprime – come scrivono gli esegeti – l’impazienza messianica dei giusti. Essi pretendono che subito, già ora nella sua fase terrestre, il Regno di Dio sia una comunità di perfetti, separata dai peccatori, ben arroccata nella cittadella dei buoni (F. Forini). Costoro non vedendo sfolgoranti e rapidi trionfi del Regno, ma solo i suoi umili inizi e le sue modeste performance, sono tentati di gridare al fallimento. Gesù replica con le miniparabole del granello di senape e del pizzico di lievito: il Regno di Dio diventerà albero e fermento per tutta la pasta. Insegna loro che un chicco di frumento è più forte di un intero campo di zizzania. Ma questo non dipenderà dagli sforzi umani. A Dio bastano mezzi minimi, compresa la nostra pochezza, per realizzare i suoi grandi disegni. Impariamo la lezione: non lasciamoci paralizzare dalla inapparenza della presenza cristiana nella storia e nella società, non perdiamo la mentalità del lievito e del granello di senape, confidando troppo sui nostri numeri! Vietato ripiegarsi su di sé coi soliti lamenti. Vietato contrabbandare per esigenze del Regno le astuzie e i criteri mondani di giudizio.

Se la parabola della zizzania spiega il perché Gesù tollera i peccatori, la rilettura che ci offre Matteo, dandocene una spiegazione, stimola noi peccatori a darci da fare e ad uscire dalla nostra ignavia.