Omelia XXII Domenica del Tempo Ordinario – Festa di San Gaspare del Bufalo

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Soanne, 31 agosto 2014
Festa di San Gaspare del Bufalo

 

Pietro, la roccia, torna ad essere un terreno scivoloso, ripiomba in logiche umane, lui che ha udito il sussurro celeste del Padre. A Gesù che è coraggiosamente deciso al supremo dono di sé -“devo andare a Gerusalemme e soffrire molto…e venire ucciso e risorgere il terzo giorno”- Pietro suggerisce invece un orizzonte piccolo piccolo, borbottando parole di cortesia: “No, Signore; questo non ti accadrà mai !”.

Pietro ci assomiglia tanto. Anche noi ci entusiasmiamo dopo una bella esperienza; un successo ci trasfigura. Ci contagiano gli esempi e le virtù dei grandi. Ma sono guai quando scocca, anche per noi, l’ora di una decisione importante e definitiva, quando si fa urgente un taglio sulla carne dei sentimenti o quando è necessario cambiare marcia perché la strada è tutta in salita. Nel momento della prova, gioverebbe ricordare un celebre passo della “Imitazione di Cristo”; dice Gesù che molti amano il suo Regno celeste, ma pochi portano la sua croce. Molti desiderano la consolazione, ma pochi desiderano la desolazione. Trova molti compagni alla mensa, ma pochi nell’astinenza. Tutti desiderano godere con Lui, pochi vogliono soffrire qualcosa per Lui e con Lui” (Imitazione di Cristo, II, 11).

Dunque, nel momento della svolta e del salto di qualità, ci vuole coraggio. Un giovane chiese a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Gesù gli chiese di andare oltre i tre verbi che aveva usato: che cosa devo, fare, per avere… e gli indicò l’unica cosa necessaria da cui viene tutto il resto: “Segui me” (cfr. Mt 19,16-22). Gesù non propone alcun volontarismo né alcuno sforzo titanico; chiede solo di fissare lo sguardo su di Lui. Lungo la salita Gesù ripete: guarda me, non sei solo. Non tirati indietro. Fai come ho fatto io. Si salva la vita amando. Amare comporta sempre dimenticanza e dono di sé. Fai come me, insiste Gesù, prendi su di te una vita che sia il riassunto della mia. Noi non siamo capaci di amare quanto Gesù, ma come Lui, sì. Non attardiamoci su inconcludenti se e ma. “Non voltarti – dice Gesù – guarda me. Non fissare lo sguardo nel vuoto che senti attorno, sono con te e traccio il cammino”.

Gesù ci conosce. Sa di che pasta siamo, ci svela la nostra più profonda identità: siamo fatti per essere dono, relazione, futuro. Rinnegare se stessi: sono parole pericolose se capite male. Rinnegarsi non significa annullarsi, diventare insapore e incolore. Gesù non vuole dei frustrati al suo seguito, ma gente che ha fruttificato appieno i suoi talenti (Ermes Ronchi).

Guardami – ripete ancora Gesù – ti dico il segreto della tua piena realizzazione; diversamente, a che giova guadagnare il mondo intero se perdi te stesso?
Chi spende la vita ad accumulare cose, alla fine si ritrova solo con un pugno di mosche. Guardarlo, dunque, non solo per imitarlo, guardarlo, non solo per camminare dietro di Lui. Guardarlo per essere come Lui: dono.