Omelia XXIV Domenica del Tempo Ordinario

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

San Leo, 11 settembre 2016

Sante Cresime

Es 32,7-11.13-14
Sal 50
1Tm 1,12-17
Lc 15,1-32

Cari ragazzi, oggi diventate testimoni e annunciatori di un messaggio straordinario: il messaggio della misericordia. Non è vero, come talvolta si dice a proposito della teologia di altre religioni, che comunque l’dea di Dio è la medesima in tutte. Il cristianesimo rivendica giustamente di custodire un’immagine di Dio del tutto originale. Certo Dio è l’unico Dio, ma Gesù ce ne dà una descrizione con dei contorni così particolari, così sorprendenti, da essere unici. Gesù ci mostra il volto raggiante di Dio, raggiante di felicità per aver trovato e accolto chi era perduto, per radunare attorno a sé le creature nella sua casa. Sentite il vangelo che oggi viene letto in ogni parte del mondo.
Pubblicani e peccatori vanno a Gesù per ascoltarlo. E lui li accoglie. I farisei e gli scribi trovano la cosa sconveniente. In quei peccatori, probabilmente, funzionavano ancora le antenne che rendono possibile la comunicazione interpersonale: colgono il guizzo di gioia che Gesù prova nell’incontrarli. Si sentono attesi, conosciuti, amati e, non ostante tutto, stimati, ritenuti capaci di essere gioia per qualcuno. Ritrovano, così, il senso della vita. Gesù non nasconde di provare gioia e poi la manifesta accettando l’invito a tavola. Vorrebbe condividere questo sentimento con i responsabili del suo popolo. Purtroppo, dall’alto della loro aristocrazia spirituale, i responsabili di ieri (speriamo non quelli di oggi), ritengono inammissibile questo stile accogliente.
Ma non temano i ben pensanti: Gesù non transige sulla verità e sulla pratica della virtù, non accetta compromessi; invita i peccatori a ravvedersi e si rivolge loro con forza e soavità: Non peccare più! Come dire: ce la puoi fare. Coraggio: io credo in te! In tre parabole successive Gesù descrive minuzio­samente l’atteggiamento di Dio, il suo ardore nel cercare il peccatore, il suo patire e il suo gioire. Si perde una pecora, si perde una dracma, si perde un figlio: anche Dio ha le sue sconfitte. Ma l’amore vince proprio perdendosi dietro a chi è perduto. Se Dio accetta le mie sconfitte perché non dovrei perdonare agli altri e a me stesso? Ritorno all’incipit di questa pagina evangelica; testualmente: Siccome tutti i peccatori e pubblicani si avvicinavano a Gesù per ascoltarlo… Mi chiedo come mai i peccatori, i cosiddetti “lontani”, si sentivano attratti da Gesù, mentre oggi tanti sfuggono alla Chiesa e alle nostre comunità? E penso a me, al mio ministero di pastore: perché “i peccatori” mi girano alla larga? Confesso d’essere andato un po’ in crisi. E tuttavia devo riconoscere che proprio nella Chiesa, a mia volta, ho trovato il perdono e la gioia. Sono stato accolto!