Scuola estiva di Teologia

“Cor ad cor loquitur”. Il cuore è unico in ogni essere umano. C’è corrispondenza tra uomo e uomo e questo è un buon punto di partenza. All’inizio del dialogo sta questa prima evidenza. Nel dialogo non si abdica alla propria identità, né alle proprie convinzioni. Al contrario, la relazione con chi è diverso da me e la pensa diversamente da me mi chiarisce a me stesso. Altro è l’unità, altro l’uniformità. L’unità è armonia nella diversità. L’uniformità annulla la bellezza originale. L’unità è variopinta, l’uniformità è grigia. Nell’esercizio del dialogo faccio esperienza di sicurezza. Dialogare è necessario, non è una concessione, perché nell’altro c’è verità. Ho toccato con mano che c’è una “sicurezza insicura”. La ritrovo in chi gioca in difesa. Si mostra solido, ben piazzato nella sua rocca, ma, in realtà, è per il timore di mettersi in discussione. Poi, c’è l’apparente insicurezza di chi è in ricerca, ma è perché non teme l’avventura di aprirsi e la sfida dell’incontro con l’altro. C’è una tradizione patristica che fa guardare la realtà, i cammini più diversi, alla luce dei semi del Verbo. Io dialogo con te, con la tua cultura, perché voglio scoprire e raccogliere i semi del Verbo di cui sei portatore. Semi del Verbo: scintille di verità che provengono dall’Uno. Il dialogo ha un’ascesi: faccio silenzio e ascolto, mi faccio da parte, creo spazio. Così metto in condizione l’altro di darsi, di svelarsi e dare il meglio di sé. Accolgo perché chi mi sta di fronte è prezioso e degno di stima. Ti accolgo non perché non sai dove andare, dove trovare rifugio, ma perché sei un dono per me. Vedo il tuo problema: il tuo problema è mio, mi faccio uno con te. Allora mi metto al tuo servizio e tu al mio!

+ Andrea Turazzi, vescovo di San Marino-Montefeltro

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