Incontro di Solidarietà Carità senza Confini

Festa di carnevale

Elezioni Emilia Romagna 2020

COMUNICATO STAMPA
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’EMILIA-ROMAGNA
Nota dei Vescovi sulle elezioni regionali del prossimo 26 gennaio

La Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna si è riunita oggi in assemblea a Bologna, a Villa San Giacomo, e durante i lavori presieduti da S.E. il card. Matteo Zuppi, presidente della CEER e arcivescovo di Bologna, ha anche elaborato una nota in vista delle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna del 26 gennaio, di cui si trasmette il seguente testo.

La Regione, laboratorio di Democrazia
Nota in preparazione alle elezioni regionali in Emilia-Romagna
Le elezioni regionali, oltre alle contingenze storiche che attribuiscono ad esse loro significati politici nazionali, hanno un impatto importante per le nostre comunità cristiane, perché riguardano una porzione di Paese di cui viviamo le dinamiche economiche, sociali, amministrative. La nostra Regione Emilia-Romagna incrocia, inoltre, il territorio e la vita delle parrocchie di 14 Diocesi, da Piacenza-Bobbio a Rimini. Questa vicinanza tra vita ecclesiale e vita civile, nella distinzione, ma anche nella collaborazione per il bene comune, per la legalità, per la giustizia, per la cura della nostra terra e per la tutela dei più deboli, motiva questo appello in occasione delle prossime elezioni regionali. Mentre invitiamo a esercitare il diritto di voto, primo gesto importante di responsabilità in ogni tornata elettorale, come Pastori delle Chiese dell’Emilia-Romagna vogliamo richiamare alcuni aspetti utili per un discernimento sociale e per una scelta coerente.

L’Europa è casa nostra
In fedeltà all’art. 117 della Costituzione, le Regioni sono chiamate “nelle materie di loro competenza” a partecipare “alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea”. La cura dell’Europa significa cura della nostra terra, delle possibilità di valorizzare un patrimonio umano, culturale, ambientale, religioso e lo studio e l’esperienza dei nostri giovani universitari e lavoratori. Pensare di tutelare la Regione contro l’Europa è una tragica ingenuità e fonte di povertà. Al tempo stesso, non possiamo dimenticare lo spirito sorgivo dal quale è scaturito il desiderio di unità tra le diverse nazioni d’Europa all’indomani della Seconda guerra mondiale. Uomini come De Gasperi, Adenauer, Schuman profusero tutto il loro impegno nella costruzione di una “comunità di popoli liberi ed uguali” (Adenauer a Bad Ems, 14/9/1951), nella quale le specificità nazionali potessero armonizzarsi offrendo ciascuna il proprio peculiare contributo alla bellezza dell’insieme.

Attenzione ai poveri e pari opportunità
L’art. 117 della Costituzione ricorda che “le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive”. Ogni forma di corporativismo, di esclusione sociale e dalla partecipazione attiva alla vita delle nostre città, ogni discriminazione di uomini e donne, italiani o immigrati, persone o famiglie, indebolisce il cammino e lo sviluppo regionale. La preoccupazione principale, anche nelle politiche regionali, non può che essere per le situazioni di povertà, disagio ed emarginazione, segnatamente per quanto riguarda la mancanza e la precarietà del lavoro, continuando un impegno politico che in questi anni ha portato anche buoni frutti. Una particolare cura meritano i giovani, in un grave momento di disorientamento pure per le loro famiglie.

Sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza
A orientare le funzioni amministrative regionali sono i principi della sussidiarietà, della differenziazione e della adeguatezza. Anche l’autonomia regionale non può dimenticare questi tre principi che valorizzano e “favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”, cioè l’azione della famiglia, di altre comunità e delle realtà del Terzo settore in una programmazione territoriale. Ogni forma di omologazione culturale che non risponde all’adeguatezza dei servizi e al rispetto delle realtà familiari e sociali rischia di essere una sovrastruttura che non serve al bene comune. A questo proposito la sinergia delle attività regionali con le istituzioni ecclesiali (oratori, scuole paritarie, attività estive, consultori, centri di ascolto…), la concreta e costante valorizzazione dei corpi intermedi potranno aiutare ad affrontare “l’emergenza educativa”.

Sviluppo, coesione e solidarietà: persona e comunità
Con le proprie risorse la Regione opera per “promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona” (Art. 119 della Costituzione Italiana). La cura degli aspetti economici deve essere accompagnata, soprattutto oggi, da una attenzione ai percorsi di integrazione, inclusione di famiglie e persone in difficoltà, mentre i nostri paesi dalla collina alla costa e le nostre città cambiano continuamente. Ma sono necessarie anche una legislazione e una regolamentazione che non penalizzino alcune categorie di persone nell’accesso alla casa, alla scuola, al lavoro, alla salute. La tutela della vita dal suo concepimento alla morte naturale, nella salute e nella malattia, nella stanzialità e nella mobilità, non può che trovare le istituzioni regionali capaci di rinnovate scelte, non riconducibili alle sole esigenze/componenti economiche e storico-sociali.

I beni culturali e ambientali
Le conseguenze del terremoto del 2012 che ha segnato profondamente il patrimonio culturale e religioso di alcune Diocesi e Province, ma anche la ricchezza di oasi naturali e di colline, di fiumi e coste, esigono un’attenzione particolare ai beni culturali e ambientali, con una collaborazione stretta tra Stato e Regioni (art. 119 della Costituzione) senza la quale i tempi lunghi del restauro, gli abbandoni della terra, delle colline dell’Appennino e della biodiversità, la mancata cura dell’ambiente – di fronte al riscaldamento e all’innalzamento delle acque del nostro mar Adriatico – e l’inquinamento, possono segnare irrimediabilmente una delle ricchezze regionali più importanti. Il patrimonio ambientale e culturale, accompagnato dallo stile di accoglienza e ospitalità riconosciuto alla nostra terra, sarà una risorsa decisiva per lo sviluppo del turismo, fondamentale per lo sviluppo e il futuro della nostra Regione. Le prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna sono un’occasione importante perché la Democrazia nel nostro Paese, che si realizza nei cammini e nelle scelte anche regionali, non venga umiliata e disattesa e i principi costituzionali ritrovino nelle nostre terre forme rinnovate di espressione e persone, delle diverse appartenenze politiche, impegnate a salvaguardarli, sempre. Un impegno che deve essere accompagnato nella campagna elettorale da un linguaggio, libero da offese e falsità, concreto nelle proposte, rispettoso delle persone e delle diverse idee politiche. A questo riguardo, come Pastori delle Chiese dell’Emilia-Romagna desideriamo offrire quale criterio e chiave di lettura, per i fedeli e per tutti gli uomini di buona volontà, la ricchezza e fecondità della Dottrina Sociale della Chiesa. Ancorata sulla salda ed immutabile roccia del Vangelo, essa è al tempo stesso capace di un confronto fecondo con ogni realtà umana nel suo sviluppo, proprio in virtù dell’inesauribile profondità della Parola di Dio, un tesoro dal quale è continuamente possibile “trarre cose antiche e cose nuove” (cfr. Mt 13, 52).

Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna

Osservatorio regionale della CEER sulle tematiche politico–sociali «Giovanni Bersani»

Da qualche mese, con l’approvazione dei vescovi della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna, è sorto l’«Osservatorio regionale sulle tematiche politico–sociali» intitolato a Giovanni Bersani.
L’Osservatorio, composto da persone qualificate nella cultura e nell’impegno sociale, in vista delle prossime elezioni regionali dell’Emilia Romagna ha prodotto un Documento che, in tempi straordinari come quelli odierni, intende avviare un processo non solo di riforma, bensì di trasformazione dell’attuale gestione politico–amministrativa e dell’intera società. La politica è chiamata a rigenerarsi attorno all’asse vivente delle persone e della loro trascendenza, secondo il principio della sussidiarietà circolare. L’impianto del Documento si avvale di un pensiero forte che ha come orizzonte temporale il lungo periodo, per meglio prendersi cura di tutti, sostenendo la biodiversità delle forme d’impresa, facendo progredire l’uguaglianza e l’inclusione sociale. Ma anche la riorganizzazione del sistema Scuola–Università–Ricerca, il potenziamento del welfare di comunità, nella concordia civile.

mons. Mario Toso, vescovo delegato CEER per i problemi sociali e del lavoro

Scarica il documento dell’Osservatorio regionale della CEER sulle tematiche politico–sociali «Giovanni Bersani»

Percorsi di Teologia/12

Esercizi Spirituali Adulti AC

Omelia nella S.Messa per le Esequie di mons. Elio Ciacci

Sant’Agata Feltria, 13 gennaio 2020

2Cor 5,6-10
Mt 5,2-12

Cari familiari,
Cari sacerdoti, religiose e religiosi,
Signor Sindaco,
Cari fedeli tutti,
con l’offerta di questa liturgia l’anima di mons. Elio Ciacci viene accompagnata al cospetto di Dio, mentre affidiamo la salma alla “nuda terra”, come ha chiesto nel suo testamento, in attesa della risurrezione.
L’impressione che ricevevo nell’incontro con mons. Ciacci era quella di un’anima in pace. In pace con Dio, in pace con se stesso e con gli altri. Una persona serena e rassicurante, padrona di sé, riservata, prudente, paziente, sempre umilmente sorridente. Egli ora è giunto a vedere, fissata e premiata in abbondanza per gli sforzi compiuti per raggiungerla, la Pace, trasformata da provvisoria in eterna, da umana (pur attraversata dalla grazia) a pace in pienezza, per sempre, divina.
Nella Prima Lettura san Paolo ci dice che tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Dio, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute. Ora racconto opere, ma nel far questo non contravvengo al suo desiderio di reticenza. Il mio è un “Magnificat” per quello che il Signore ha fatto nella sua creatura. Penso soprattutto alle opere di mons. Ciacci legate al ministero e ai ministeri a cui il Signore lo ha chiamato. Dunque, lode, riconoscenza, a Colui dal quale viene ogni dono. Il Signore l’ha chiamato ed elevato al ministero sacerdotale, facendolo collaboratore, amico e – per la profondità del suo rapporto con Cristo – sposo. Il Signore l’ha associato alla dignità e alla funzione di presidenza della comunità del popolo di Dio, come maestro, sacerdote, pastore, con poteri immensi. Poteri di perdono, di verità, di santificazione e, per quanto riguarda mons. Ciacci, doni di intimità ineffabili. Una spiritualità forse tradizionale, secondo gli schemi della formazione di allora, ma solidissima, ben radicata e poi coltivata anche attraverso la sua appartenenza all’Istituto Sacerdotale del Sacro Cuore.
Fu chiamato a diverse e successive mansioni: parroco, direttore spirituale del Seminario, vicario generale, cancelliere. Poi, a servizio dalle care suore, le Monache Clarisse e le Suore Dorotee di Sant’Agata Feltria, che dobbiamo ricordare insieme alle Maestre Pie dell’Addolorata.
Fu parroco di una parrocchia piccola, San Donato, parrocchia di quei tempi, quando ogni tabernacolo poteva avere il suo sacerdote. Qui, mons. Elio fondò in pochi anni l’Azione Cattolica in tutte le sue diramazioni; promosse un’intensa pastorale vocazionale; esercitava la direzione spirituale. Ci sono sacerdoti, un missionario laico, suore, che sono frutto della sua preghiera e della sua guida spirituale e lo ricordano con affetto e immensa gratitudine.
Il Signore lo convocò in Seminario come direttore spirituale dei candidati al sacerdozio. Un ministero nascosto, ma delicatissimo, tra i giovani per aiutarli nelle difficoltà del discernimento, della decisione e della formazione. Un ministero importante, tra i più importanti, determinante in foro interno per i ministri della Chiesa. In Seminario mons. Ciacci è rimasto per quasi vent’anni. In quel periodo imitò gli anni oscuri di Nazaret del Signore Gesù ed esercitò l’arte delle arti, cioè moderare e modellare la personalità spirituale delle anime. Poi, il servizio di vicario generale accanto a due vescovi, un incarico preminente della Curia diocesana, in aiuto al vescovo per il governo della Diocesi (come dice il Codice di Diritto Canonico), da affidarsi ad un presbitero dottrinalmente sicuro, degno di fiducia, stimato dal presbiterio e dall’opinione pubblica, saggio, moralmente retto, con esperienza pastorale ed amministrativa, capace di instaurare autentiche relazioni umane. Mons. Ciacci, a causa della malattia e della mutilazione della voce, conscio dei suoi limiti, seppe mettersi da parte, senza risentimenti ma ancora e sempre a servizio, discreto, silenzioso, fedele nell’ufficio di cancelliere vescovile. Ministeri vari, ma tutti dell’unico ministero sacerdotale; ministeri conclusisi con la sofferenza, il nascondimento, il raccoglimento, l’attesa, ministero – anche questo – quanto mai attivo e fecondo soprannaturalmente. «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10). Non posso tralasciare alcune parole del Signore – lette poco fa nel Vangelo – che sembrano applicarsi alle virtù con le quali mons. Ciacci si dedicò alle sue opere, potremmo dire il suo stile: «Beati i poveri in spirito, beati i misericordiosi, beati i puri di cuore, beati gli operatori di pace». Queste virtù partono da una beatitudine, una felicità, ma portano alla pienezza della beatitudine, della felicità: «… perché di essi è il regno dei cieli, perché ricevono il possesso della terra, perché hanno il contraccambio della misericordia, perché godono la visione di Dio» (cfr. Mt 5,3-9).
Preghiamo. Che da quella felicità, da quella pace, mons. Ciacci interceda per il nostro lavoro pastorale, per le vocazioni al sacerdozio e la formazione dei candidati, per la comprensione del primato di Dio su tutto e l’intelligenza delle necessità della comunione tra noi e col Signore e per la necessità e la bellezza della lode a lui, Cristo. Così sia.

Omelia nella festa del Battesimo di Gesù

San Marino Città, Basilica di San Marino, 12 gennaio 2020

Is 42,1-4.6-7
Sal 28
At 10,34-38
Mt 3,13-17

Pellegrinaggio della parrocchia di Fiorentino alla Basilica di San Marino

(da registrazione)

Rivolgo un saluto speciale alle Autorità presenti e ai miei Confratelli, ma soprattutto ai bambini, ai ragazzi e alle loro famiglie.
Nella nostra splendida Basilica è racchiuso, come in uno scrigno, il nostro Santo Patrono e Fondatore, Marino.
Conoscete bene la sua storia, in particolare quello che si riferisce alla vicenda straordinaria da cui è nata la nostra Nazione, piccola, ma grande nei suoi ideali.
Al termine della Messa – come sapete – verrà consegnata a ciascuna famiglia una statuetta che riproduce la scultura situata sopra l’altare, perché il legame col santo Marino sia sentito in tutte le famiglie. Questa preziosa consegna avviene nel giorno in cui Gesù va al fiume Giordano per ricevere il Battesimo. Il racconto comincia con una disobbedienza: Giovanni Battista non vuole battezzare Gesù. «Tu sei il Signore, non hai bisogno di venire purificato come noi». Ma Gesù insiste: «Devi battezzarmi. Deve compiersi ogni giustizia» (cfr. Mt 3,14-15). Perché vuole essere battezzato? Qual è il significato del Battesimo di Gesù? Si può riassumere in un verbo, il verbo discendere. Dal VI secolo a.C. una delle preghiere più formidabili che facevano gli Ebrei era il Salmo 63 dove si cantava: «Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi». In fondo è il grido di ogni creatura umana: «Signore, fatti conoscere!». Ho riletto in questi giorni, per l’ennesima volta, l’incontro del Cardinal Federigo con l’Innominato nei Promessi Sposi. Quando il Cardinale va incontro all’Innominato, egli sta lottando dentro il suo cuore e si sottrae all’abbraccio. Ma il Cardinale chiede perdono per primo all’Innominato, dicendo che avrebbe dovuto cercarlo prima, per andare a parlargli di Gesù. L’Innominato, nell’atto di ritrarsi, dice: «Dio, Dio, se lo vedessi! Se lo sentissi!». È quello che a volte capita anche a noi di esclamare: «Signore, fatti conoscere! Davvero sei vicino a noi?». Il Cardinale replicò: «Ma chi più di te sente la sua presenza? Questa presenza che ti inquieta, che ti turba, ma che adesso ti abbraccia» (cfr. A. Manzoni, I promessi sposi, cap. 23). E avvenne la bellissima narrazione del Capitolo 23 del romanzo. «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!».
Nel Natale i Cieli si sono squarciati, è sceso il Figlio di Dio, il Verbo, in Gesù di Nazaret. Dopo trent’anni di vita nascosta Gesù si reca sulle rive del fiume Giordano, scende nell’acqua e fa la fila con i peccatori, con le persone che si sentono sbagliate e patiscono della loro condizione. Gesù è solidale con loro e con loro scende in quelle acque risananti. È quello che proclamiamo tutte le domeniche nella preghiera del “Credo”: «Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo». D’ora in poi, quando pregheremo il “Credo”, ci rimarranno impresse quelle parole che si riferiscono alla discesa nel Santo Natale e alla discesa al fiume Giordano. Ed ecco uno spettacolo grandissimo: si apre il Cielo. È un linguaggio simbolico, ma «si udì una voce». Mentre Gesù saliva dalle acque, il Padre dice tre cose (parla solo due volte nei Vangeli), che ci riguardano, perché le pronuncia su ciascuno di noi: «Tu sei figlio mio, l’amato, sorgente della mia gioia».
«Tu sei figlio mio»: ognuno di noi può dire che Dio è papà. A volte si dice che Dio è come i nostri papà, ma piuttosto è il contrario: i nostri papà devono essere come Dio.
«Tu sei l’amato»: ognuno di noi può dire di essere amato personalmente, di essere il prediletto.
«Tu sei sorgente della mia gioia»: ognuno di noi può dire di essere la gioia per Dio.
In quel momento, con quelle parole, da una parte Dio raccomanda Gesù, lo accredita come Messia, ma nello stesso tempo, dall’altra parte dice: «Ciascuno di voi, unito con Gesù, ha questo destino».
Quando andavo all’università ho approfondito un testo scritto da un certo Joseph Ratzinger intitolato “Un popolo messianico”. Il professor Ratzinger è diventato poi papa Benedetto XVI. Noi siamo il popolo del Messia: dobbiamo avere un sano orgoglio per questo. Oggi parliamo del Battesimo di Gesù, ma non possiamo non accennare al nostro Battesimo. Ci siamo trovati cristiani senza aver mai deciso di esserlo. Bisogna che decidiamo di esserlo! Questo è il nostro più grande impegno. Quello di voi ragazzi è che partecipiate alla catechesi parrocchiale; quello di noi adulti la riscoperta del Battesimo. Il Battesimo, dato quando si è bambini, deve svilupparsi, crescere. Mi viene da paragonare il Battesimo ad un seme, il seme della sequoia. La sequoia è un albero altissimo; può raggiungere 104 metri di altezza e 9 metri di diametro. La sequoia imponente che vediamo oggi è stata un piccolo seme. Se quel seme fosse stato tenuto nel cassetto, sarebbe rimasto così. Invece, piantato nella terra, è diventato un grande albero. Allo stesso modo il seme del Battesimo deve svilupparsi. Oggi, ricordando san Marino, che ad Acquaviva, secondo la tradizione, ha fatto i primi Battesimi, siamo ridiventati cristiani. Ho iniziato la celebrazione ammirando lo splendore della nostra Basilica, ora abbasso gli occhi e ammiro questo popolo, un “popolo messianico”. Che cosa si viene a fare in chiesa alla domenica? Si viene a sentirsi dire che siamo amati immensamente, che siamo la gioia del Signore. Ecco perché non vogliamo mai più mancare. Così sia.

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

Convegno della Pace ACR