5 maggio – Nazaret

All’inizio l’attenzione del narratore evangelico è tutta sul bambino: Gesù; della mamma appena una pennellata, ma sufficiente a tracciarne il profilo interiore: «Serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Del resto, la maturità di questa ragazza traspare dal colloquio che intrattiene con l’Angelo, secondo quanto Luca ci riferisce. Maria ascolta, risponde, fa domande, si mostra edotta su ciò che accade ad una donna, ragiona, e poi crede. È forte, intraprendente, agile: raggiunge in fretta, per una strada di montagna, la cugina Elisabetta, anche lei in gravidanza. Rimane in quella casa per circa tre mesi. A servizio!

La vita è piuttosto dura nella casa di Giuseppe, Maria e Gesù: povertà, lavoro, nascondimento. Matteo riferisce di un periodo da sfollati, profughi in terra lontana, dove ci sono lingua, usi e costumi diversi. È la terra d’Egitto, diventata in quegli anni provincia romana.

La mamma del piccolo Gesù pratica la fede e le tradizioni del suo popolo. Fa circoncidere il bambino, che versa le prime gocce di sangue. Lo porta al tempio per offrirlo al Signore, secondo le prescrizioni mosaiche. Qui Maria sente parole inattese che la riempiono di stupore; riguardano il futuro del bambino, ma anche il suo di mamma: una spada le trafiggerà l’anima.

Al tempio di Gerusalemme Maria tornerà insieme a Giuseppe quando Gesù ha dodici anni. Questa volta è l’evangelista Luca a registrare uno scambio di parole, piuttosto serrate, tra madre e figlio. Maria protesta il suo dolore per l’allontanamento di Gesù che, per tutta risposta, dichiara di doversi occupare «delle cose del Padre suo» (Lc 2,49). Parole che rendono Maria pensosa.

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Come possiamo fare per ricordarci che la nostra casa è una “Nazaret”? Lascio alla vostra immaginazione come creare questa continuità. Può essere un’immagine, una piccola luce che si accende… ma la cosa principale è che si vivano le virtù di Nazaret.