Discorso in occasione della Preghiera ecumenica nella Domenica della Parola

«In Oriente abbiamo visto apparire la sua stella e siamo venuti qui per adorarlo» (Mt 2,2)

Incontro online

Mt 2,1-12

Ringrazio don Marco Scandelli e don Rousbell Parrado che hanno organizzato questo raduno, rivolgo un caro saluto a padre Gabriel Cerbu (Parrocchia Ortodossa Romena di San Marino), ad Alessandro Esposito (Chiesa Valdese di Rimini), al Prof. Natalino Valentini (Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli”) e abbraccio tutti voi, care sorelle e cari fratelli.
«Dio disse ad Abramo: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle”» (Gn 15,5). Un amico astronomo mi ha detto che di stelle se ne contano approssimativamente 400 miliardi, solo per stare alla Via Lattea, e di galassie ce ne sono a non finire… Mi incanto davanti al cielo stellato in queste sere d’inverno e mi incanto davanti al Bambino su cui si è posata la stella di Betlemme, un’estasi vissuta dagli antichi astronomi, dai magi, dai poveri pastori e dai poeti dinanzi allo stesso cielo stellato.
Baruc, un profeta post esilico, vede le stelle danzare di gioia. «Le stelle – scrive – brillano dalle loro vedette e gioiscono; il Signore le chiama e rispondono “eccoci!” e brillano di gioia per colui che le ha create» (Bar 3, 34-35). Isaia precisa che il Signore le chiama tutte per nome e nessuna manca all’appello (Is 40,26, cfr. Sal 147,4). Chiedo: come si chiama la stella dei magi? Troviamole un nome. Io la chiamo stella dei cercatori. Possono vederla quelli che, senza restare impigliati troppo nel fare, sanno alzare gli occhi al cielo. Questa – la stella dei cercatori – è una stella fatale, che mette in cammino. Irresistibilmente. Assomiglia tanto al desiderio che ti lascia inquieto finché non trovi riposo.
Per i magi il cammino fu reale, non metaforico; hanno macinato molta strada; hanno, fotografati nella mente, tanti paesaggi, dall’Oriente fino a Betlemme. Andata e ritorno. Hanno messo in moto non soltanto i piedi e le gambe, ma anche la mente e il cuore. È probabile non sia mancato chi si è preso gioco di loro e della loro improbabile storia di stelle. Tanta strada per cosa poi? Non porteranno a casa né oro né avorio, né marmi preziosi… troveranno soltanto terra sabbiosa riarsa. E poi verrebbe da dire: «Non è l’Oriente la culla della luce? Perché cercare in Occidente?». Ma “chi cerca trova”, anche se gli può succedere di sbagliare. Ai magi è capitato di sbagliare. All’inizio hanno mancato il bersaglio. È nato il re dei Giudei, dove cercarlo se non nella grande città di Gerusalemme, la città santa, la città cosmopolita? Quel Bambino nasce a Betlemme, che era ben oltre la città di Gerusalemme: era un piccolo villaggio nella campagna. E a Gerusalemme che cosa fanno i magi? Vanno a palazzo. Dove cercare un re se non in una reggia? Come direbbe Giovanni Battista: «Là dove abitano quanti vestono in morbide vesti…» (cfr. Mt 11,8). Ma il Bambino che li attende è adagiato sulla paglia. Interpellano incautamente Erode, la corte, i sacerdoti del Tempio, anziché interrogare i pastori… Tutti errori: la grande città, il palazzo, i grandi sapienti, mentre invece quel Bambino non è nato a Gerusalemme, ma a Betlemme, non è in un palazzo ma in un presepio e di lui sanno di più i poveri pastori che i dotti. Errare humanum est, si dice, ma i magi hanno l’infinita pazienza di ricominciare: interrogano di nuovo le Scritture e la stella. Confermo, “chi cerca trova”, e chi trova non smette di cercare. Per chi trova, infatti, è molto importante anche il ritorno. È strada nuova, perché l’incontro li ha fatti nuovi. Dice il Vangelo: «Per un’altra strada fecero ritorno al loro paese».

Vorrei concludere con una preghiera: «La tua venuta, Signore, è stata annunciata dai profeti. Michea ha indicato il luogo della tua nascita, “da te Betlemme uscirà il capo del mio popolo Israele” (cfr. Mi 5,1); Isaia svela il mistero e grida: “Risplendi, Gerusalemme, è venuta la tua luce, la gloria del Signore si è alzata su di te” (Is 60,1). Con te, Signore, finisce la notte, arriva il giorno, la luce sorge e brilla, sei tu Gesù questa luce. Un giorno lo dirai tu stesso ai discepoli – questa sera lo dice a noi –: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12). Tu sei la gloria del Padre che sprigiona su noi. Venendo in mezzo a noi, ci riveli il mistero del Dio che è amore e che vuole condividere con noi il suo amore. Gesù, questa è la tua missione sulla terra, missione che la tua Chiesa deve continuare. Inevitabile, Signore, che ci chiediamo: la nostra vita è luce e gloria del Signore? Alla tua nascita una luce ha brillato sul mondo. In Oriente i magi hanno saputo riconoscerla: “Abbiamo visto la sua stella e siamo venuti!” (Mt 2,2). Tu, Signore, continui a brillare sulla terra, vogliamo essere più attenti a scoprire la tua stella. Del resto, è la stella dei cercatori, ci tiene continuamente in cammino. Siamo così spesso ripiegati su noi stessi, sui nostri problemi, sui nostri interessi, proprio come Erode e gli scribi di Gerusalemme ai quali non importa di venire a te. I magi riconoscono nel Bambino che sta tra le braccia della fanciulla di Nazaret, Maria, il re dei Giudei. Il loro atteggiamento esprime bene la loro fede e il loro amore, cadono in ginocchio e ti offrono i loro doni. È quello che questa sera vogliamo fare anche noi, tutti insieme, in questo cammino verso l’unità. Nell’accoglienza di questo dono che tu, nella fede, già ci fai». Così sia.