L’ascolto è il primo passo

A cena con i vecchi compagni di Liceo per fare sinodo

“Ok, ci vediamo questa sera alle sette a casa di Cecilia, ci confrontiamo un paio d’ore sulle domande proposte, alle nove ceniamo e concludiamo la serata”.
È il messaggio di conferma di un incontro sinodale insolito, scritto sulla chat della mia vecchia classe di liceo (maturità anno 1983).
Per il Sinodo indetto da Papa Francesco, il Vescovo Andrea ha chiesto di esplorare ambiti di consultazione al di fuori del contesto strettamente ecclesiale, o comunque non legati alla frequentazione abituale della vita delle parrocchie o della diocesi; e così ho pensato di lanciare la proposta agli amici di scuola superiore, con i quali da tempo continuiamo a vederci regolarmente almeno una volta all’anno (e anche di più, quando possibile) per una cena conviviale e qualche chiacchiera sullo svolgersi delle nostre vite. Dei circa 25 alunni diplomati, in genere rispondono all’appello annuale almeno 12/15 amici, ed anche la proposta di vederci per affrontare i temi del Sinodo tutto sommato non è stata disattesa: siamo otto e purtroppo qualcuno è stato costretto a dare forfait all’ultimo momento (compreso Flavio, che avrebbe voluto addirittura collegarsi in streaming da Roma …).
Sinceramente, confidavo nel riscontro incoraggiante alla mia proposta, e così è stato; sia per la cordialità e sintonia tra noi che il tempo non ha scalfito, sia perché immaginavo che l’invito del Papa in qualche modo potesse cogliere nel segno; come se le domande su fede e senso del vivere – quelle affrontate a scuola nelle lezioni di filosofia e religione, o sulle pagine di Dante e Leopardi – non avessero “mai avuto una risposta chiara” (come cantava Venditti in “Compagno di scuola” … ai nostri tempi) o comunque non definitiva.
In fondo, il nostro primo mese di liceo ha coinciso con il brevissimo pontificato di Papa Luciani e l’inizio della lunga stagione di San Giovanni Paolo II alla guida della Chiesa; a distanza di tanti anni, quel suo “spalancate le porte a Cristo!” chissà se ha lasciato un segno nelle nostre vite e come è cambiata la sensibilità religiosa nel nostro gruppo di ulta-cinquantenni? (chi vuole conoscere l’età esatta e infierire a proposito del tempo che passa, faccia i conti da solo …)
E così, una volta riassunto lo spirito del Sinodo e precisate le “regole d’ingaggio” (in sintesi: non abbiamo il dovere di rispondere a tutte le domande e ognuno si senta libero di esprimere la propria opinione e ascolti gli altri senza giudicare), diamo inizio al confronto.
La prima domanda è sul tema dell’ASCOLTO: secondo te, la Chiesa di questo tempo è capace di ascoltare le domande che le vengono rivolte dal mondo circostante, stare tra la gente, sostenere ed accogliere la storia dei luoghi in cui si trova ad operare? Verso chi è in debito di ascolto?

Apre la riflessione Massimiliano, il quale giudica la Chiesa in debito con la storia, ieri (e cita l’Inquisizione ed il potere temporale dei Papi) come oggi, quando si dimostra poco tempestiva nel recepire i segnali di “aggiornamento” richiesti dalla nostra epoca (ad esempio, quando proibisce la contraccezione nella battaglia contro l’aids) ed anche poco ascoltata a causa dei segnali di profonda divisione al proprio interno.
Anche Gino esprime un giudizio critico nei confronti della capacità di ascolto della Chiesa: credo nelle persone che fanno del bene – afferma – più che nelle manifestazioni della religiosità, spesso solo esteriori; sottolinea la distanza dei cristiani dal sentire contemporaneo sui temi etici di attualità (come aborto ed eutanasia), confermata anche dal progressivo
allontanamento dei giovani e dalla tentazione dei cattolici di imporre la propria visione delle cose, soprattutto in Italia, paese in cui la vicinanza del Vaticano esercita ancora una certa influenza.
Mariano condivide lo stesso pensiero e punta il dito, in particolare, sull’incoerenza di molti uomini di chiesa (soprattutto alti prelati) che ha tolto credibilità al suo messaggio; una credibilità – aggiunge – difficilmente recuperabile.
Non mancano, però, anche valutazioni di segno opposto: Giuseppe sottolinea che la “debolezza” dei cristiani di fronte alle tentazioni della ricchezza e del potere non deve offuscare ai nostri occhi la bontà del messaggio spirituale di cui essi sono portatori; Cecilia osserva che il pontificato di Papa Francesco rappresenta una bella novità di ascolto da parte della Chiesa; novità riconosciuta anche da Enrico, il quale – semmai – rimprovera all’attuale successore di Pietro un’eccessiva disponibilità a compromessi con la mentalità corrente su alcune materie del tradizionale insegnamento ecclesiale (ad esempio, in tema di omosessualità e famiglia). Ma non è questo il cuore della questione: Enrico sostiene che il nostro giudizio sulla Chiesa dovrebbe piuttosto riguardare principalmente la sua capacità di rispondere alle domande dell’uomo sul senso della vita.
In qualità di moderatore, anche se dissento da molte tra le argomentazioni ascoltate, mi limito a suggerire alcuni chiarimenti su insegnamenti della Chiesa non conosciuti o male interpretati (come ad esempio le norme che regolano la distribuzione della Comunione ai separati ed i criteri di attribuzione ed impiego dei fondi dell’otto per mille…). Osservo solamente, questo sì, che il giudizio sulla Chiesa è spesso condizionato dal cosiddetto “politicamente corretto”.
Maurizio, infine, pone l’accento sul fatto che, parlando della Chiesa, spesso ci si affida a considerazioni molto generali ed a pregiudizi che non aiutano a comprendere le cose nella loro autenticità. Chiede al gruppo di rispondere alle domande in maniera più personale e rilancia l’interrogativo più spinoso tra quelli proposti: quello sull’ACCOGLIENZA che la Chiesa riserva a ciascuno di noi.
Nel frattempo, è arrivata l’ora di cena e, stando al programma iniziale, anche il momento di concludere la discussione. Ma nessuno ha voglia di porre fine al confronto, così proseguiamo durante il pasto e anche oltre (…fino a mezzanotte, per la precisione).
Dunque, ripartiamo dalla domanda suggerita da Maurizio: ti senti accolto dalla tua comunità cristiana? vorresti farne parte ma ti senti messo ai margini o escluso?
Mariano afferma di non aver mai subito chiusure, ma giudica la Chiesa ancora incapace di far sentire chiunque adeguatamente accolto, anche se riconosce i tentativi fatti per comprendere tutti e condividerne i pesi.
Giuseppe ammette di essersi un po’ allontanato dalla vita comunitaria (nonostante abbia ricevuto sollecitazioni ad una partecipazione più attiva), anche se le domande di fondo in lui non sono certamente venute meno.
Maurizio sperimenta la difficoltà di vivere una partecipazione più attiva, determinata dalla storia personale e dai ritmi di vita e lavorativi che attualmente conduce.
Enrico giudica gli ambienti cattolici secondi a nessuno quanto a capacità di accoglienza, anche se personalmente tiene le distanze, temendo che in tali contesti possa prendere il sopravvento nei suoi confronti una certa precettistica ed il giudizio critico.
Massimiliano si sente parte della comunità cristiana ma, non condividendo gran parte delle
attuali scelte della Chiesa, vive un’adesione ed una modalità di partecipazione ad essa molto personali.
Cecilia crede che la Chiesa accolga tutti quelli che bussano alla sua porta ed anzi riscontra una modesta partecipazione rispetto alla disponibilità di accoglienza; personalmente, partecipa a tutti i momenti comunitari liturgici, meno a quelli sociali, ritenendo più urgente la bontà di scambiarsi il messaggio di salvezza cristiano attraverso un rapporto interpersonale.
Gino, ammette la propria scarsa adesione alla vita ecclesiale, pur apprezzando il buon operato dei cristiani che fanno opere di bene, al pari di tanti uomini e donne di buona volontà.
Prima di concludere, c’è tempo per una breve testimonianza anche del sottoscritto: ovviamente, affermo di sentirmi da sempre pienamente accolto dalla Chiesa, ma mi trovo spesso a fare i conti con la difficoltà di esprimere una testimonianza cristiana all’altezza delle aspettative della mia comunità, talvolta sentendo anche il peso di una certa solitudine nelle esperienze di dolore a cui la vita mi mette di fronte (come peraltro accade nell’esistenza di tanti).
E’ mezzanotte ed è ormai tempo di concludere il nostro confronto, ma tutti manifestano il desiderio di ritrovarsi ancora una volta e rilanciare la proposta agli assenti.
In fondo, sono rimaste alcune domande a cui rispondere ed abbiamo ancora molte cose da dirci …

Federico Nanni