Omelia alle esequie di p. Adriano Somma

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Valdragone, 31 luglio 2015

Somma p. Maria Adriano dei Servi di Maria a Valdragone
Nato a Arta Terme (Udine) il 15 gennaio 1931
Ordinato sacerdote a Saluzzo (Cuneo) il 29 giugno 1956
Superiore del Convento Santa Maria dei Servi (Valdragone) dal 2005
Servizio pastorale domenicale a San Giovanni sotto le Penne

Is 25, 6-9
Sal 22
Gv 14, 1-6

«Vado a prepararvi un posto».

Permettete che apra questa meditazione con un racconto autobiografico.
Negli anni del Seminario, a ciascuno di noi studenti, veniva affidato un posto: un posto in cappella, in refettorio, a scuola, in fila, nello studio, ecc.
Gli educatori, di tanto in tanto dettavano “posti” nuovi (il cambio del posto era sempre un avvenimento).
L’unica eccezione era ammessa il sabato sera quando, nel teatro del Seminario, si assisteva alla proiezione di un film. Qui non c’erano “posti obbligati”. Erano liberi. Ricordo la gioia quando uno dei miei compagni “mi teneva il posto”. Mi capitava di sentire: “È occupato per Turazzi” (ci si chiamava, per lo più, per cognome). È un lontano ricordo, ma ne faccio uso per dire l’effetto che provo nel leggere le parole forti di Gesù: «Nella casa del Padre mio vi sono molti posti… vado a prepararvi un posto». C’è un posto che Gesù riserva per me; per ciascuno. C’è il posto che Gesù ha riservato a padre Adriano. Il “posto” di cui parla Gesù non è un luogo come noi intendiamo in senso spaziale. Noi veniamo collocati – per così dire – nella “cubatura” dell’amore ricco di misericordia del Padre. Un luogo di cui Paolo scrive nella Lettera agli Efesini e di cui vorrebbe dire «la lunghezza, l’altezza e la profondità…» (cfr. Ef 3,18).
Nel colloquio intimo della preghiera e nelle situazioni più svariate della vita, come di fronte a questa bara, lasciamoci toccare dalle parole di Gesù: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede in me».
Parole necessarie, per colmare le nostre solitudini… ma non è vero che siamo soli, perfino i capelli del nostro capo sono contati (cfr. Mt 10,30). «Io sono ancora con te» (cfr. Sal 138,18) – dice il Signore, e come ci assicura nel Salmo: «Se dovessi camminare per una valle oscura, tu sei con me» (cfr. Sal 22).
Parole utili, per curare le nostre fragilità; mi distolgono dall’inconcludente ripiegamento su di me, mi aiutano ad andare oltre le mie piaghe.
Parole belle, per il tempo della nostra Pasqua, del nostro passaggio: il giorno sconosciuto, ma non lontano, della nostre morte.
Gesù ha indirizzato queste parole ai discepoli per prepararli al distacco da lui. Sono parole pronunciate per ciascuno di noi, lette chissà quante volte da p. Adriano, come da noi sacerdoti per ogni commiato.
Permettete una sottolineatura, un dettaglio di straordinaria tenerezza e misericordia: Gesù sale al Padre, ma non prenota stanze all’Inferno, perché non sa immaginarsi senza di me, senza di noi…
Ognuno riascoltando quelle parole può dire: Gesù è andato a preparare un posto per me; mi aspetta nella sua casa; mi vuole con lui. Non gli basta l’esercito di angeli che sono nel cielo, l’assemblea candida dei martiri e delle vergini. Non gli basta! Sentite le parole che pronuncia il Signore per ciascuna delle sue creature: «Se dovrai attraversare le acque, sarò con te… se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai […], perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima ed io ti amo» (cfr. Is 43,2.4).
Non dubitiamo certo della possibilità reale dell’Inferno, ma anche la Chiesa nel suo millenario cammino di verità non ha mai canonizzato la discesa di qualcuno all’inferno, mentre mi chiede di credere che migliaia di santi e beati popolano il Cielo.
È una casa vera quella nella quale siamo attesi, luogo di intense relazioni, non un regno di ombre. Una casa bella, non meno di quella dove è tornato il figlio prodigo, tra buona musica e danze (cfr. Lc 15,24-25). La casa nella quale il Signore stesso prepara «un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati […]. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto» (cfr. Is 25, 6.8).
Ho aperto una conoscenza confidenziale con padre Adriano, in modo piuttosto singolare. Ero venuto qui al convento per chiedergli perdono: avevo dimenticato di citare la famiglia dei “Servi di Maria” nell’elenco delle comunità di vita consacrata presenti in diocesi. Fu molto sorpreso e poi benevolo, per nulla indispettito. Incoraggiato dal suo modo di relazionarsi aperto e ironico, sono tornato più volte, anche per rinnovare l’invito a partecipare agli appuntamenti diocesani. Non è mai venuto… ma mi offriva il convento come luogo per i nostri incontri presbiterali. La confidenza mi ha incoraggiato a stringere un patto con lui, ormai morente. Questo il patto: il primo di noi due che morirà porterà il saluto dell’altro alla Madonna. Penso che padre Adriano abbia portato il mio e il nostro saluto alla Madre di Dio!