Omelia II Domenica di Quaresima

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi
Pieve di san Leo, nella messa in ricordo di don Giussani

Una notte Dio appare ad Abramo e gli promette: farò di te un popolo numeroso che abiterà questa regione. Come non pensare alla vocazione di don Giussani?
Abramo nel profondo del cuore ha sorriso: «Io, un nomade senza figli?»…
Allora il Signore compie un rito arcaico: passa in mezzo agli animali squartati e gli giura che sarà fedele alla parola che ha pronunciata. Non gli da altra garanzia: «fidati di me». E Abramo crede a Dio. E’ con totale fiducia nel Signore che don Giussani intraprende un’opera che non è sua, anche se ci mettere del suo, anzi metterà tutto se stesso, con ardore e intelligenza.
L’itinerario della quaresima ci vuole portare a questa fiducia nel Signore. Il Signore rinnova la sua promessa: farò di voi un popolo numeroso, che non si riesce a contare; e farò della terra che talvolta sentite estranea, una terra buona e abitabile. Chi, per disegno di Dio, accoglie un carisma ne diviene responsabile; e diventa, in qualche modo, confondatore dell’opera sbocciata da quella prima scintilla ispiratrice.
Nella trasfigurazione c’è un incontro col Padre.
Andiamo al Tabor dove il Vangelo ci invita a salire; ci hanno preceduto Pietro, Giovanni e Giacomo. Pietro, il pescatore di Galilea, davanti allo spettacolo della trasfigurazione vuole innalzare tre tende per prolungare quella visione luminosa. L’evangelista Luca precisa che Gesù era in preghiera: è nella preghiera infatti che Gesù incontra il Padre. E’ così anche per i tre testimoni avvolti nella nube della non conoscenza e che tuttavia svela loro la presenza di Dio confermata poi dalla sua voce. Non credo sarebbe nata una realtà come Comunione e Liberazione a prescindere da questo mistero e da questo incontro.
Anche per noi la preghiera è l’incontro col Dio vivente; un dialogo, talvolta, senza parole, nella semplicità. Nello stile di Dio con gli umili. Pregare è allora sorgente di forza, di pace, di amore. Luogo di Alleanza come fu per  Abramo. Notate: la luce della trasfigurazione fa brillare quel volto che dovrà essere sfigurato. La gloria si manifesta nel momento in cui Gesù ha risolutamente intrapreso il cammino verso Gerusalemme (è l’ora del suo esodo). E’ appunto in “quel mentre” che umanamente si vorrebbe sfuggire nel quale accade l’evento della trasfigurazione.
Nella trasfigurazione c’è un incontro con gli altri.
Nella trasfigurazione c’è una conversazione a più voci: Uomini si intrattenevano con lui: Mosè che aveva ricevuto la rivelazione del nome di Dio durante la conversazione davanti al roveto ardente, Elia il profeta rude che tra le rocce dell’Oreb è inseguito e poi raggiunto da Dio. Un vero orante non è mai solo! La preghiera mette sempre in comunicazione con altri. La preghiera trasfigura lo sguardo sul prossimo e, se necessario, aiuta ad andare oltre le difficoltà nei rapporti. Nella preghiera “entrano” i presenti e gli assenti e chi prega diventa un “avvocato” che intercede per gli altri. Nella preghiera risuonano le parole del Salmo Ti darò in eredità le genti (Sal 2,).
Nella trasfigurazione c’ è un incontro con se stessi.
Chi prega veramente entra in un rapporto di verità con se stesso. Mette a nudo la sua vita davanti a Dio. Non è più possibile tenere la maschera. Allora nello spogliamento di sé e del proprio orgoglio l’orante si vede come Dio lo vede. E quello di Dio è sempre uno sguardo di tenerezza. Chi prega si sente accolto come il pubblicano al tempio, come la donna silenziosa, come il figlio prodigo della parabola… Chi coltiva la preghiera prepara la trasfigurazione del vivere quotidiano: vede con occhi diversi le prove, le fatiche, gli insuccessi, le fragilità. Egli trasfigurerà il nostro corpo mortale e lo renderà conforme al suo corpo glorioso. Quel corpo glorioso che gli apostoli contemplano sul monte noi lo contempliamo nell’Eucaristia. E’ il segno e la garanzia della trasfigurazione della nostra terra e del nostro popolo. Come una anticipazione. Viviamo la Messa così e, come Pietro, poter dire: E’ bello per noi stare qui ascoltando Mosè ed Elia, guardando Gesù nella sua gloria. Allora non ci metteremo a ridere della promessa di Dio. Ed anche se la visione del mondo trasfigurato e riconciliato dura solo un’ora saremo capaci di scendere alla valle della nostra responsabilità con più fede e più coraggio, costruendo tende di incontro, di accoglienza, di compagnia e di fiducia tra la gente.