Omelia Le Ceneri

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi

Cattedrale di Pennabilli, 18 febbraio 2015

Gl 2,12-18
Sal 50
2Cor 5,20-6,2
Mt 6,1-6.16-18

 
Storicamente la Quaresima si è evoluta da esperienza di catecumenato a Ordo poenitentium… La viviamo come immersione totale nella grazia di Dio, dopo aver ripetutamente sperimentato la nostra fragilità, inconsistenza e tendenza al male.
Non un male generico, ma un male già classificato con precisione nella riflessione e nella diagnostica spirituale antica. Un male “settiforme” e presente, almeno in radice, in ciascuno. Ha il nome di: superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia. Si tratta degli eccessi dei moti dell’animo, di per sé necessari alla vita: sono risorse che vanno, tuttavia, incanalate al bene. Come l’acqua dei torrenti che scende impetuosamente a valle è da indirizzare, incanalare, serbare, impegnare, utilizzare. Allora i sette vizi diventano: umiltà, generosità, purezza, mitezza, sobrietà, benevolenza, laboriosità. Ma questo non accade naturalmente (anche se si tratta di un di più di umanesimo), ma con una cura attenta che indirizza al meglio la nostra persona. È stata chiamata “cura dell’anima”. Oggi è screditata. Quasi ci si scusa ad essere virtuosi (ma quale cosa è più libera della virtù?). Talvolta si considerano superate le forme di “coltivazione dell’anima”. E intanto stanno cedendo tutti i legami umani.
Provvediamo ossessivamente ad un’unica ricerca: quella del consumo e del godimento. Sicuro. La Quaresima è uno dei pochi simboli di sobrietà volontaria che sia rimasto. Un fronte che contrasta il dogma dell’anti-sacrificio a tutti i costi e può contribuire a far crescere generazioni ancora capaci di spiritualità, di pensiero, di impegno.
È un problema personale?
È un problema collettivo. Per fare un esempio: siamo nella parte del pianeta più ingorda e sazia che ci sia. Predichiamo lo sviluppo sostenibile e ci abbandoniamo ad una sorta di religione dei consumi. Non importa come.
Ordo poenitentium!
Sì, penitenti. Ci vogliamo considerare tali. E tutti insieme, come popolo, come Chiesa. Francesco d’Assisi ed i suoi compagni non volevano altro che essere penitenti è un segno della gioia della conversione e della libertà.
Penitenti, sì. Ma insieme, come “Ordo”. Con un legame che ci sostiene e costituisce l’aiuto necessario l’uno per l’altro; come in una cordata. Un influsso reciproco ed incoraggiante.
Il buon esempio, la preghiera, gli uni per gli altri e del sacerdote su ciascuno, la comunione e l’amicizia ritrovata, la pratica sacramentale, sono un dono che ci scambiamo.
È il comune vantaggio dell’abbeverarsi al tesoro della Chiesa dei santi: la Madonna in primis. Un “ordo” che abbraccia tutta la Chiesa, quella visibile e quella invisibile. Quella che lotta sulla terra, quella che si purifica, quella che è già arrivata alla pienezza della gioia. È la comunione dei santi, della quale ogni domenica facciamo professione di fede nel Credo.
Magnifico inizio!
La Chiesa ci propone una partenza su tre piste.
Quella della giustizia con gli altri. Dare generosamente tempo, cose, denaro, energie e presenza. Ma tutto ciò non è buono se non nella discrezione, nell’umiltà, nel silenzio: “Il Padre vede nel segreto”.
Poi la pista della preghiera autentica, riflesso di un cuore profondamente rivolto a Dio. Non l’ostentazione né la dimostrazione pubblica è segno di questa conversione del cuore. Col salmista diciamo: “Dio, tu vedi in fondo al cuore la verità, crea in me un cuore puro”.
Infine la pista dell’ascesi e del digiuno. Non c’è altra possibilità per entrare nella pienezza di vita senza la rinuncia a se stessi o a ciò che soddisfa immediatamente. La gioia è il segno della autenticità. Attenzione: non confondere spontaneo con autentico!
Il Padre vede nel segreto e gioisce per un solo peccatore che si converte.
Buona Quaresima!