Omelia nella Domenica delle Palme

Pennabilli (RN), 28 marzo 2021

Is 50,4-7
Sal 21
Fil 2,6-11
Mc 14,1-15,47

Nella Seconda Lettura abbiamo ascoltato l’invito dell’apostolo Paolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù», parole introduttive all’inno cristologico che Paolo incastona come una perla preziosa nella sua Lettera ai Filippesi.
Quali furono i sentimenti, i pensieri di Gesù, in particolare in questa sua ultima settimana? Furono sicuramente sentimenti di amore, ma anche di paura, quando nel Getsemani avvertì tutto il peso di quello che gli stava per succedere: non togliamo dai Vangeli i sentimenti di tristezza, di abbattimento, di spavento provati da Gesù, che mostrano tutta la sua umanità. Anche noi, in questo tempo, proviamo sentimenti di smarrimento, di timore, di sofferenza. Il sentimento più profondo di Gesù è di passare dal desiderio dell’io al desiderio del tu: è quello che Gesù chiama rinnegare se stessi, cioè il rovesciamento dentro di sé che, alla fine, porta vita, porta gioia. È la logica del chicco di grano caduto per terra che, se non accetta di morire, rimane solo; se invece accetta di morire porta molto frutto (cfr. Gv 12,24). Ecco i sentimenti di Gesù: da una parte l’umanissima paura, il timore, il turbamento, dall’altra la determinazione di vivere per, dove in rilievo non viene tanto il patimento, ma il frutto: la gioia di una vita spesa per noi, perché la nostra gioia sia piena.

Nella narrazione del Vangelo di Marco Gesù appare come un mistero, un enigma. Tutti si chiedono perplessi: «Ma chi è mai costui?» (cfr. Mc 1,27; 4,4; 6,2-3). Anche Gesù, del resto, ha sollecitato la domanda: «Cosa dice la gente di me?» (cfr. Mc 8,27). L’evangelista Marco è di una schiettezza imbarazzante riferendoci il parere della gente. I parenti pensano che sia «fuori di sé» (cfr. Mc 3,21). Vanno per riportarlo a casa (cfr. Mc 6,2-3). Le autorità dicono che è un indemoniato (cfr. Mc 3,22; Gv 10,21; 7,20). Per il popolo è un potente guaritore, uno che fa miracoli, anche se lo fraintendono molto spesso in senso politico (cfr. Mc 1,31-33.37; Gv 6,14). Per questo Gesù impone il segreto messianico: «Non dire a nessuno che sei stato guarito!» (nel Vangelo di Marco il segreto messianico viene imposto da Gesù almeno dieci volte!). Solo al momento della Passione il velo si squarcia, l’enigma viene risolto; alla domanda del sommo sacerdote: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?», Gesù risponde: «Io lo sono» (cfr. Mc 14,61). Quest’uomo sofferente, abbandonato dai suoi amici, deriso dalla folla per la sua impotenza a salvarsi e che grida a Dio la sua angoscia, è il Figlio di Dio. Marco non fa nulla per attenuare lo sconcerto che possiamo provare davanti a Cristo Crocifisso. Alla fede è chiesto un sussulto; con le nostre sole forze non riusciremmo a riconoscere in lui il Signore. Proprio in quest’ora in cui non può più fare miracoli, neppure predicare, né mostrarsi autorevole, Gesù è davvero il Messia. Con l’intero Vangelo, e in particolare con il racconto della Passione, Marco avverte i lettori che finché vedono in Gesù un Messia terreno da cui attendersi fortuna, successo, salute, ne resteranno delusi, finiranno per abbandonarlo, come hanno fatto i Dodici. Ma se, al contrario, accetteranno lo scandalo della croce, allora incontreranno davvero il Salvatore, anche nell’esperienza dura del fallimento, dell’abbandono, della sofferenza, che accompagna la nostra vita. Se ascoltiamo la Passione solo con un sentimento umano proveremo un senso di imbarazzo per una morte così ingiusta, ma se contempliamo il Crocifisso con la fede scopriremo in lui la suprema manifestazione dell’amore di Dio, fino a confessare, come il centurione romano, uno straniero, un pagano: «Veramente quest’uomo era figlio di Dio». Ecco il velo squarciato. Che cosa ha visto il centurione in quella morte da restare conquistato? Non ci sono miracoli, non si intravvedono neppure risurrezioni. Accadrà la risurrezione, ma lì non c’è nulla di tutto questo. Il centurione, uomo di guerra, che ha insanguinato l’Oriente, “boia” di professione, ha visto un capovolgimento del mondo, un capovolgimento che dobbiamo augurarci avvenga dentro di noi. Ha visto il supremo potere di Dio, il suo disarmato amore, che è quello di dare la vita. Ha visto un Dio che muore d’amore!