Omelia nella Festa del Battesimo di Gesù

Pennabilli (RN), Monastero Agostiniane, 7 gennaio 2024

Is 55,1-11
Da Is 12
1Gv 5,1-9
Mc 1,7-11

Ancora luce! Dopo la luce di Betlemme, che ha illuminato quella grotta, dopo la luce universale dei magi, che vanno a portare l’omaggio dei popoli, la luce del pieno giorno, Battesimo del Signore, quando Gesù viene ad inaugurare la sua missione. È un momento di grande solennità: siamo di fronte al mistero del Battesimo del Signore.
Di solito, nelle parrocchie, si festeggiano i Battesimi, ma non bisogna distrarsi dalla festa del Battesimo di Gesù, che rimane un grande mistero. “Mistero”, parola da ben comprendere. Ad esempio, quando si prega il Santo Rosario, si meditano i cosiddetti “misteri”, cioè i fatti della vita del Signore. Nel linguaggio comune la parola “mistero” richiama qualcosa di oscuro o di strano; invece, i fatti della vita di Gesù si chiamano “misteri” per indicare che non si tratta semplicemente di “cronaca” (il Battesimo di Gesù è raccontato da tutt’e quattro i Vangeli): lì accadde qualcosa di misterioso, cioè carico di luce. La parola “mistero” deriva dal verbo greco “myein” che indica il silenzio che si impone davanti a qualcosa di spettacolare, che riempie di meraviglia, per cui le parole sono inadeguate a tradurlo, come quando siamo davanti al sole e ci viene da chiudere gli occhi. Davanti ai fatti della vita del Signore siamo rapiti in qualcosa di sorprendente.
«Gesù venne da Nazaret…». Viene a fare la fila con noi peccatori. Lui non aveva bisogno del Battesimo, semmai è il battesimo di Giovanni che aveva bisogno di Gesù per rendere quelle acque capaci di rigenerazione. Gesù, il Figlio di Dio, va al fiume e si mette in fila per essere “immerso nell’acqua”. Ma l’evangelista Marco passa subito al secondo movimento, la risalita dall’acqua. In quel momento si compie quella che era l’invocazione dell’umanità e di ogni cuore, espressa dal profeta Isaia: «Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi…» (cfr. Is 63,19). L’umanità si arrampica per avere un contatto con la divinità. Basti pensare al percorso dei popoli antichi, prima di Gesù, alla grande filosofia, alla metafisica. I Cieli rispondono all’invocazione e si aprono, ma non c’è nessun fenomeno particolare, nessun sole che danza nel cielo: è linguaggio apocalittico, simbolico, per dire il mistero straordinario, luminosissimo, del Dio che viene. Il Natale nell’oggi della liturgia – che è poesia e contemplazione – si espande nell’epifania, nel battesimo al Giordano e nelle nozze di Cana: tre fatti di manifestazione, di epifania, di teofania (Dio che si rivela). L’evangelista Giovanni indica tre segni: i cieli che si aprono, compiendo l’attesa, la profezia; lo Spirito che da questo grembo squarciato viene effuso e avvolge la persona di Gesù, riconosciuto come Messia (la colomba ricorda un altro battesimo, il diluvio universale); la voce, che ripete un versetto di Is 42: «Tu sei il figlio mio…», che si può tradurre anche con «tu sei il mio servo» (la parola è la stessa nella lingua di Isaia). Gesù, dunque, viene caricato di una missione. «Tu sei l’amato…». «In te ho posto il mio compiacimento»: tu sei la mia gioia. Qui viene preannunciato, nel linguaggio narrativo, il grande mistero che è il cuore della nostra fede cristiana, la Trinità, Dio Amore, Trinità di Persone. Ricordo che, ad un incontro, un grande biblista francese ci parlò dei quattro modi di leggere le divine Scritture. Il primo corrisponde all’infanzia, quando leggiamo le Scritture fermandoci alle rappresentazioni e alla fantasia. Poi c’è il modo adolescenziale di leggere le Scritture, con la preoccupazione storico-critica. Il terzo modo è quello degli adulti, che leggono il Vangelo e si chiedono: «Che me ne viene? Cosa devo fare?», una richiesta di attualizzazione. Infine, la lettura del saggio, dell’adultissimo, che è una lettura contemplativa: egli guarda, contempla, si lascia coinvolgere. Con l’immagine della Prima Lettura, penso la Parola di Dio come l’acqua del fiume che scorre, scende, penetra il terreno e porta frutti, vita.
È cosa buona, utile e necessaria pensare, oggi, al nostro Battesimo, ma siamo rapiti dalla luce del Battesimo del Signore. Splendore!