Omelia nella Festa di Santa Barbara con i Vigili del Fuoco

Novafeltria (RN), Caserma dei Vigili del Fuoco, 4 dicembre 2022

Is 11,1-10
Sal 71
Rm 15,4-9
Mt 3,1-12

Ricordo un fatto di alcuni anni fa. A Bascio, nel luogo dov’era andata a vivere l’eremita diocesana Sveva della Trinità, la Diocesi aveva avviato i restauri della casa canonica. Quando si trattò di restaurare la chiesa di Bascio, con grande sorpresa, fu trovato nel muro, sotto la calce, un affresco di un pittore riminese del Cinquecento, il Coda. Avevamo davanti due possibilità: tacere e coprire l’affresco con una mano di calce (considerando che ci avrebbe ripensato chi sarebbe venuto dopo di noi), oppure restaurare. Davanti ad un capolavoro del Cinquecento, i restauri sarebbero stati sicuramente impegnativi. Nel dialogo con la Soprintendenza delle Belle Arti, ci siamo trovati di fronte ad una nuova decisione da prendere: un restauro interpretativo, mettendo l’affresco nelle mani di un bravo artista, affinché componesse quello che mancava all’immagine ritrovata, oppure un restauro conservativo, per mantenere intatto quello che la storia ci aveva tramandato, senza aggiungere pitture di altri artisti. La linea scelta dalla Soprintendenza fu quella del restauro conservativo.
Cosa c’entra questo con santa Barbara?
Di santa Barbara ci è rimasta appena una traccia. Santa Barbara è una ragazza vissuta nel III secolo d.C., di famiglia nobile; probabilmente ha studiato (ma non sappiamo con certezza) ed è venuta a contatto con il cristianesimo. Viveva nella Bitinia, in Turchia. La Turchia fu una delle culle del cristianesimo, poi, dopo l’invasione islamica, è diventata musulmana. Nel Medioevo hanno pensato che una vicenda così bella come quella di santa Barbara avesse bisogno di un “restauro interpretativo” e hanno scritto su di lei, ma storicamente senza fondamento, quasi delle leggende. Tuttavia, questa ragazza ha avuto un fascino al di là della città in cui viveva e una popolarità così grande che la sua venerazione si è diffusa anche in Europa. Non possiamo affidarci solo ai racconti medioevali. Sappiamo che santa Barbara fu martire e che, tra gli uccisori, pare ci fosse anche il padre. Quello che importa sapere è che questa ragazza ha coraggiosamente scelto Gesù, l’ha amato, è stata capace – lei che era una giovane ragazza – di mantenere la parola che aveva dato, il Battesimo.
Tra le leggende medioevali ce n’è una che a cui si rifà il culto a santa Barbara professato dai Vigili del Fuoco. Si narra che, quando questa giovane donna fu portata al supplizio, si scatenarono fulmini che avrebbero ucciso il padre. Per questo santa Barbara è stata inserita nel gruppo dei santi ausiliatori: sono i santi che il popolo cristiano invoca per un aiuto particolare (invece i santi patroni sono i santi in cui si riconosce una comunità). Santa Barbara viene invocata nel pericolo di morte improvvisa, accidentale, per questo è divenuta patrona dei vigili del fuoco, che svolgono una professione “a rischio” (oggi più del passato), patrona degli artificieri, dei minatori… I luoghi dove si assembrano le armi hanno preso il nome “la santabarbara”.
Oggi ricordiamo santa Barbara e chiediamo di essere, come lei, fedeli al nostro Battesimo. Solo Dio si adora, i santi si venerano, si imita la loro fede, si pregano come protettori nel cielo, come del resto tanti della nostra famiglia che pensiamo in paradiso, benché non canonizzati.
Permettetemi ora una parola di commento sul Vangelo di questa seconda domenica di Avvento. Compare sulla scena Giovanni Battista. L’evangelista Matteo non ha ancora detto nulla di lui, lo introduce di colpo, perché Giovanni è una voce che riassume tutto l’Antico Testamento.
Giovanni Battista sta sul crinale fra l’Antico e il Nuovo Testamento. Qual è il suo grido? Cosa vuole dirci? «Gesù è alle porte, cambiate vita!». E lo dice con parole forti. Molte persone hanno accettato la predicazione del Battista. Invece farisei e sadducei pensano di non aver bisogno di conversione, si proclamano figli di Abramo e per questo presumono che l’appartenenza etnica li metta al sicuro. Giovanni li apostrofa così: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire al giudizio di Dio?». Una frase che rende pensosi.
Qual è la novità del Battista?
La Bibbia non è stata scritta di seguito, tutta d’un colpo, ma si è formata attraverso secoli di esperienze di ascolto del Signore, di preghiera. Negli strati più antichi – gli studiosi sanno distinguerli – quando si dice “conversione” si intende la pratica che placa il rimorso. Conversione, dunque, significava fare pratiche religiose, preghiere particolari, digiuni, ecc. In strati più recenti della Sacra Scrittura la conversione diventa più esigente e più interiore: significa cambiare mentalità, stile di vita. Quando sulla scena arriva “la voce”, cioè Giovanni Battista, convertirsi equivale alla decisione di “voltarsi” verso Cristo con la propria vita (fare “inversione ad U”) e considerare Gesù il Signore. L’invito del Battista, a due settimane dal Natale, è questo: «Gesù è alle porte, cambiate vita, cambiate direzione!». Prendiamo la decisione di rinnovare l’adesione al Signore, di dare spazio e tempo all’incontro con lui e di vivere i comandamenti. «Gesù è alle porte, cambiate vita!». Così sia.