Omelia nella II domenica di Avvento

Pennabilli, Cattedrale, 6 dicembre 2020

Is 40,1-5.9-11
Sal 84
2Pt 3,8-14
Mc 1,1-8

1.

Oggi ci troviamo di fronte ad una lettura emozionante: è la prima pagina del Vangelo del primo degli evangelisti, Marco. Il libro che stiamo per aprire non appartiene al genere letterario delle biografie. Si tratta di un genere letterario completamente nuovo iniziato da Marco, l’accompagnatore di Pietro (la tradizione lo chiamerà «l’interprete di Pietro»). È come se Marco rispondesse a questa domanda: quando Pietro non ci sarà più, chi annuncerà la gioia della “buona notizia” che è Gesù? Allora Marco ha la geniale idea di raccogliere i detti e i fatti riguardanti Gesù, di cui Pietro è testimone diretto. Si tratta, dunque, della buona novella di Gesù, Cristo e Figlio di Dio, che sale a Gerusalemme per rivelare con la sua morte e risurrezione la sua identità e la missione ricevuta dal Padre.
Già la prima riga è un grido di gioia: Gesù è Cristo e Figlio di Dio. Due titoli importanti che dicono con chiarezza, fin dall’inizio, chi è Gesù. Il Padre lo dichiarerà tale al momento del Battesimo (cfr. Mc 1,11) e della Trasfigurazione (cfr. Mc 9,7). Anche i demoni sanno chi è (cfr. Mc 3,11). Gli uomini si interrogano: «Chi è costui?» (cfr. Mc 1,27;4,41).
A Pietro e agli apostoli che lo riconoscono, Gesù impone il segreto per evitare l’equivoco di un messianismo alla maniera umana (cfr. Mc 8,30). Sarà Gesù stesso davanti al sommo sacerdote, durante il processo, a sollevare il velo che nasconde la sua persona (cfr. Mc 15,62).
I credenti dovranno riconoscere il Crocifisso come “buona notizia”, come fa il centurione romano che esprimerà, con la massima limpidezza, la fede cristiana: «Veramente quest’uomo era figlio di Dio» (Mc 15,39).
Anche noi, davanti a questa pagina, possiamo confessare Gesù Figlio di Dio. L’abbiamo visto morire. Il suo sepolcro è vuoto. Il mondo intero attende la predicazione del Vangelo. La buona notizia di Gesù, Cristo e Figlio di Dio, nasce dalla croce!

2.

Siamo abituati a considerare la parola “Vangelo” come titolo di un libro. In realtà la parola è molto più ricca. Al tempo di Marco indicava l’annuncio solenne di una vittoria. Per Marco la grande vittoria è la risurrezione di Gesù. Quando non c’era più possibilità di confidare nella forza umana, Marco ci racconta che è intervenuta la potenza di Dio. Un terremoto ha annunciato la nascita di un mondo nuovo (cfr. Mc 15,33-38). La salvezza arriverà sino ai confini del mondo (cfr. Mc 16,20).
Per l’evangelista Marco ogni episodio, ogni pagina del suo scritto, sono da leggere in questa prospettiva.
Con la parola “Vangelo” si indicava anche l’annuncio della nascita di un personaggio importante e decisivo per il popolo. Per Marco la novità è Gesù: è lui la “buona notizia”, il compimento delle promesse.

3.

Dopo l’incipit, la pagina si apre con la proclamazione di una solenne profezia. In realtà si tratta di tre citazioni unite insieme. La prima echeggia la promessa di Dio a Israele di un angelo che lo difenderà e l’accompagnerà alla terra promessa (Es 23,20). Marco ci sta dicendo che ora accade qualcosa di ancora più grande dell’Esodo.
La seconda citazione è presa dal profeta Malachia; annuncia la venuta del Signore, del suo “giorno” e del suo “giudizio” (Ml 3,1).
Infine, la terza è l’oracolo di Isaia (del “Secondo Isaia”) che grida di preparare la via del ritorno dopo l’esilio (cfr. Is 40,3). È una profezia che apre il “libro delle consolazioni” (cfr. II Lettura).
La predicazione del Battista viene collocata proprio qui, dove Mosè aveva finito, sulle rive del fiume Giordano. Il Battista grida e invita “a fare il passaggio” attraverso l’acqua della purificazione, della conversione e del perdono.
Allora bisogna uscire dalla Giudea e da Gerusalemme, scendere al Giordano e prepararsi ad accogliere il Messia. La Giudea e Gerusalemme diventano simbolo delle nostre sicurezze, delle nostre presunzioni, del nostro “credere di credere”. La “voce” propone la conversione: la “conversione-metanoia”, cambiamento profondo e radicale e la “conversione-movimento” come movimento di tutta la persona verso Gesù, che consiste nel “girarsi” decisamente verso di Lui.
Ognuno porta sulle spalle il fardello dei suoi peccati, dei suoi fallimenti, dei suoi sensi di colpa. L’annuncio (kerygma) di Giovanni Battista è severo, come è austero il suo piglio, ma è tanto liberante. Col dito puntato in avanti indica il Signore che salva, che offre un Battesimo nello spirito: «C’è uno più grande di me…».
Come il personaggio del presepio, anche noi ci mettiamo sulla strada verso Gesù e gettiamo ogni nostro peso e preoccupazione. Non più peccati: li mettiamo nella sua misericordia. Non più sensi di colpa: siamo stati perdonati. Così alleggeriti, affrettiamo il cammino verso Betlemme.