Omelia nella III domenica del Tempo Ordinario

Pietracuta (RN), 22 gennaio 2023

Domenica della Parola

Is 8,23-9,3
Sal 26
1Cor 1,10-13.17
Mt 4,12-23

Prima di partire da casa ho ricevuto un messaggio che mi ha colpito e rincuorato. Vi racconterò! Il brano di Vangelo proclamato oggi è un pezzo forte per chi è in ricerca vocazionale. Ma prima c’è il discernimento che Gesù fa sulla sua vocazione. Insieme alla preghiera e alla lettura delle Sacre Scritture, si è messo in ascolto di Giovanni Battista e si è fatto battezzare da lui; poi è andato nel deserto, quaranta giorni e quaranta notti, nella solitudine in compagnia del Padre: voleva capire cosa il Padre volesse da lui, in che modo dovesse fare il Messia.
Preciso: Gesù non ha mai abbandonato il seno del Padre, ma era anche pienamente uomo: in lui, come ci insegna la nostra fede, è l’unità delle due nature, umana e divina, senza confusione. Come uomo ha dovuto compiere un cammino ed è stato sottoposto alle tentazioni del diavolo.
Ad un certo punto, “la voce che gridava nel deserto”, Giovanni Battista, è stata zittita: Giovanni è stato incarcerato, perché le autorità non ritengono politicamente corretto quello che dice. Dunque, Gesù è venuto da Nazaret, ha ascoltato Giovanni Battista, è stato nel deserto e tutto questo nel territorio della Giudea, dove Giovanni battezzava. Adesso Gesù torna in Galilea. Ma non è una fuga! Gesù non è esente da prove e anche da paure, vive tutta la gamma dei sentimenti umani, ma non è la paura a farlo tornare. «Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce»: un incipit solenne. Gesù torna in Galilea per adempiere questa Parola, per compiere la Scrittura. Gesù è la luce che viene nelle tenebre, proprio là, a Cafarnao. Cafarnao era una città di confine, un po’ come certe metropoli in cui si trova di tutto; era abitata da una popolazione meticcia (non era una popolazione ebrea doc). Gesù comincia il suo ministero proprio da lì, “luce che brilla nelle tenebre”.
Permettete questa applicazione del Vangelo alla nostra vita: anche ciascuno di noi ha la sua Galilea… È come se Gesù volesse dirci: «Non ti smarrire, non buttarti via, perché non desidero altro che cominciare da te».
Qual è il messaggio di Gesù? «Convertitevi, il Regno dei cieli è vicino». Il centro della frase è «il Regno dei cieli è vicino», allora convertiti, cioè “girati”, prova a vedere il Regno di Dio nella tua vita: il Signore opera concretamente nella tua vita. Domani parteciperò ad un incontro regionale e dovrò trattare come tema “le costanti del modo di agire di Dio”. Di solito nella vita dei santi, nella vita di noi cristiani, nella vita dei profeti, nella Bibbia ci sono delle modalità ricorrenti attraverso cui Dio è agisce. La fede non è altro che riconoscere Dio all’opera nella nostra vita. Abituarsi a chiedere in ogni situazione: «Signore, cosa mi vuoi dire?». Poi, si può sbagliare nell’interpretare la risposta, a parte il caso della volontà di Dio significata (i dieci comandamenti, i doveri del proprio stato di vita…). Sapere cosa il Signore vuole da me, cosa mi vuole far capire, è un’impresa: bisogna pregare molto, stare in ascolto, esercitarsi a fare la volontà di Dio significata per abituarsi a preferire e scegliere sempre la volontà di Dio.

Gesù lungo le rive del mare vede una coppia di fratelli, Simone e Andrea. Pensiamo allo sguardo di Gesù. Gesù vede due uomini di mare e di acqua e li fa diventare roccia per la Chiesa. È una creazione. Sulle rive del mare c’è l’acqua e c’è l’asciutto, come, nella Genesi, Dio separa la terraferma dalle acque: la vocazione è una creazione. Bisogna avere molta fiducia: tutti abbiamo una vocazione. Dobbiamo avere fiducia che il Signore ci ha dato le risorse, le capacità, i “muscoli” adatti per quella vocazione. Bisogna essere fedeli “al principio” (più che ai principi): «In principio Dio creò» (Gn 1,1).
Finalmente arrivo al messaggio di questa mattina: «Buongiorno caro Vescovo, oggi è un giorno veramente pieno di luce. La neve ci ha regalato una giornata molto luminosa e pensavo non fosse un problema per le persone del paese venire a Messa facendo una passeggiata. Io abito un po’ distante e sono arrivata con l’auto. Ho trovato il mio parroco sulla porta che aspettava noi parrocchiani. Nessuno si è presentato e così lui mi ha detto: “Andiamo Graziella, andiamo a pregare per chi non è potuto venire”. Io ho pensato subito a lei, vescovo Andrea, alla sua costanza, alla pazienza che ha avuto nei confronti del mio parroco. La sua determinazione nel voler credere in lui ha portato ottimi risultati. Ora, se è un bravo parroco, sempre presente e attento, è veramente grazie a lei, perché non lo ha mai abbandonato. In chiesa mi sono seduta al fianco dell’altare; poi è arrivata un’altra signora. È stato emozionante quando ci siamo sentite dire che non eravamo solo in due, perché Gesù era accanto a noi. Ci tenevo davvero ad informarla di questa bellissima giornata. Mai arrendersi, mai abbandonare i sacerdoti e credere fino in fondo alla conversione».
Mi sono commosso per questa testimonianza. Sapete cosa c’è nel cuore di un sacerdote? Quando accompagnavo i ragazzi all’ordinazione presbiterale ero felice ed ero inquieto contemporaneamente. Fiducioso nella fedeltà di Dio e nella loro preparazione. Pensoso per le difficoltà che avrebbero incontrato e forse per la freddezza della comunità. A consacrarmi prete è stato il sacramento, ma – lo ripeto spesso – ho avuto la grazia di sentirmi “generato” dalla mia gente. Amiamo i nostri sacerdoti.
Sia lodato Gesù Cristo.