Omelia nella S.Messa di chiusura della Visita Pastorale a Dogana

Dogana, 22 ottobre 2017

XXIX domenica del Tempo Ordinario

At 2,1-11
Sal 95
1Ts 1,1-5
Mt 22,15-21

«Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso posto» (At 2,1). Ecco, quel giorno è appena iniziato (non è accaduto solo duemila anni fa!). Proprio adesso, cari ragazzi, vivrete immersi in quell’atmosfera, nella fragranza dello Spirito del Signore che scende su di voi e su tutti noi.

1.
Ho una parola da dire ai più piccoli. Il Vescovo è passato nelle scuole e sui campi di calcio della Juvenes; gli è parso di vedere questi luoghi come dei vivai dove spuntano germogli, si aprono gemme, crescono piante, sbocciano fiori. Come? Con l’acqua, la luce, il calore, che maestri, educatori, mister assicurano perché ogni bambino e ogni ragazzo diano il meglio di sé.
E chi, più di Gesù, è un bravo maestro, il più caro degli amici? Che cosa dice, Gesù, ai suoi piccoli amici?
Sentite. C’è una città dei Paesi Bassi (Harlem) che è stata costruita su un terreno leggermente al di sotto del livello del mare; per difenderla dalle onde, quando sale la marea, è stata innalzata una grande diga. Così la città è al sicuro dalle mareggiate. Un giorno ci fu un bambino che si accorse di una crepa sulla parete della diga e come da un piccolo foro cominciava a penetrare l’acqua del mare. Il foro si sarebbe ingrandito sempre più per la pressione del mare e la crepa si sarebbe allargata fino a squarciare la diga. Quel bambino ebbe il coraggio di mettere il suo dito in quella fessura: lui, da solo, ha resistito ed ha salvato la città di Harlem dalla furia del mare in tempesta. Ecco cosa chiede Gesù a ciascuno di voi bambini: non siete troppo piccoli per difendere il mondo dal male. Con la vostra preghiera – mai dimenticarsene la sera e la mattina – siete come il bambino di Harlem che insieme a Gesù ferma tutto il male che c’è nel mondo.

2.
Anche alle mamme e ai papà ho lasciato un messaggio. Li ho sentiti preoccupati per l’educazione dei figli. L’indirizzo educativo spetta a loro: è loro diritto-dovere. Nessuno può prendere il loro posto, tutt’al più si può collaborare con i genitori. Con loro ho trascorso una bellissima serata, con tante domande e interventi, tanti consigli e suggerimenti reciproci; ma il messaggio fondamentale è questo: mamma e papà vogliatevi sempre bene, crescete ogni giorno di più nell’amore, perché dalla vostra vita di coppia dipende, in gran parte, il futuro dei vostri figli. Ci sono mamme e papà che devono affrontare da soli l’impegno di “tirar grandi” i figli. Il Signore si fa in quattro per loro perché non perdano coraggio.

3.
Ho incontrato i catechisti: una parte speciale della comunità parrocchiale, perché a loro, con il parroco e le famiglie è affidato il servizio di far crescere nella fede bambini e ragazzi, di introdurli nell’amore a Gesù. Non si tratta di trasmettere nozioni, ma di far sbocciare l’affetto per il Signore. Dico a loro, ancora una volta di prendere dalle mani di Gesù il “grappolo” che a loro è stato affidato. Il grappolo è il loro gruppo di catechismo o il gruppo associativo, un grappolo già pieno di sole, ma da proteggere, da custodire e da accompagnare. Di quel grappolo fanno parte anche i genitori, i fratelli, le sorelle e – perché no? – anche i nonni. Un bel grappolo! Ogni catechista è come quel giudeo di cui il profeta ha scritto: «Aggrappati al lembo del suo mantello ci sono dieci persone che non vogliono staccarsi e dicono: “Vogliamo venire con te perché abbiamo capito che con te c’è il Signore!”» (Zac 8,23).

4.
Tante persone, soprattutto adulti, sostengono la vita della parrocchia: c’è chi è impegnato nel campo educativo, chi in quello liturgico, chi nell’assistenza spirituale agli ammalati, chi nel campo della carità, chi in quello dei molteplici servizi, tutti nobili e tutti importanti (dal decoro della chiesa alla cura degli ambienti, sempre accoglienti e in ordine, dalla manutenzione ordinaria alla preparazione della grande festa parrocchiale, dall’economia della parrocchia al sostegno spirituale con la preghiera, ecc.). Ripeto quello che San Paolo diceva ai cristiani di Filippi (città della Macedonia): «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5). Che cosa sentiva Gesù quando incontrava le persone? Tutti correvano a lui. Allora dico agli impegnati parrocchiali:
Esserci, ma senza esserci troppo.
Fare, ma solo per amore.
Essere presenti, ma non per mettersi in mostra.
Essere intraprendenti, ma sempre in armonia col parroco e con gli altri amici della parrocchia.
«Servi inutili siamo», ma attenzione, la traduzione della frase è “servi senza utile”, cioè servi che fanno “per gratuità”, per amore!

5. Il Vescovo è stato in alcune aziende e in luoghi dove si fanno affari. Ha ricordato ad imprenditori e lavoratori la parabola dei talenti. «Fate fruttare i talenti», dice il Signore, «la ricchezza, l’intelligenza, l’impresa non sono una cosa cattiva quando sono per il bene comune, quando si è attenti alle necessità delle persone. Anzi, il denaro è un ottimo servitore… ma un pessimo padrone!
Gesù dice: «Bene, servo buono e fedele, entra e sii parte del tuo Signore. Non hai lasciato a riposo la creazione, non sei stato indolente, sei stato mio collaboratore» (cfr. Mt 25,21). Il lavoro è per far crescere talenti per il bene di tutti.

6.
Vengo ai giovani. Tra voi, in modo particolare penso ai ragazzi che stanno per ricevere il sacramento della Cresima e che diventeranno parte dei giovanissimi. Vi affido una grande responsabilità: aiutare la Chiesa ad essere in ascolto dei vostri amici, dei giovani di oggi (in ottobre del prossimo anno si terrà a Roma, convocato dal Santo Padre, un Sinodo dedicato interamente a tutti i giovani). Per ascoltare i giovani bisogna raggiungerli; per raggiungerli bisogna “uscire”, per uscire bisogna inventare modi per agganciarli o – come si dice – attaccare bottone. Mi ispiro al libro dei Giudici. Racconta di Sansone che, per sconfiggere i Filistei che continuavano ad opprimere Israele, catturò volpi, legò alle loro code torce infuocate e le mandò nei campi di orzo e di grano dei Filistei. Ci fu un grande incendio e la sconfitta di quegli oppressori. Vorremmo che i giovani fossero le nostre volpi che incendiano – ma d’amore – tutta la Repubblica di San Marino e oltre: dove passano lascino una scia di bene.

7.
Quante immagini, quanti messaggi… Ogni giorno, di questi passati con tutti voi, sentivo spuntare nel mio cuore una parola per tutti. Me la sono ripetuta mentre camminavo tra le vostre case pregando il Rosario: «Siate famiglia!». Questa è la bellezza affascina. «Siate famiglia»! Una parrocchia bella per i rapporti, bella nei suoi riti (tutto parla: le luci, i fiori, i canti, i ministri attorno all’altare) bella nei volti… Volti di belle persone. La bellezza è la spinta missionaria della parrocchia. Oggi, la gente, se da qualcosa si lascia sorprendere, è la bellezza. «Siate famiglia»!

Avete ascoltato il Vangelo. Hanno dato a Gesù una moneta; poi, per provocarlo, hanno chiesto: «È più importante Dio o Cesare?».
«Di chi è l’immagine nella moneta?», chiede Gesù. «È di Cesare», gli rispondono. «Dategli, dunque, la sua moneta». E poi, in modo non verbalmente esplicito ma chiarissimo, dice: «Di chi è l’immagine dentro di voi, che marchia il vostro cuore, che stampa indelebilmente la vostra anima e il vostro volto?». Voi con me certamente gli dite: «È l’immagine tua Gesù, siamo stati fatti a tua immagine». Quale la conclusione? Diamo tranquillamente a Cesare la sua moneta e a Gesù, il Signore, il nostro cuore. Così sia.