Omelia nella S.Messa esequiale per il signor Tonino Giorgetti

Valdragone (RSM), Santuario del Cuore Immacolato di Maria, 21 febbraio 2023

Sir 2,1-13
Sal 36
Mt 25,31-46

La Prima Lettura dal Libro del Siracide presenta il ritratto del saggio secondo l’Antico Testamento. Vengono evidenziate tre caratteristiche: il saggio è intraprendente, si fida del Signore, ascolta. Ma il giusto viene anche provato: «Sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore». Il saggio, nella prova, si abbandona al Signore e non smette mai di coltivare l’amicizia con il Signore. Poi il brano si conclude così: «Si è mai sentito dire che un uomo così sia abbandonato da Dio?», domanda ripetuta tre volte.
Ora mi accingo a tuffarmi nel brano evangelico. Mi sembra che Tonino, questa sera, ci faccia un grande dono, dicendo a ciascuno di noi: «Non guardate me, guardate il Signore!».
Faccio notare, innanzitutto, che c’è uno stupefacente contrasto fra la grande scenografia del Giudizio finale e la semplicità delle domande che il Signore fa: «Avevo fame, mi hai dato da mangiare? Avevo sete, mi hai dato da bere?». Siamo di fronte all’esame più facile e più difficile che ci sia: facile perché, fin d’ora, ci viene dato l’elenco delle domande; difficile perché quell’esame costituisce la verifica sul nostro modo di pensare l’esistenza: lo svelamento della verità ultima del vivere, rivelazione di ciò che rimane quando non rimane più niente: l’amore.
Questa pagina di Vangelo risponde alla più seria delle domande: «Che cos’hai fatto di tuo fratello?». Il Signore elenca sei “opere”, ma poi sconfina: «Tutto ciò che avete fatto ad uno dei miei fratelli, l’avete fatto a me». Gesù Cristo stabilisce un legame così stretto tra sé e gli uomini da arrivare a identificarsi con loro: «L’avete fatto a me!».

Sottolineo tre passaggi.

  1. Dio ci appare come colui che tende la mano: «Avevo fame, avevo sete, ero malato, ero nudo…». È come se a Dio mancasse qualcosa. Questa rivelazione – un Dio che chiede, che tende la mano – capovolge ogni idea sul divino che talvolta abbiamo. C’è da innamorarsi di un Dio così, mendicante di pane e di casa, che non cerca venerazione per sé, ma per i suoi amati. Li vuole tutti saziati, dissetati, vestiti, guariti, visitati, liberati: queste le risposte alle sei domande dell’esame. Davanti a questo Dio c’è da incantarsi. Vogliamo accoglierlo ed entrare nel suo mondo insieme a Tonino.
  2. L’argomento del giudizio non è il male, ma il bene. La misura dell’uomo e del mondo non è il negativo, l’ombra, ma il positivo, la luce. La bilancia di Dio non è tarata sui peccati, ma sulla bontà; verità dell’uomo non sono le sue debolezze, ma la bellezza del cuore.
  3. «Alla sera della vita saremo giudicati solo sull’amore (san Giovanni della Croce), non su devozioni o riti, pur importanti, ma sul nostro farci carico del dolore dell’altro. Il Signore non guarderà a me staccato dal mio contesto, ma accoglierà nel suo sguardo la realtà che ho attorno, comprese le persone di cui mi sono preso cura.

«Se mi chiudo nel mio io, pur adorno di tutte le virtù, e non partecipo all’esistenza degli altri, se non sono sensibile e non mi impegno, posso anche essere privo di peccati, ma vivo in una situazione di peccato» (E. Ronchi).
In questa pagina di Vangelo il Signore non ci appare come un bonaccione che caccia dentro al suo Regno tutti con una pacca sulla spalla e non è neanche un professore sessantottino che promuove tutti con il sei politico. La scena del Giudizio finale ci fa capire che il Signore prende sul serio le nostre azioni. Per lui non siamo marionette tenute dai fili di un grande burattinaio, ma siamo figli responsabili, chiamati a far fruttare le qualità che ci ha dato, qualità con cui possiamo far crescere la sua famiglia, perché costruiamo il cantiere che è la comunità, espressione della comunione effusa dallo Spirito. Rinnoviamo tutti l’impegno di essere costruttori di comunità: messaggio che ci rilancia Tonino.