Omelia nella Solennità del Corpus Domini

San Marino Città (RSM), Basilica del Santo, 11 giugno 2020

Dt 8,2-3.14-16
Sal 147
1Cor 10,16-17
Gv 6,51-58

«Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Cari fratelli,
torniamo a chiederci con franchezza: Che ci fa oggi un pane al centro della nostra città? Gesù risponde: «È un pane per la vita, necessario per la vita di ciascuno e di tutti». Questo pane unisce, educa, evangelizza.

1.

Unisce: unisce sguardi e cuori. Fa convergere propositi di condivisione. «Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti, infatti, partecipiamo all’unico pane» (1Cor 10,17). Sappiamo bene quanto sia indispensabile l’unità in un mondo tanto diviso. Veniamo – anzi vi siamo ancora pienamente coinvolti – da un’esperienza forte di interdipendenza, che ha toccato ciascuna delle nostre persone e le nostre società: contagio e responsabilità di ciascuno per il bene di tutti. Il mondo è proprio un villaggio globale, la cui salute ora dipende paradossalmente anche dalla distanza che riusciamo a tenere con i vicini. Ci è imposto di purificare le relazioni prossime per guadagnare il senso profondo delle relazioni universali. «In una cultura sempre più individualista questo pane costituisce una sorta di antidoto, che opera nelle menti e nei cuori e continuamente semina in essi la logica della comunione, del servizio, della condivisione» (Benedetto XVI, Angelus, 26.6.2011).

2.

Questo pane posto al centro della nostra città educa. Ripropone un altro pane di cui la città ha assolutamente bisogno, un pane che sfama la dimensione vitale che è la spiritualità. Siamo in allarme per la ricaduta economica della pandemia. Ne soffriamo. Eppure «l’uomo – lo dobbiamo dire in questo momento – non vive soltanto di pane, ma di quanto esce dalla bocca del Signore» (Deut 8,14). Sentiamo di dover andare più in profondità. La chioma di un albero cresce, si espande, produce fiori e frutti in proporzione a quanto le radici si diramano, si affondano e si allargano. Fino a che punto siamo convinti, noi che siamo qui, del primato della spiritualità? Fino a che punto ne sono consapevoli le famiglie, le istituzioni, i responsabili delle istituzioni? A pagare le conseguenze di una impostazione basata soltanto su una dimensione sono i piccoli e i giovani. «I bambini domandavano pane, ma non c’era chi lo spezzasse loro», così il Libro delle Lamentazioni (Lam 4,4). Questo pane, così fragile e all’apparenza di poco conto, disarma la litigiosità, lo spirito di vendetta, l’avidità del denaro. Educando ci mette in ginocchio. L’uomo che si inginocchia, e si inginocchia solo davanti a Dio, è grande. Egli dichiara la sua libertà in faccia al mondo. È la lezione dei testimoni della coscienza e della verità: una lezione pertinente e urgente per questo tempo. Siamo assetati di spiritualità, una sete ancor più acuta in questi giorni difficili. Siamo stati messi con le spalle al muro, convinti – finalmente – della nostra fragilità. Che questa lezione non sia dissipata.

3.

Infine, questo pane evangelizza. Dice il lieto annuncio di un “Dio di pane”: «Io sono il pane vivo, quello disceso dal cielo». I giudei si misero a discutere aspramente: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». La risposta di Gesù è semplice e sconcertante: «Io vi faccio vivere». Dandoci se stesso inverte il corso della vita orientandola non più alla morte ma all’eternità. Gesù non ci è concorrente, nel senso che ci tolga qualcosa, semmai è concorrente perché corre con noi, perché offre un incremento, un accrescimento, una intensificazione di vita. Un di più!
Questo è il Vangelo che ci ha sorretto e ci ha dato speranza: una luce nel tunnel. Per molti di noi è stato così. Una settimana fa in cattedrale si è tenuta l’assemblea di fine anno e abbiamo sentito esperienze bellissime condivise da giovani e adulti che hanno testimoniato come hanno saputo attraversare quei momenti bui. Avremmo voluto – parlo per me e per i miei fratelli sacerdoti – esser più vicini a chi era malato; ci è stato possibile solo attraverso quella “telefonia” straordinaria che è la preghiera. Abbiamo pregato tanto e abbiamo fatto pregare piccoli e grandi, famiglie. Il Papa, in un’omelia si è rivolto ai vescovi in modo severo chiedendo: «Pregate per il vostro popolo?». Avrei voluto rispondere: «Sì, con molta passione!». Abbiamo espresso la vicinanza alle famiglie, ai giovani, agli insegnanti con i mezzi moderni della comunicazione.
La sposa del Cantico dei Cantici, celebre libro della Bibbia, cerca il suo diletto e, non trovandolo, implora: «Avete visto l’amante del mio cuore?» (Ct 3,3). Allora non vi era Gesù sulla terra; ora, invece, chi ama Gesù e lo va cercando lo trova nel sacramento dell’Eucaristia. «Amore infinito di Dio, degno di infinito amore! Ti sei abbassato per trattenerti con noi e unirti a noi. Verbo incarnato. Grande nell’umiliazione perché grande nell’amore. Come possiamo non amarti?». Al termine della Messa non potremmo percorrere le vie di San Marino con la processione, come di consuetudine; invito tutti a sostare in adorazione. Anche questo è un frutto di questo tempo: veniamo ricondotti all’adorazione e al silenzio contemplativo davanti al “Dio di pane”!