Omelia nella Solennità di Cristo Re dell’Universo

San Leo (RN), Cattedrale, 20 novembre 2022

2Sam 5,1-3
Sal 121
Col 1,12-20
Lc 23,35-43

Che cosa vuol dire essere re? Che cos’è il potere?
Oggi Gesù rivela quale sia il potere più profondo. Abbiamo letto una parte del racconto della Passione, appena uno spezzone. Del resto, tutto il Vangelo può considerarsi una lunga introduzione ai racconti della Passione e Risurrezione. Il Vangelo di Luca, che abbiamo letto durante quest’anno, ci ha presentato tanti incontri, dialoghi, parabole e miracoli di Gesù lungo la strada che lo conduce verso la meta. La meta sono la sua Passione e la Risurrezione. Lì si svela la vera identità di Gesù e in Gesù l’amore folle di Dio per noi.
Meditiamo insieme la pagina evangelica di oggi. Incomincia con: «…la gente stava a vedere». Il verbo usato nella lingua greca dice non soltanto “un guardare occasionale”, “un vedere distratto”: la gente sta ad osservare, quasi si lascia penetrare da quello che sta succedendo. Chi è pratico di studi biblici sa che il verbo “vedere” nella letteratura biblica presenta una certa ambiguità, perché “vedere” in senso forte significa “possesso”: quello che guardi, in qualche modo, lo fai tuo. Ecco perché Dio non si vede. Dunque, vedere è un atto possessivo: Dio non si può vedere, non si può possedere. Quando Dio si fa vedere in Gesù, Verbo incarnato, accade qualcosa di sconcertante. In un certo modo, il Dio che si fa vedere si lascia “possedere”, si lascia “inchiodare”, prima che sul legno della croce, dal nostro sguardo. Un Dio “visto”, diceva un antico padre della Chiesa, è un Dio “morto”. Quando osservo qualcosa, quasi scompongo l’oggetto del mio sguardo; Gesù è l’unico oggetto che trasforma chi lo guarda. Contemplando Gesù sei tu che vieni cambiato, non sei tu che domini Gesù. Gesù contemplato capovolgerà il tuo modo di essere.
Il Vangelo prosegue così: «I capi, invece, lo schernivano». Anche i soldati lo scherniranno. I capi che scherniscono Gesù raffigurano la nostra razionalità che non accetta quello che accade sotto i nostri occhi. Forse il cuore sarebbe anche disponibile, ma la nostra razionalità dice: «Non è possibile che non sia capace di salvare se stesso. Ha salvato tanti altri, perché non salva se stesso?». Questa è una delle proteste più forti contro Dio. Perché Dio non ha voluto salvare se stesso? È una domanda che testimonia la nostra difficoltà di fede. In realtà, quello che accade durante la Passione è una risposta su che cosa sia il vero potere secondo Dio. Per noi, normalmente, avere potere significa guardare gli altri dall’alto in basso, essere sopra, dominare; invece, qui Dio rivela che il suo è il potere di non avere potere, cioè il potere di donarsi, di amare, di dare tutto. In questo lui è re.
Oggi celebriamo Cristo Re dell’Universo, un titolo che può nascondere ambiguità se non è capito: potrebbe indicare qualcosa di sfolgorante, di dominante, di mondano, invece il vero potere di Gesù Crocifisso è quello di dare tutto, di consegnarsi, il potere di amare.
Immaginiamo di fare una zoomata sui due malfattori crocifissi con Gesù. Non c’è più la folla, non c’è più il chiasso di una pubblica esecuzione capitale, regna un grande silenzio. Ci sono soltanto loro in intimità con Gesù, a pochi metri. Anche il nostro cuore partecipa… Uno dei due ladroni, ancora una volta, riformula l’accusa contro Gesù: «Ha salvato altri, salvi se stesso e noi». Non accetta un Dio che non salva se stesso. Nella sua vita di malfattore ha ragionato sempre al contrario: dominare, spadroneggiare sugli altri, essere prepotente, arrogante. Quando facciamo così nella nostra vita, salviamo noi stessi e, se c’è qualcosa che ci brucia, è quando non siamo capaci di dominare: ci sentiamo perduti. Invece il buon ladrone accetta di non essere Dio; implicitamente ha percepito che in Gesù Crocifisso c’è la presenza di Dio: uno che non salva se stesso. Il Signore Gesù, pur di stare con noi nella morte, accetta quella posizione così scomoda e trasforma il nostro morire nella comunione con Lui. Perciò dice quella parola commovente e sempre nuova: «Oggi sarai con me in paradiso», cioè «trasformo la tua morte, il tuo fallimento, la tua vita fallita, nel massimo dell’intimità con me». «Sarai con me». Bellissimo contemplare il Signore Crocifisso e così, sotto il suo sguardo, vedere come anche i nostri fallimenti vengono trasformati in un incontro con lui: «Oggi sarai con me in paradiso». Notare l’avverbio «oggi». Forse il ladrone aveva partecipato alle catechesi, agli insegnamenti della sinagoga, e pensava che il Regno di Dio era qualcosa che sarebbe venuto in futuro. Invece, Gesù dice che è qualcosa che è presente adesso. Il paradiso non viene descritto con immagini di fantasia. Il paradiso è “essere con Gesù”. Volendo essere più precisi si potrebbe tradurre così: «Oggi sarai per me in paradiso»; la particella che esprime l’essere per Gesù è dinamica, indica la relazione, il coinvolgimento, la vita per Lui, non soltanto la compagnia con Lui, che è qualcosa di esterno. «Sarai per me»: che sia così anche per noi.