Omelia nella Veglia di Pentecoste

Pennabilli (RN), Cattedrale, 30 maggio 2020

Rivolgo prima di tutto un saluto affettuoso a chi partecipa a questa Veglia in streaming: «Sentitevi dentro, partecipi di quello che viviamo ora nella nostra cattedrale».

1.

Nei nostri programmi era prevista per oggi, 30 maggio, l’assemblea di fine anno pastorale, dentro lo splendore della Pentecoste, con la presenza di Maria. Un’assemblea che qualificherei “quasi sinodale”, con un duplice scopo. Il primo è quello di raccogliere i frutti che il Signore ha fatto crescere nella nostra Chiesa per dirgli il nostro grazie, per dire con riconoscenza che c’è davvero il Signore in mezzo a noi. Gli Ebrei si chiedevano: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?» (Es 17,7). Poi hanno potuto vedere i prodigi dell’esodo… Allo stesso modo noi vediamo prodigi nella nostra amata Chiesa diocesana unita alla Chiesa universale. Il secondo scopo dell’assemblea sarebbe stato quello di fare il punto della situazione. La pandemia ha imposto una sterzata, ma possiamo dire che abbiamo vissuto alla grande! Ne è prova quello che ci hanno detto gli amici che hanno raccontato la loro testimonianza. In un recente articolo ho scritto che in questo periodo abbiamo assistito alla «rivincita degli infinitamente piccoli». Ognuno nel suo posto, ognuno con la sua sensibilità, con le sue possibilità, ha cercato in questi mesi di testimoniare, di amare, di capire quello che il Signore voleva insegnarci attraverso questo avvenimento.
In questi anni, come Chiesa diocesana, abbiamo preso l’impegno di mettere a fuoco il cuore, il centro della nostra fede. Qualcuno pensa sia una cosa un po’ astratta: non accetto questa obiezione. È la cosa più concreta che ci sia. Ogni volta che viviamo la Parola riconosciamo il Risorto e la sua presenza, come è stato per i discepoli di Emmaus, come è stato per Maria di Magdala, come per i sette apostoli sul lago… Abbiamo imparato ad accoglierlo nei segni della sua presenza (i sacramenti) e nella frazione del Pane (l’Eucaristia).
Puntiamo su quello che è essenziale della nostra fede. Il problema davanti a noi è grande: lo smarrimento della fede in tanti. Qual è il nucleo della fede? Abbiamo sdoganato una parola che sembrava appannaggio degli “addetti ai lavori”: la parola kerygma, l’annuncio che Gesù è vivo, è in mezzo a noi, ci è vicino, ci accompagna e ci salva. Una parola accompagnata da “potenza da parte di Dio”. Allora siamo stati confortati dal sapere che non siamo nel “dopo Gesù”, siamo nel pieno della presenza di Gesù. Attraverso vari incontri, ascoltando tante persone, abbiamo preso la decisione di rifare, in qualche modo, l’iniziazione cristiana. Abbiamo incominciato mettendo a tema “la vita nuova”, la vita da risorti, che scaturisce dal Battesimo. Non si trattava di fare una campagna annuale sul sacramento del Battesimo, ma piuttosto di vivere in profondità e consapevolezza il mistero pasquale. E lo si vive attraverso i segni che Gesù ci ha dato: il primo di essi è il Battesimo. Molti sono battezzati senza avere mai deciso di volerlo essere. Ci siamo proposti di curare con più impegno e intelligenza la pastorale battesimale: si è aperto davvero un mondo! Il 98% degli italiani, secondo la statistica dell’ultimo censimento (2011), sono battezzati. Tante coppie vengono a chiedere il Battesimo per il loro bimbo; spesso per tradizione, per fare una festa di famiglia al “nuovo arrivato”… Viviamo bene queste occasioni! In Diocesi già varie parrocchie hanno un gruppo accanto al parroco che aiuta nella catechesi prebattesimale e nell’accompagnamento delle giovani famiglie. Un tempo sembrava fosse sufficiente il parroco, ma le cose cambiano quando, insieme al parroco, una coppia di sposi è presente alla preparazione dei genitori. Una coppia sa intrattenere le famiglie, sa come si tratta un bambino, ma soprattutto è in grado di far nascere relazioni.
Davanti a noi, per il prossimo futuro, dobbiamo mettere a fuoco un’altra dimensione fondamentale: la missione. Siamo missionari! Nella lettura evangelica dell’Ascensione abbiamo letto che i discepoli «dubitavano…» (qualche traduzione riporta: «Alcuni dubitavano…» cfr. Mt 28,17). Eppure, Gesù affida loro la cosa più preziosa: il Vangelo. Non fa prima un ripasso dalle beatitudini fino alla fine del Vangelo: si fida. E gli apostoli sono stati formidabili. Quando si riceve fiducia esplode il meglio di sé. È il segreto dell’educazione, rapporto che fa crescere.
Cosa vuol dire essere missionari? Si tratta di animare ambienti, cultura, politica, società, con il lievito e il sale del Vangelo. In quest’opera saremo corroborati da un sacramento: la Confermazione. Negli anni successivi dovremmo ripensare la nostra vita di Chiesa come comunione nello splendore della Trinità. La Trinità non è un teorema teologico, ma la vita stessa di Dio partecipata a noi. Noi siamo chiamati a vivere e a tessere rapporti a mo’ della Trinità.

2.

Quando è nata la Chiesa? C’è chi dice che è nata a Pentecoste, epifania della Chiesa, con porte e finestre spalancate e Pietro con gli apostoli che proclamano la risurrezione di Gesù (cfr. At 2,1-15). Qualcun altro dice che l’inizio della Chiesa è in Galilea, dove il Signore ha chiamato i Dodici, le colonne fondamento (cfr. 1Tm 3,15; Ef 1,20) del nuovo popolo di Dio. Altri dicono che la Chiesa è nata formalmente con l’invio missionario di Gesù, perché la Chiesa è sacramento di unità del genere umano con Dio e degli uomini fra loro (cfr. Mt 28,18-20; cfr. LG 1).
Io propendo per un’altra opinione: la Chiesa è nata con il “sì” di Maria (cfr. Lc 1,34-38). Nel momento del “sì” di Maria il Verbo si è fatto carne, ha unito a sé la natura umana. La Chiesa è questo, l’umano e il divino insieme. La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo. Stiamo attenti a non dare un significato troppo debole alla parola “mistico”: è “vero corpo”! Ricordate san Paolo, quando viene fermato sulla via di Damasco: «Saulo, Saulo… perché mi perseguiti?». Paolo non capiva; non credeva di perseguitare Gesù, ma la Chiesa. La Chiesa è il Corpo di Gesù. Col Battesimo i credenti diventano realmente le membra di Cristo. Come le sue membra umane, anche le membra mistiche, che siamo noi, sono chiamate a partecipare alla sua azione redentrice: «Tu sarai le membra della redenzione». Guai profanare il Corpo Mistico, creare disunità dentro la Chiesa! Soffro quando nella Chiesa c’è disunità; è la stessa sofferenza che sento per la profanazione del Corpo Eucaristico. Siamo scrupolosi nel custodire le Sacre Specie – è giustissimo –, ma siamo altrettanto scrupolosi nel custodire l’unità della Chiesa? La prima forma di rottura dentro al Corpo Mistico è il peccato. Quando siamo in peccato mortale profaniamo il Corpo Mistico del Signore. Si può profanare il Corpo Mistico anche con la chiacchiera, con le divisioni, con le critiche e con la disobbedienza ai vescovi…

3.

Dedico l’ultimo pensiero personalmente a voi che fate parte delle équipe pastorali. Ho tre parole da dirvi. La prima: grazie. Grazie per quello che fate, a volte senza avere riconoscimenti particolari. Vi incontrate, fate programmi, lavorate, pubblicate, forse ricevete critiche, oppure fate cose buone e nessuno se ne accorge. Grazie davvero, ve lo dico a nome di Gesù! Vi incoraggio a continuare ad impegnarvi, a famigliarizzare tra voi, non perché diventiate un gruppo chiuso, ma perché acquisiate sempre più competenze; per questo vi invito a partecipare ai convegni, agli incontri regionali e nazionali (la Diocesi sarà contenta di dare un contributo economico per questo). La seconda: cercate il gioco di squadra. È molto bello che la Veglia di questa sera sia stata organizzata da tre Uffici (Ufficio Catechistico, Ufficio Liturgico, Caritas). Ringrazio il parroco della cattedrale di Pennabilli che si è messo a disposizione. Abbiamo ricevuto, sia a livello di Consiglio presbiterale che di Consiglio pastorale, l’invito a ridimensionare il numero delle iniziative, a concentrarsi solo su alcune, ma frutto dell’intesa degli Uffici.
La terza: fare tutto con spirito di servizio. Dico ai sacerdoti presenti, e lo dirò a tutti: siate più attenti agli Uffici pastorali, perché hanno un compito importantissimo: aiutare la Chiesa diocesana ad essere presente su tutta la realtà; cogliere le esigenze che emergono; offrire una parola sapiente per ciascun ambito: l’evangelizzazione, la catechesi, il culto a Dio, la carità, la famiglia, i problemi sociali e del lavoro, la scuola e la cultura, i giovani, le vocazioni, lo slancio missionario ad gentes, la salute, la comunicazione. All’interno di questi settori, poi, ci sono tante altre specificità. A volte, c’è una fluttuazione di nomi: si parla di Centro diocesano, di Ufficio diocesano, di Servizio diocesano. Preferisco maggiormente la parola “Servizio” alla pastorale.
«Lo Spirito Santo guida la Chiesa verso la verità tutta intera (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel servizio, la costruisce e la dirige mediante i diversi doni gerarchici e carismatici, e la arricchisce dei suoi frutti» (LG 4). Così pensiamo la Chiesa, la nostra Chiesa!