Omelia nella XIX domenica del Tempo Ordinario

Pennabilli (RN), Cattedrale, 13 agosto 2023

Festa per i 100 anni di mons. Mansueto Fabbri

1Re 19,9.11-13
Sal 84
Rm 9,1-5
Mt 14,22-33

Cent’anni di solitudine (cfr. G.G. Marquez, Cent’anni di solitudine, 1967). Macché solitudine! Don Mansueto celebra cent’anni di compagnia, di incontri, di volti, di amici.
Parafrasando il brano evangelico, vedo nella vicenda umana e spirituale di don Mansueto un’analogia con il cammino dell’apostolo Pietro. La colgo nelle preghiere che sgorgano dal cuore e dalle labbra dell’apostolo. Sono due. Pietro le ha pronunciate a qualche minuto l’una dall’altra, ma fra la prima preghiera e la seconda, c’è un abisso: non tanto le profondità del lago di Galilea, ma le profondità dell’esperienza spirituale. Pietro chiede a Gesù di camminare sull’acqua come fa lui. Allo stesso modo don Mansueto si è lanciato al seguito di Gesù, con entusiasmo e fiducia. Erano anni difficili: la povertà, la guerra, i disagi, le distanze, le strade… Un vero camminare sull’acqua. «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te camminando sull’acqua». Don Mansueto, come Pietro, ha guardato Gesù e ha chiesto, in fondo, una cosa spettacolare… E spettacolare – davvero! – è stato il cammino di don Mansueto nella nostra Chiesa, sotto gli occhi di tutti, sotto gli occhi di noi pennesi, per quasi cinquant’anni: prima da seminarista, poi da segretario del Vescovo e ancora da parroco.
E viene il tempo della seconda preghiera, la preghiera nella fragilità. È un semplice grido di un uomo che riconosce di non bastare più a se stesso. È la preghiera più bella, più vera, più necessaria. «Signore, salvami!». La mano di Gesù afferra la mano di Pietro: fate attenzione a questo particolare. Negli anni dell’attività pastorale, nell’Azione Cattolica, nel Cammino neocatecumenale, nelle esperienze forensi, don Mansueto ha offerto mani e piedi, cuore e intelligenza al Signore per essere sua presenza. Ora è Gesù che tende la sua mano all’amico e lo stringe forte perché le onde dell’ignoto, dell’oscurità, non lo turbino. Gesù, in fondo, stende la sua mano per una “questione di cuore”. Nella pagina di Vangelo che precede immediatamente quella proclamata dal diacono in questa liturgia l’evangelista ci fa assistere ad un miracolo strepitoso: sulle rive del lago Gesù sfama cinquemila uomini, senza contare donne e bambini (cfr. Mt 14,21); qui, nella barca e nell’oscurità, avviene un prodigio per “questioni di cuore”. Il primo, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, miracolo indispensabile e utilissimo, il secondo, la mano tesa all’amico, sembra un miracolo inutile, fine a se stesso. Dichiaro tutta la mia simpatia per questo miracolo “inutile”, perché c’è tutta la dinamica della vita di fede e don Mansueto la testimonia.
Vale anche per noi: dalla paura alla fiducia, dal dubbio alla fede, dalla perplessità alla dossologia (lode). E Gesù dice: «Vieni!». Lo dice a me, lo dice a don Mansueto, lo dice a tutti. E le tempeste e le onde della vita? Tutte occasioni per crescere nella fede e nell’intimità con il Signore Gesù.