Omelia nella XXIII domenica del Tempo Ordinario

Pennabilli (RN), Cattedrale, 4 settembre 2022

Sante Cresime

Sap 9,13-18
Sal 89
At 2,14a.36-41
Lc 14,25-33

Una catechista mi ha detto: «Lo sa, Eccellenza, che i nostri ragazzi sono diventati grandi? Allora ho spiegato loro che la Cresima è come una piccola Pentecoste!».
Ho risposto che la Pentecoste o è “grande” o Pentecoste non è! La Pentecoste è un avvenimento straordinario, irruente, luminosissimo. Quando si è manifestata per la prima volta, i discepoli che erano riuniti insieme nel Cenacolo hanno spalancato le porte e sono scesi in piazza. Loro che erano «plebei illetterati» sono diventati coraggiosi testimoni: non avevano più paura, hanno accettato persino di finire in carcere.
La Pentecoste sta accadendo adesso come è accaduta tanti anni fa, come abbiamo sentito proclamare negli Atti degli Apostoli.
Faccio un esempio per i ragazzi, sebbene, come tutti gli esempi, sia imperfetto. Quando lavorate al computer e volete richiamare un file, cliccate sull’icona che lo rappresenta e il file si apre davanti a voi. In un certo senso la Cresima fa quel “click”, in modo che viva la Pentecoste, la stessa che mobilitò gli apostoli e i discepoli e li fece diventare testimoni di Gesù. Fra qualche minuto accadrà qui quello che è accaduto a Gerusalemme. Non una piccola Pentecoste, una grandissima Pentecoste!

Prendiamo qualche spunto dal Vangelo di oggi. Dice: «Siccome una folla numerosa andava con lui, egli si voltò…» (Lc 14,25). Non è solo una frase redazionale. Quello che Gesù sta per dire è così importante che, mentre cammina, con «una folla numerosa» che lo segue, di botto si ferma e si volta. La gente dietro Gesù chiacchiera; c’è chi è curioso di conoscerlo, chi racconta i miracoli a cui ha assistito e le parole che ha ascoltato… Gesù si ferma, si gira e guarda: cerca i cuori, non gli importano le chiacchiere, gli applausi, neppure il successo. Cerca i cuori dei dodici apostoli, ma gli sarebbe bastato anche un cuore solo. Gesù adesso si volta e guarda ciascuno di noi. Gli basterebbe un cuore, il cuore di uno di noi che gli dica: «Ti voglio bene». Gesù aggiunge parole molto forti: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14,26). Non intende ingaggiare una competizione per escludere qualcuno. Gesù non dice di amare meno gli altri, dice di amare di più lui. Se noi amiamo lui di più, perché lui è Dio, allora il suo amore scende e rende puro, bello, luminoso l’amore per i familiari, gli amici, i fratelli, tutte le persone. Gesù propone non una sottrazione di amore, ma un amore più grande.
Se chiediamo ad un bambino: «Quanto vuoi bene alla mamma?», sa che nel vocabolario non c’è una parola adatta per esprimere tutto l’amore che prova, allora stende le braccia per dire un bene immenso. Gesù dice: «Se quella è una misura immensa, ti chiedo di amare ancora di più».
Aggiunge poi un’altra frase: «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (Lc 14,27). Noi oggi portiamo la croce al collo, piantiamo la croce sulla vetta dei monti, è un simbolo nobile, ma al tempo di Gesù era terribile nominare la croce, era come parlare di ghigliottina, di sedia elettrica, ecc. Portare come lui la croce significa caricarci di quella porzione di dolore che ogni amore comporta. Quando si vuole bene fino in fondo ad una persona, per lei si è pronti a tutto: è una legge della vita. All’amico cui vuoi bene fai spazio nel tuo cuore, lo svuoti perché sia più accogliente.
Un esempio per i ragazzi. Ad un amico piaceva tanto fare zapping al televisore, lo faceva tutto il giorno, ma la sera, quando arrivava a casa il papà, rinunciava al telecomando per lasciargli guardare il programma che preferiva. Quel ragazzo voleva bene al papà coi fatti, non a parole; ad amare c’è sempre una piccola o grande porzione di dolore. Gesù ci chiede, anche per amare lui, una dimostrazione che può passare attraverso una fatica, una rinuncia, un dolore.
Qual è, in pratica, il centro di questa pagina di Vangelo?
Gesù dice che per vivere questi insegnamenti bisogna fare una cosa molto semplice: «Se vuoi vivere così, siediti e fai i tuoi calcoli» (cfr. Lc 14,28-33). Intende dirci che occorre fare una scelta che sia pensata. “Sedersi” vuol dire fare tesoro di quanto propone Gesù, ascoltare i maestri, pregare, prepararsi alle sfide che dobbiamo affrontare, fare calcolo e tesoro dello Spirito Santo che abbiamo ricevuto.