Omelia nella XXXII domenica del Tempo Ordinario

Perticara (RN), 8 novembre 2020

Festa di San Martino

Sap 6,12-16
Sal 62
1Ts 4,13-18
Mt 25,1-13

È un racconto di nozze rocambolesco: c’è molto movimento. I personaggi fanno tutti una “magra” figura, compreso lo sposo: come si fa ad arrivare alla festa così tardi? Brutta figura fanno le damigelle del corteo, che si addormentano. Brutta figura fa una parte di loro che sbadatamente non ha preso l’olio per alimentare le lampade. Altrettanto le altre cinque che, alla richiesta di aiuto, rispondono: «Andate a comprarvene». Poi quella porta che si chiude, sprangata, e le parole finali: «Chi siete? Io non vi conosco». Tali parole ricordano quelle di Pietro che, durante il processo a Gesù, a chi gli dice: «Anche tu sei di quelli… la tua parlata ti tradisce», risponde: «Io? Non conosco quell’uomo» (cfr. Mt 26,72-73). Come mai ci sono risvolti così poco edificanti in questa parabola? Gesù vuole la nostra attenzione, vuole creare interesse: c’è in ballo un annuncio decisivo.
Un elemento importante della parabola è l’olio delle lampade. L’olio è segno non solo di qualcosa di simbolico, ma anche di ciò che dev’essere acquistato a caro prezzo, con la fatica quotidiana e la laboriosità. Molto significativo per illuminare questa parabola (c’è solo nel Vangelo di Matteo) è l’ultimo brano del libro dei Proverbi, quello dedicato alla “donna forte”. L’inno dice che la donna è soddisfatta perché i suoi affari vanno bene e aggiunge: «Non si spegne mai, né di giorno né di notte, la sua lampada» (Prv 31,18). Probabilmente l’evangelista Matteo pensava proprio a questa donna del libro dei Proverbi; una donna che si alza di buon mattino e va tardi a dormire, che pensa al bene del marito, dei figli e anche a quello dei poveri, che compra i beni più preziosi, come i tappeti e la porpora, e li conserva con parsimonia. Questa donna, a parere di molti studiosi della Bibbia, è figura della sapienza stessa, è la Sapienza personificata, mentre l’olio conservato nella sua lampada è il concentrato di questa capacità sapienziale di gestire la vita. La sapienza non è una cosa che si fabbrica e nemmeno che si trova per strada, ma va ricercata con pazienza e con tenacia, nel posto giusto e al tempo opportuno. Ecco perché le vergini sagge dicono: «Andate piuttosto dai venditori e compratevene». Le sagge, infatti, sono tali perché mettono in atto le regole della sapienza, che è sempre attiva e concreta. In altre parole, abbiamo un’idea simile a quella della parabola che chiude il primo discorso di Gesù, il discorso della montagna, con il binomio saggezza/stoltezza. L’uomo sapiente è quello che costruisce la casa sulla roccia, quello stolto è quello che costruisce sulla sabbia (cfr. Mt 7,24-27). Ecco allora il grande invito che ci viene dal Vangelo oggi: essere in attesa del Signore che viene all’improvviso, nutrire la lampada. La lampada è simbolo della saggezza che oggi ha il nome della speranza. Come Diocesi quest’anno ci siamo dati come programma la missionarietà, l’essere testimoni. Nel momento della elaborazione del programma come slogan che trasmetta questa idea è stato scelto: «Essere speranza in un mondo ferito». Essere speranza, farci speranza, tenere accesa questa lampada, in famiglia, attorno a noi, con le persone che incontriamo. Mi colpiscono altri dettagli nella parabola. Gesù dice: «Il Regno di Dio è simile a dieci ragazze nella notte…». Quelle dieci ragazze siamo noi, chiamati a mantenere viva nelle nostre relazioni la speranza. Cosa c’è di più fragile di dieci ragazze nella notte? Il Regno di Dio è apparentemente una cosa fragile, come siamo noi, non è eclatante, non attira sguardi. Gesù l’ha paragonato anche ad un seme caduto per terra, a buon grano insidiato dalla zizzania, ad un tesoro nascosto. Ecco la speranza, una lampada con la quale raccontiamo il Signore che non ci abbandona e «che viene». Viene con la sua grazia, viene nella sua Parola, viene nei Sacramenti. L’olio che nutre la speranza è la preghiera, è l’ascolto della Parola, è soprattutto l’Eucaristia. Vi auguro di essere lampade che ardono, lampade viventi della speranza.