Omelia nella XXXIII domenica del Tempo Ordinario

Scavolino (RN), 8 novembre 2020

Giornata del Ringraziamento

Pr 31,10-13.19-20.30-31
Sal 127
1Ts 5,1-6
Mt 25,14-30

C’è un padrone che parte per un lungo viaggio. Ritornerà. Prima di partire affida ai suoi servi i tesori più grandi. L’evangelista Matteo è molto meticoloso quando parla di monete e di denari (faceva l’esattore delle imposte, quindi è piuttosto esperto!). Parla di una fortuna iperbolica che il padrone dà ai suoi servi. Il talento non è una moneta, ma un’unità di misura: un talento equivale a circa a 30/40 chilogrammi di oro (l’equivalente di vent’anni di lavoro!). Il padrone dà cinque talenti ad uno, due talenti ad un altro ed un solo talento ad un terzo servo. Otto talenti sono almeno 250 chilogrammi di oro: pensate che fiducia, che stima e che coraggio ha quel padrone!
Dopo molto tempo – dice la parabola – il padrone tornò. Il genere letterario “parabola” contiene esagerazioni volute dal narratore per attirare l’attenzione, per provocare. A volte Gesù dice: «Che ve ne pare?». E trapunta le parabole con questo interloquire diretto; vuole che si partecipi, ci si stupisca, ci si indigni persino!
Usciamo dalla parabola. Entriamo nella vita. Ci sono tre modi di leggere la parabola. Nel primo modo ci si ferma sul talento. La parola “talento” viene a significare le qualità di una persona: questa è la lettura esistenziale. Allora si dice che bisogna non sprecare i propri talenti. C’è, poi, una interpretazione ecclesiale: il signore che è partito per il lungo viaggio è Gesù e i servi siamo noi, la Chiesa. Che ne facciamo dei doni e delle responsabilità che ci ha affidati? Inoltre, c’è un’interpretazione escatologica, proiettata sul futuro: quando il Signore ritornerà vi sarà un giudizio: come abbiamo vissuto il tempo dell’attesa?
L’ultimo dei servi si dimostra in difficoltà con la sua fede. Ha paura di Dio e glielo dice con schiettezza: «Tu sei un uomo duro, raccogli dove non hai seminato, io ho avuto paura… Non mi è rimasto altro che sotterrare il talento che mi hai dato, l’ho lasciato sottoterra, ora te lo riconsegno. Non ho rubato!». Il padrone risponde che ha fatto troppo poco… Ed è seccato che quel servo abbia un’idea così sbagliata di lui. Quel padrone, prima di andare via per il suo viaggio, ha lasciato tutto. Ha avuto una grande fiducia. C’è poi un dettaglio importante: egli ha lasciato ad ognuno secondo le capacità. Non ha pretese; sa chi ha spalle per fare di più e chi è più gracile, come l’ultimo servo, al quale non impone un peso e una prova al di sopra delle sue forze. Nel cantiere della vita ognuno di noi deve sentire tutta la stima, tutta la fiducia di Dio Padre. Capita anche nei rapporti tra noi: se diamo fiducia ad una persona, se la stimiamo, quella persona si apre, sboccia, cresce. Ma se non le diamo fiducia, non crediamo alle sue possibilità, come fa quella persona a credere in se stessa? Chi fa il maestro, chi è datore di lavoro, chi è una persona di riferimento istituzionale deve dare fiducia per far sbocciare pienamente le persone che gli sono affidate. Un po’ come avviene alle piante.
Questa parabola è adattissima alla Giornata del Ringraziamento che celebriamo oggi. La tentazione è di lasciare a riposo la Creazione. Il Signore ci ha affidato la Creazione per farla germogliare e crescere. In questo momento difficile la preghiera ci aiuta ad essere forti, intraprendenti, caritatevoli, fraterni. Ma dobbiamo credere nella scienza e nelle capacità che il Signore ci ha dato. Ci ha dato cuore, intelligenza e mani giunte. Tutt’e tre sono indispensabili. Non credo che basti fare processioni per fermare il contagio; si deve studiare per trovare l’antidoto: non lasciare a riposo la Creazione. Il Signore vuole che collaboriamo con lui.
Il Santo Padre papa Francesco ci richiama continuamente ai grandi temi della “casa comune” e della fraternità. Ci parla di “ecologia integrale”, di “mistica della fraternità” e di “sviluppo sostenibile”.

  1. Ecologia integrale, nella quale si uniscono la bellezza del territorio e i legami sociali: la terra è la “casa comune” e l’umanità la grande famiglia dei popoli. Ci sono tre “no” che dobbiamo dire: no agli sprechi e alla dispersione; no alle disuguaglianze; no all’inquinamento. Senza acqua non c’è futuro. «L’acqua – dice il Papa – per molti è un bene inesauribile, ma non è così. L’acqua non è inesauribile».
  2. Mistica del vivere insieme: fare della fraternità universale la forma autentica della socialità. Quindi accoglienza e reciproca integrazione delle differenti culture.
  3. Sviluppo eticamente sostenibile, con scelte coraggiose e innovative, non soltanto sul piano tecnologico e gestionale, ma soprattutto sul piano sociale e politico.

Dopo questo incontro rinnovo con voi l’impegno nel campo educativo. Che le nostre parrocchie, i nostri gruppi, sappiano educare alla giusta consapevolezza delle sfide del tempo presente e a nuovi stili di vita.