19 maggio – Anima dell’anima

Diamo la parola ai due apostoli che portano un nome greco: Filippo e Andrea. Vengono dalla Galilea, territorio di confine, luogo di incontro fra culture diverse: ebraica, ellenistica e fenicia. Per la loro provenienza possono fare da intermediari tra Gesù e i lontani. Il Vangelo ci racconta che un giorno dei greci sono andati da Gesù, lo volevano incontrare, ma non osavano: forse erano intimiditi (ma Gesù non credo facesse soggezione); o forse avevano paura di farsi vedere (parlare col Maestro era compromettente); probabilmente non conoscevano l’aramaico, la lingua parlata da Gesù. Filippo e Andrea conoscevano il greco e si offrirono come interpreti: Filippo andò a dirlo ad Andrea e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Dopo questa concitata anticamera finalmente quei greci furono ammessi al colloquio con Gesù.
Filippo è l’apostolo che fa a Gesù una domanda decisiva durante l’Ultima Cena, quando dice: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gesù gli risponderà: «Filippo, da tanto tempo sei con me, non hai capito che chi vede me, vede il Padre?».
Ascoltiamo Filippo: «Quando Dio creò l’uomo lo plasmò con polvere dal suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente». L’alito di vita non è altro che una effusione dello Spirito Santo. Ogni uomo che viene al mondo è animato dal Soffio di Dio, direttamente. Questa verità è stata intuita anche dal mondo greco e dai suoi filosofi. Dunque, lo Spirito Santo è uno Spirito effuso dall’inizio nell’uomo.
Alcuni filosofi dicevano che l’anima è come una scintilla divina, una luce immortale che tiene vivo il corpo. A sua volta, questa scintilla è imprigionata nel corpo, come in una caverna, ed è causa di una divisione, un dualismo, che ognuno di noi sperimenta psicologicamente, tra la carne e lo spirito.
L’esistenza di un principio spirituale è stata intuita anche dai poeti: «Stirpe divina noi siamo», hanno scritto. Per questo, forse, i greci hanno raffigurato i poeti come ciechi, per dirci che sanno vedere l’invisibile e che «l’essenziale non si vede bene che con il cuore», come dirà uno scrittore moderno.
«La tua esposizione, Filippo, è molto chiara. Lo Spirito Santo è dentro di noi, è quella scintilla divina che ci è stata comunicata. Però, molti hanno smarrito la dimensione spirituale: c’è chi ha una cura eccessiva per il corpo e non sa andare al di là del benessere fisico; c’è chi non ha alcuna cura dell’anima e delle virtù che la rendono nobile; c’è chi disprezza la vita fisica sottoponendola a dura prova e non crede più che ha origine nello Spirito di Dio: per questo uccide, non rispetta il corpo o lo esibisce senza pudore. Alcuni pensano che la vita sia esclusivamente nelle loro mani: decidono la soppressione di un essere umano nel grembo della madre o sul letto di ospedale quando è ammalato o vecchio, pensando di compiere un atto di pietà o di coraggio. Agli uomini del nostro tempo occorre gridare di nuovo il vangelo della vita. La vita è un dono di Dio, sempre; la vita, nella sua radice più profonda è un raggio dello Spirito. La vita è splendore di Spirito Santo, segno della sua presenza nell’uomo.

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Per la giornata di domani propongo questo pensiero: non contristare lo Spirito Santo che vive in ciascuno di noi e nel prossimo. Vivere la giornata sempre in accordo con Lui dentro di noi.
Continuiamo il gioco del “prediletto” della Madonna nella nostra famiglia.