Veglia per la Vita Nascente

Omelia nella XXX domenica del Tempo Ordinario

Serravalle (RSM), 25 ottobre 2020
 

S.Cresime

Es 22,20-26
Sal 17
1Ts 1,5-10
Mt 22,34-40

Quella che abbiamo ascoltato è la terza insidiosa disputa che i farisei, erodiani e sadducei fanno contro Gesù. Sulla scena appare uno “specialista della Legge”, che chiede a Gesù: «Qual è il comandamento più grande?». Per capire l’insidia, occorre sapere che i maestri avevano scremato dalle Sacre Scritture 613 precetti: 365 erano divieti («non fare…»), 248 erano ingiunzioni («fa’ così…»). C’erano due scuole di pensiero. Una diceva: «Il precetto più piccolo ti stia a cuore come il precetto più grande». Un’altra scuola aveva costruito una sorte di piramide: in cima il comandamento più importante, poi via via quelli di importanza minore, fino alle regole minime. Chiedendo a Gesù qual è il comandamento più grande, si fa in modo che si sbilanci per l’uno o l’altro insegnamento. Gesù spiazza i suoi ascoltatori: «Il comandamento è uno: amerai»; un verbo al futuro, come a dire che non si finisce mai di amare. Una frase di sant’Agostino lo esprime benissimo: «Quando dici basta, sei finito» (Sant’Agostino, Sermo 169, 15 [PL 38, 926]). Amerai perché sei stato amato. Può esserci qualcuno che non si è sentito amato dai suoi, ma alla radice tutti siamo stati pensati, desiderati, voluti, creati da un Dio amante della vita, che ama immensamente. Quando si producono oggetti può darsi che il prodotto venga difettoso e sia scartato, ma non ci sono scarti nella creazione di Dio. Nessuno può dire che non vale la pena esistere. Dio non fa scarti. Tu sei stato amato, dunque amerai. Dicendo così, Gesù non dice che i 613 precetti sono da buttare… Ci sono regole nella vita. Gesù va all’essenziale, semplifica, ma non riduce la tensione morale. Radicalizza le esigenze della Legge, mobilita tutto l’uomo: cuore, anima, mente. E in maniera integrale: tutto il cuore, tutta l’anima, tutta la mente. È un appello alla totalità. Amare senza misura è difficile, ma è la nostra vocazione. Siamo stati creati per amare, abbiamo questo DNA spirituale che ci determina. Più amiamo, più ci realizziamo; quando si ama, si è profondamente felici.
Nella risposta di Gesù allo specialista della Legge troviamo un altro motivo che manifesta l’originalità del cristianesimo. Gesù dice: «Amerai Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente». Poi aggiunge: «Il secondo precetto è identico al primo: “Ama il prossimo tuo come te stesso”». Questa è l’originalità di Gesù. Tutte le religioni e tutte le filosofie conoscono l’amore per la divinità; tutte le religioni e tutte le culture conoscono l’amore al prossimo, ma i due amori sono disgiunti. Invece Gesù li unisce. Allora capiamo l’insidia della domanda dello specialista della Legge, perché a volte nella vita capita di essere di fronte a scelte che attraggono ugualmente. Faccio un esempio. Stasera dico il Rosario e in tv c’è una partita di calcio. Che fare? Un sacerdote è uno specialista del Rosario… Dopo una giornata di lavoro un’oretta di relax in compagnia è piacevole. Per Gesù non è importante il Rosario e non è importante la partita, è importante che io ami, che quella scelta sia qualcosa di autentico. Questo è un esempio banale, ma a volte capita che ci si senta in tensione fra due fedeltà, la fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo. Gesù ha unito i due comandamenti, per cui quando amiamo compiamo un atto di culto, quando facciamo un atto di culto facciamo un atto di amore per gli altri: i due atti sono fusi insieme. Anche il lavoro può essere preghiera. E la preghiera può essere “anima” per le nostre responsabilità. Quando vado a confessarmi, lo faccio anche per il mio popolo, perché siamo un corpo solo: se entro nella luce del Signore, tutto il corpo è illuminato. Ciascuno di noi deve vivere il culto, la preghiera, con questo spirito aperto, universale. In pratica, però, si trova tempo sia per dire il Rosario che per guardare la partita, si trova tempo per andare a trovare una persona ammalata e tempo per andare a Messa, basta organizzarsi.
Cari ragazzi, tra poco vi farò delle domande, perché oggi riceverete il sacramento della Confermazione. Vi chiederò se rinunciate al diavolo e al peccato. Risponderete con forza: «Rinuncio». Poi vi chiederò se credete: in Dio Padre, in Gesù e nello Spirito Santo, nella Chiesa. E voi direte: «Credo». Poi, con molta emozione, insieme a don Simone, stenderò le mani su di voi perché scenda lo Spirito del Signore. Infine, ungerò la vostra fronte con un profumo. Si chiama Crisma: è simbolo dello Spirito di Gesù, che non vediamo, non tocchiamo, ma di cui sentiamo la fragranza. Rimarrà un po’ di umido per qualche minuto, poi evaporerà, ma il bacio che Gesù vi dà rimarrà per l’eternità. Anche se un giorno farete degli sbagli, sappiate di essere amati. Vi darò anche un piccolo schiaffo, per dire: «Cara ragazza, caro ragazzo, ora tocca a te. La comunità ti considera adulto nella fede».

5° Forum del dialogo

VENERDI’ 23 E SABATO 24 ottobre si studiano
“Ambiente e cambiamenti climatici” nel 5° Forum del Dialogo

Tutto è pronto per la 5° Edizione del FORUM del DIALOGO, dedicato ad un tema di grande attualità come “Ambiente e Cambiamenti climatici”. Siamo così in piena sintonia con le prime quattro edizioni, sempre impegnate su temi che segnano la società di questi tempi e le emergenze che l’uomo moderno deve affrontare. In concomitanza con la difficile pandemia in atto ,il 5° Forum vuole contribuire a portare a San Marino, e nei 15 Comuni italiani che hanno aderito, conoscenze più rigorose, opportunità di studio e di riflessioni, come collaborazione a quanti già stanno prodigandosi a studiare soluzioni e proposte operative.

La piccola Repubblica di San Marino ha fatto sue queste esigenze, accettando di buon grado a lavorare  per migliorare, curare ed educare  al rispetto dell’Ambiente.

Per fare questo, il Forum ha chiamato esperti e ricercatori di cinque Università italiane ed europee, disponibili a portare sul Titano, e per quanti parteciperanno, i risultati più recenti della ricerca scientifica.

Interessa a molti oggi conoscere le cause e gli effetti dei cambiamenti climatici, ma anche le prospettive possibili per la “cura dell’ambiente”. E’ quanto ci aspettiamo dal CNR e dalla eccezionale ricchezza del suo patrimonio culturale, con l’intervento del prof. Sandro Fuzzi che si preannuncia ricca di argomentazioni.

Così sarà per i contenuti scientifici di esperti italiani e internazionali che stanno studiando la situazione dell’Antartide con tutte le curiosità che riguardano gli effetti biologici dei cambiamenti climatici su quella zona. Ce ne riferirà il prof. Gianfranco Santovito, dell’Università di Padova e componente della spedizione italiana nell’Antartide. Il tema si presenta molto attrattivo per capire anche le differenze che segnano la vita  dell’Artide e quella dell’Antartide in questi tempi di veloci trasformazioni, L’Artide, si sa, è un oceano circondato da continenti e l’Antartide è un continente circondato dall’oceano.

Per collocare questi argomenti nella vita quotidiana e conoscere i rischi ambientali, non poteva mancare un intervento di respiro europeo all’insegna degli aspetti giuridici e operativi del climate change, come ci farà capire la prof. Alessandra Donati dell’Università di Lussemburgo.

Il suo intervento diventa un’ottima occasione per suggerire processi e indicazioni alle politiche di interesse ambientale, come San Marino vuol fare con l’istituzione di un “tavolo per lo sviluppo sostenibile”, già all’opera. Come in tutti i meeting, i partecipanti si attendono anche preziosi suggerimenti di comportamenti coerenti con la consapevolezza della grave crisi ambientale che viviamo e con la volontà di molti di affrontare i problemi, senza più rinviarli.

Ci penserà il prof. Marco Grasso, dell’Università di Milano Bicocca, a proporre una “bussola” di comportamenti per affrontare le azioni di sostenibilità nella giusta valutazione della crisi ambientale che stiamo vivendo. Si pensi, ad esempio, alle reali difficoltà per il mondo aziendale che si trova oggi nella necessità di ripensare i suoi processi produttivi, specialmente per quelli che generano forti emissioni di inquinamento o forti consumi energetici.

Sarà invece il prof. Claudio Stercal, dell’Università Cattolica, a sintonizzare i temi del Forum con il pensiero e l’azione di Papa Francesco nella sua coraggiosa enciclica “Laudato si’”, nella quale guarda all’ambiente come si guarda ad un “social di Dio”, in un coraggioso processo di “ecologia integrale”. Per evitare, però, facili allarmismi e un noncurante negazionismo,  il Forum ha affidato a noti studiosi  di venire a proporre conoscenze rigorose e proposte fattibili.

Può essere una buona occasione per rinforzare il ruolo che vuole assumere San Marino come “crocevia internazionale di dialogo con i problemi del nostro tempo”, come ci diranno le numerose esperienze presenti al 5° Forum.

Saluto al Convegno diocesano delle Famiglie

Piattaforma Zoom, 18 ottobre 2020

Sono grato per queste tecnologie che mi consentono di fare famiglia insieme con voi. Il mio cuore si sente legato a ciascuno di voi.
Mi inserisco brevemente nel vostro Convegno con due sottolineature. La famiglia evangelizza, è missionaria, anzitutto per quello che è; poi, evangelizza ed è missionaria per quello che fa.
La famiglia evangelizza anzitutto per quello che è. La famiglia è un’immagine della Trinità: come nella Trinità Santa le persone si amano e si donano reciprocamente. I Padri della Chiesa usano una parola per descrivere la Trinità che, per analogia, applico anche alla famiglia: la parola pericoresi, che significa “danza”, dove l’uno si dà all’altro, riceve l’altro, dove uno con la sua povertà arricchisce l’altro e viceversa. La famiglia evangelizza essendo relazione sempre più vera, sempre più concreta.
La famiglia evangelizza anche con quello che fa. Metto subito avanti una preoccupazione: che il fare non diventi attivismo, che non diventi una scusa per uscire dalla famiglia, per cercare compensazioni. L’esser parte di una squadra sportiva o il far parte di un gruppo in parrocchia non deve mai essere qualcosa che sottrae dalla casa, dalle proprie responsabilità familiari.
La famiglia sa quali sono i suoi compiti: in primis suscitare vita, non semplicemente in senso biologico, ma nel senso di “prendere dentro” la vita, essere una famiglia aperta. I figli possono aiutare tantissimo in questo. La famiglia ha il grande compito di trasmettere la fede. La famiglia è un luogo dove i valori vengono trasmessi senza troppe mediazioni, dove la fede viene comunicata con gesti semplici e con scelte coerenti.
Tutto quello che una coppia fa per essere più unita, per avere una maggiore intesa, non è sottratto agli altri componenti della famiglia. Avviene come nell’arco voltaico: quando i due poli si avvicinano fanno luce, così una coppia che vive intensamente la relazione diventa luce per tutti quelli che sono nella casa e per tutti quelli che sono attorno a quella casa. Famiglia, diventa sempre più quello che sei!
Buon incontro!

Omelia XXIX domenica Tempo Ordinario

Dogana (RSM), 18 ottobre 2020

S. Cresime

Is 45,1.4-6
Sal 95
1Ts 1,1-5
Mt 22,15-21

Tenete conto, ragazzi e adulti, che siamo nel Cenacolo. Lo Spirito del Signore mette nel nostro cuore non parole, ma sentimenti di fede, desideri di essere come ci vuole Gesù.
Per capire questa pagina di Vangelo bisogna avere chiaro il quadro della società e della cultura al tempo di Gesù. La Palestina è una provincia dell’Impero Romano. Da una parte c’erano i Romani con l’imperatore. Cesare è il nome del primo degli imperatori, appellativo che i successori si attribuiranno (anche l’imperatore del Sacro Romano Impero si chiamerà “Cesare”, in tedesco “Kaiser”, in russo “Zar”). In questo contesto, quando diciamo “Cesare” intendiamo il potere costituito. Dall’altra parte, nella società giudaica, c’erano i farisei, gli scribi, i sacerdoti, che mal sopportavano la presenza dei Romani. C’era poi un gruppo, gli Zeloti, che erano agguerriti contro i Romani. Spesso, come in questo caso, i farisei e gli scribi si servono degli Erodiani, vicini al re Erode, un re “fantoccio”, subalterno ai Romani. Si vuole mettere in difficoltà Gesù: questa è la prima di quattro inchieste: «Chi comanda in Palestina? Comanda l’imperatore o comanda Dio?». Era una domanda cattiva, perché costringeva Gesù a prendere una posizione. Se avesse detto: «Comandano i Romani», gli Zeloti si sarebbero infuriati. Se invece Gesù avesse detto il contrario, avrebbe delegittimato l’occupazione straniera. Gesù dà un colpo d’ala al discorso: «Restituite a Cesare quello che gli compete». Non “dare” a Cesare, ma “restituire” a Cesare quello che è di Cesare (è così nella lingua greca). Che cosa dà Cesare? Le strade, gli ospedali, le scuole, le palestre… Gesù dice: «Pagate le tasse; se siete miei discepoli non potete essere “ladri” usando il bene comune senza contribuire». Poi, Gesù dice: «Restituite a Dio quello che è di Dio». A Dio appartengono il nostro cuore, la nostra intelligenza, la nostra volontà, la nostra persona. Nessuno può pretendere di possedere un altro, di usarlo come gli pare e piace, perché noi apparteniamo al Signore. Siamo figli. Ad un certo punto Gesù dice: «Datemi una moneta». Il tributo era, in fondo, una cifra risibile. A Gesù viene data la moneta ed egli dice: «Di chi è l’immagine?». «Di Cesare». «E l’iscrizione?». Dietro la moneta c’era scritto: «divino imperatore». Gesù ridimensiona subito: di divino c’è solo Dio. Lui è la divinità. In questo momento Gesù dice a tutti noi, in modo particolare a voi che state per ricevere la Cresima: «Avete impresso nel vostro cuore l’immagine di Dio». Dio ci ha creato «a sua immagine e somiglianza» (Gn 1,26). L’iscrizione che portiamo è quella del santo Battesimo. Da quando siamo stati battezzati quell’immagine è stata rinnovata: siamo tesoro di Dio, la sua moneta preziosa, una moneta viva, che vale molto più dell’oro e dell’argento: «Tu sei prezioso ai miei occhi – dice il Signore – e io ti stimo (cfr. Is 43,4)».
Cari ragazzi, tra un istante vi chiederò se siete disposti davvero a credere in Dio, in Gesù, nello Spirito Santo, nella Chiesa. Risponderete forte e chiaro: «Credo». Poi stenderò le mani su di voi: un gesto antico, carico di significato, per chiedere allo Spirito di Dio di scendere su di voi. Lo Spirito verrà con i suoi doni, che ben conoscete. Dopo passerò da ciascuno di voi intingendo il pollice su un profumo mescolato con olio, il crisma (da cui la parola “Cristo”, “cristiano”, che vuol dire “unto”, “profumato”) e traccerò sulla vostra fronte un segno. Sentirete subito il profumo; poco dopo non sentirete più la sua fragranza, ma il segno rimane, invisibile e incancellabile, paragonabile ad un bacio che Gesù Cristo imprime sulla vostra fronte. Domattina, svegliandovi, ricordate il bacio di Gesù: un bacio vale più di molte parole.
Vi darò poi un piccolo “buffetto” per dire: «Tocca a te, cammina!». Quel gesto mi fa pensare alla pagina della Bibbia che racconta la storia di Sansone. Ci voleva un assalto definitivo contro i Filistei. Sansone cattura delle volpi, le chiude in un serraglio, ad ogni coda lega una torcia, dà fuoco alla torcia e spalanca le porte del serraglio. Le volpi partono a tutta velocità e vanno ad incendiare i campi di grano dei Filistei (cfr. Gc 15,4-8). Ovviamente l’incendio a cui vorrei invitarvi è un incendio d’amore, di bontà… a scuola, in palestra, in famiglia. Senza farsi vedere: «Non sappia la destra quello che fa la sinistra» (Mt 6,3). Mi incanto al pensiero di vedere voi ragazzi come dodici volpi che verranno sguinzagliate e accenderanno di amore chi incontreranno. Ricordate il detto di Gesù: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49). Il fuoco dell’amore.

Intervento in occasione della Veglia missionaria diocesana

Chiesanuova (RSM), 16 ottobre 2020

C’è una parola, che forse non avete mai sentita, molto importante nella teologia e nelle catechesi dei Padri della Chiesa. Più si va indietro nel tempo più ci si avvicina alla sorgente che è il Nuovo Testamento, che sono gli apostoli, la Chiesa degli inizi. Questa parola è stata tradotta e viene espressa con sinonimi: relazione, rapporto, unità. Però la parola greca è molto più suggestiva: pericoresi, cioè “danza”. Dio è “pericoresi”, cioè unità di tre Persone uguali e distinte. Le tre Divine Persone danzano – la danza è movimento, esprime gioia, coinvolge tutto l’essere – l’una dentro l’altra, l’una con l’altra, l’una per l’altra, al punto da essere una cosa sola: Dio Trinità d’amore. Provenendo dalla tradizione politeista romana e greca, siamo sempre stati prudenti nel parlare della Trinità. Ci hanno insegnato il segno della Croce: Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, ma non siamo stati educati ad un rapporto differenziato con le tre Divine Persone. Le tre Divine Persone sono così unite, così “amanti” l’una dell’altra, che non facciamo torto a nessuna delle tre se ci rivolgiamo a volte a una e a volte all’altra. Le tre Divine Persone, proprio perché la danza è esuberante, infinita, straripante, decidono di creare: tutt’e tre le Divine Persone creano. Quando l’uomo si perde, le tre Divine Persone inviano il Verbo. Il Verbo viene in mezzo a noi a prenderci per mano affinché entriamo anche noi nella danza con “i Tre”. Gesù è missionario perché mandato dal Padre e dallo Spirito per venire ad ingaggiarci in questa danza, nella pericoresi. La vita cristiana è questa. Poi Gesù manda lo Spirito. Noi, adesso, siamo nel tempo dello Spirito, che è anche tempo di Gesù, che è anche tempo del Padre.
Come vorrei una Diocesi tutta missionaria! Guardando e contemplando questa nostra vocazione, dobbiamo essere affascinanti, gioiosi, nonostante i dispiaceri, e invitare chi ci sta attorno a questa danza.
Per fare una Diocesi missionaria bisogna che ognuno sia missionario. Per cominciare, sarete missionari se la prossima volta che fate la Comunione presentate a Gesù il grappolo di persone che volete introdurre nella danza, un grappolo di persone da coltivare nel cuore, per cui pregare, a cui stare vicini con un messaggio, un sorriso, una telefonata, una parola buona. Santa Teresa di Lisieux ha preso in cura varie persone. Uno era un condannato alla ghigliottina: ha dato la vita perché si convertisse. Così ha sostenuto un seminarista e un missionario. Teresa, ancor giovanissima, si ammalò di tubercolosi. A volte la malattia le rendeva difficile anche salire i gradini. Allora, ogni passo lo trasformava in un atto di coraggio e di amore per il cammino di quel missionario.
Decidete voi chi è il vostro grappolo, ma non troppo grande!

Discorso al Corso di giornalismo: “Conflitti ed esodi di massa. Il ruolo dei Piccoli Stati tra promozione del dialogo e tutela dei minori”

Fiorentino (RSM), 15 ottobre 2020

Porgo il mio saluto adoperando l’incipit dell’ultima enciclica di papa Francesco: Fratelli tutti (citazione dalle “Fonti Francescane”).
Saluto il Direttivo della Consulta per l’Informazione e tutti i partecipanti a questo Corso di giornalismo dal titolo così impegnativo, stimolante e ampio: “Conflitti ed esodi di massa. Il ruolo dei Piccoli Stati tra promozione del dialogo e tutela dei minori”.
Parto da un’esperienza personale. La prima volta che nella Basilica di San Marino ho celebrato la Messa per l’Insediamento degli Ecc.mi Capitani Reggenti fui colpito dai numerosi partecipanti e dal loro portamento compassato, elegante, attento. Ero in San Marino appena da qualche settimana. Soltanto alla fine della celebrazione ho saputo che i presenti erano i rappresentanti delle Ambasciate accreditate presso la Repubblica di San Marino. Sei mesi dopo, quando ho ripetuto la celebrazione, avevo una consapevolezza diversa che mi ha portato a provare commozione. Avevo davanti a me – per così dire – un bozzetto del mondo unito: la piccola Repubblica di San Marino riuniva insieme rappresentanti di diverse nazioni, rivelandosi capace di relazioni, di ospitalità, di dialogo e di convivialità. L’ho vista con occhi nuovi, come una realtà geograficamente piccola, ma con una grande densità di valori, personalità e stile. Immagino come dietro a quell’appuntamento istituzionale che si ripete due volte all’anno, insieme alla forza della tradizione, vi sia tutta una rete di contatti, di scambi, di mutuae relationes preziosissime, soprattutto oggi.
Da quando siamo entrati nel nuovo millennio sono accaduti eventi di portata mondiale che hanno lasciato tracce profonde nelle biografie personali, ma anche nelle dinamiche sociali, con oscillazioni fra due prospettive: consapevolezza dell’interdipendenza della globalità e tendenza alla difesa dell’identità. Cito tre eventi di questi primi vent’anni del nuovo millennio. L’11 settembre 2001 ci ha costretto a mettere a tema la questione del rapporto fra le culture. Si parlava di “scontro di civiltà”.  Con la crisi finanziaria del 2008 si è toccata con mano l’interdipendenza economica, il ruolo dei poteri forti nel determinare l’economia dei singoli paesi. Ora siamo coinvolti a livello planetario dalla pandemia. «Siamo tutti sulla stessa barca», ha detto papa Francesco nel celebre discorso del 27 marzo. A proposito di navigazione, di barche e di rotte verso l’Europa penso all’evento epocale che sono le migrazioni…
Siamo alla ricerca di un equilibrio fra riconoscimento dell’autonomia individuale, della libertà e dell’autodeterminazione da una parte e, dall’altra parte, le esigenze derivanti dall’appartenenza ad una nazione, ad un popolo, ad un gruppo. In questo contesto mi faccio attento – è un’autorità riconosciuta, mondiale – al pensiero di papa Francesco che sta aiutando a definire una grammatica delle relazioni sociali. No ad una società chiusa in se stessa, individualista, no al globalismo dominato dalla finanza. Il mondo porta in sé la vocazione all’unità: «Tutto è collegato» (Laudato si’, 91). «Siamo un’unica umanità, come viandanti, fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi» (Fratelli tutti, 8). Quando scrive la Laudato si’, anche nell’ambiente della Chiesa c’è chi sussurra: «Il Papa deve parlare di Dio!». In realtà la Laudato si’ è un testo di teologia e di antropologia: è l’uomo che viene messo in relazione con Dio, la creazione con il Creatore. Il Papa ribadisce tre principi fondamentali (preferirei chiamarli tre proposte esperienziali, anziché principi).

1. Siamo in relazione. Non possiamo non esserlo: la relazione è costitutiva del nostro essere. Relazione con gli altri, con l’ambiente, con il cosmo e con l’Oltre (Dio). Si parla di “creato” e l’allusione è evidentemente al Creatore. Sembra un discorso ovvio, eppure tante volte l’abbiamo dimenticato, affermando che esiste un “io” a prescindere, un “io” del tutto autonomo e indipendente. Ce lo ricorda l’ombelico: noi siamo stati in relazione ancor prima di nascere. Possiamo esistere solo dentro a reti di relazione. Un giorno chiesi a bruciapelo ad uno studente di antropologia, mentre insieme stavamo salendo la scaletta per andare al campo sportivo: «Che cos’è l’uomo?». «Un figlio», rispose. Effettivamente non tutti siamo mariti o mogli, non tutti siamo padri o madri, ma tutti siamo figli. Sembra un’osservazione elementare… È la prima evidenza di questa grammatica delle relazioni sociali.

2. Questa relazione dinamica si svolge su tutti i livelli: famiglia, amici, vicini di casa, colleghi di lavoro, ma anche nei mondi culturali, relazioni a cui apparteniamo. Ci sono relazioni digitali che arrivano ad abbracciare il mondo intero, relazioni gioiose, liberanti e altre che sono faticose e subite. Tutto questo lo viviamo adesso in una sorta di vortice. Abbiamo bisogno di limiti, di confini, di disciplina per arginare intemperanze e condizionamenti, ma soprattutto abbiamo bisogno di prenderci cura delle relazioni in profondità.
Narro ancora una esperienza tratta dall’ambito che mi appartiene. L’anno scorso abbiamo cominciato in novembre a preparare il Programma pastorale della Diocesi. Abbiamo fatto ragionamenti e stilato un cartellone. Non c’è mese senza un convegno, non c’è settimana senza un incontro, non c’è giorno senza un’iniziativa. Quando siamo entrati nel lockdown è stato come se l’inchiostro sul cartellone si squagliasse. Ci siamo chiesti: «Se eliminiamo le iniziative, i convegni, gli incontri è finita per noi?». C’è stato un momento di smarrimento. Siamo stati ricondotti da questa esperienza al silenzio e soprattutto all’ascolto. Ci siamo messi di fronte ad un’icona biblica (Es 3,1-10): il racconto di Mosè davanti al roveto ardente. È un’icona, cioè qualcosa che travalica l’esperienza personale di Mosè. Mosè si era ingaggiato in un’opera di liberazione di sua iniziativa, con criteri suoi, ed era finito in un clamoroso fallimento. Al punto da fuggire; poi prende moglie, ha dei figli, diventa imprenditore a servizio di Ietro, lo suocero. Un giorno vede un roveto che arde senza consumarsi e sente una voce che usa questa grammatica, coniuga questi verbi: Dio osserva l’oppressione che pesa sul suo popolo, ode il suo grido di dolore, conosce la sofferenza dei suoi che vivono nella povertà e nell’umiliazione. Per questo scende ed entra nella storia per intervenire in essa. Ernst Bloch nel libro Ateismo nel cristianesimo (1968) dà una definizione di Dio suggestiva: Dio non è colui che “sta sopra”, ma colui che “cammina davanti”.

3. Nessuna relazione può pensarsi chiusa, cioè indipendente e sganciata da ciò che sta “oltre”. La relazione deve pensarsi aperta anche a ciò che la supera, non solo al pianeta, agli uomini, ma anche al mistero che si spalanca alla coscienza, al senso religioso. Il Papa ci ricorda che questo tipo di ascolto ridimensiona ogni pretesa di assolutezza.
Questa grammatica è importante; spinti dalla pandemia in cui stiamo vivendo dobbiamo ripensare queste relazioni: noi col pianeta, noi con Dio e poi aver cura di queste relazioni. Buon lavoro!

Forum del dialogo

L’ambiente e i cambiamenti climatici saranno al centro della quinta edizione del Forum del dialogo, in programma a san Marino il 23 e 24 ottobre, dopo che il covid ha costretto gli organizzatori a spostare l’evento di oltre sei mesi, da marzo ad ottobre appunto. Non è cambiato però il tema principale, che sarà dunque quello del cambiamento climatico,
con gli ospiti che proveranno a capirne il fenomeno, le cause e le possibili prospettive per uno sviluppo sostenibile. Il Gruppo di lavoro, diretto dal Professor Renato di Nubila ha lavorato alacremente in questi mesi per far sì che la riorganizzazione procedesse senza intoppi. Molto attesi sono gli interventi di relatori di alto profilo scientifico come Sandro Fuzzi (CNR), Gianfranco Santovito (Università di Padova e membro della spedizione in Antartide), Alessandra Donati (Istituto Max Planck di Lussemburgo), Marco Grasso (Università di Milano Bicocca). Anche S. E. il Vescovo Andrea porterà all’assemblea il suo contributo.

È prevista la partecipazione di alcuni Segretari di Stato, di interessanti testimonianze sammarinesi (SUMS, AASS, UGRAA, Green Festival, scuole Medie ed Elementari), riminesi e pesaresi. L’evento ha ricevuto l’altissimo Patrocinio della Reggenza, oltre a quello del Consiglio d’Europa, del Consiglio di Stato, e dell’Ambasciata d ’Italia, oltre che quello della Diocesi di San Marino-Montefeltro.

Una novità di questa edizione è rappresentata dall’adesione di ben 14 comuni delle Province di Rimini e di Pesaro-Urbino che saranno presenti con le loro delegazioni che porteranno i saluti di tutti i comuni aderenti. Come già in passato, il Forum del dialogo si configura come ambito di studio e di riflessione per far arrivare sul Titano idee e risultati recenti sulla ricerca del cambiamento climatico che saranno poi affidati alla società civile e alla comunità politica per trarne opportuni comportamenti operativi.
È l’obiettivo dichiarato del Forum: alimentare una riflessione rigorosa, con un nuovo senso di responsabilità che è il fattore chiave di uno sviluppo consapevole. Obiettivo ben compreso e condiviso da quanti – fra associazioni, enti, aziende – sostengono con generosità il “lavoro volontario” dei diversi operatori impegnati nel Forum.

Simon Pietro Tura

Scarica il Programma completo del Forum

Omelia nella XXVIII domenica del Tempo Ordinario

#FlashdiVangelo

Is 25,6-10a
Sal 22
Fil 4,12-14.19-20
Mt 22,1-14

Con la parabola dell’invito alle nozze si conclude l’insieme delle parabole dette “del giudizio”. E il “giudizio” è questo: tragicamente Gesù viene rifiutato dal suo popolo, ma nasce un popolo nuovo, tale non per l’appartenenza etnica, ma per l’adesione di fede. Ecco il significato profondo di questa parabola. Sottolineo altri due aspetti.
Il primo. L’invito del re è “ad una festa”: spesso viviamo la fede cristiana, come qualcosa di pesante e frustrante, che tarpa le ali. No, è l’invito ad una festa, ad una festa di nozze. Il Signore non tollera che, nella sua casa, ci siano posti vuoti. Si direbbe quasi – consentitemi – che è un inguaribile ostinato: vuole a tutti i costi riempire la sala. Dopo il primo round di inviti, passa al secondo: «Andate nei crocicchi delle strade, fate venire…».  La chiamata è per tutti. Nella libertà. Ma succede che non tutti aderiscono. Gesù non ha mai pensato, mai promesso, che la sua Chiesa avrebbe goduto di chissà quali folle. Dovrà vivere sempre nella logica del lievito.
A proposito di crocicchi delle strade e di persone chiamate, racconto un’esperienza di qualche settimana fa. Avevo dato appuntamento ad un amico che doveva passare a prendermi a San Marino. Mi trovavo ad un incontro in centro storico, dove le auto non possono entrare. Sono sceso alle porte della città per aspettare il passaggio. Quell’attesa si è fatta più lunga del previsto e mi sono messo ad osservare la gente che passava: coppie di fidanzati, mamme con il bimbo nella carrozzella, vigili urbani, ragazzi che portavano le pizze in qualche famiglia con una bicicletta assistita… Vincendo il mio malumore per questa attesa ho iniziato a pensare ad ognuna di quelle persone come amata da Dio. Via via che passavano i minuti, la mia osservazione al crocicchio della strada diventava preghiera. Sentivo che ogni persona era chiamata. Del resto, tutta la Sacra Scrittura la si può leggere sotto la parola “chiamata”, “vocazione”. Non era forse il popolo d’Israele il popolo “eletto”? Gesù, poi, ha promesso il suo Regno agli Ebrei, ai pagani, a tutti… Tutti candidati al suo banchetto!
Concludo con un invito: anche noi abbiamo crocicchi quotidiani dove incontriamo persone e viviamo relazioni. Proviamo ad avere lo sguardo del Padre che veglia, che fa crescere, che accompagna con simpatia, che vuole tutti nella “sala del banchetto”, che non tollera posti vuoti.
Quella sera, tornando a casa, ho scritto sul mio diario alcune frasi che condivido con voi: «Sono anch’io ad un incrocio decisivo per la mia vita: con la mia fretta (non ho mai tempo), con la mia sbadataggine (arrotolato sui miei pensieri non mi accorgo di nulla), con le mie incertezze (libero davanti al bivio delle scelte). Eppure, sono chiamato all’affare più grande: il Regno di Dio! Mi capita di esitare: metto mille scuse, sono troppo impegnato per aver tempo d’ascoltare… Metto perfino il Signore in condizione di non riuscire a combinare un appuntamento con me, perché non trova una data libera sulla mia agenda. Ma è tanto grande il suo desiderio di avermi, anzi, di averci. Neanche Dio può stare solo!».

“Alle prime luci dell’alba”

Il Vescovo Andrea si stupì molto il giorno in cui ricevette una telefonata da parte della Casa Editrice “Effatà”, fortemente radicata nel territorio piemontese, ma in relazione con tutta l’Italia e con il mondo. «Come hanno fatto a scovarmi nella piccola e remota Diocesi di San Marino-Montefeltro?». Superato lo stupore iniziale, il progetto di una pubblicazione di carattere spirituale – la Collana è intitolata: “Il respiro dell’anima” – ha cominciato a prendere forma. Ogni anno mons. Andrea è solito preparare, in prossimità della Pasqua, una lettera indirizzata ai fedeli di San Marino-Montefeltro. Il termine “lettera” non rende ragione delle dimensioni, ma sta ad indicare il genere letterario: non un trattato teologico, non un programma pastorale, ma uno scritto confidenziale e famigliare. I destinatari sono le famiglie di San Marino e del Montefeltro, pertanto raggiunge tante persone, anche di convinzioni diverse.

Il libro che uscirà contiene quattro di queste “lettere”, una sorta di antologia che accompagna il lettore ad un “ritorno alle origini” della propria fede. “Alle prime luci dell’alba” è avvenuto quello che il Vescovo chiama il “Big Bang” della fede cristiana: non avremo di che parlare se non fossimo mai andati al sepolcro il mattino di Pasqua! Tuttavia, spesso capita di non pensarci, travolti dalla velocità delle occupazioni quotidiane o trascinati senza tanta convinzione in abitudini consolidate ma non abbracciate.

Una qualità di mons. Andrea è quella di saper instaurare subito un rapporto “a tu per tu” con il lettore, come esprime – senza tante parole – il suo motto episcopale: «Cor ad cor loquitur (il cuore parla al cuore)». Le parole che scorrono senza sforzo sulle pagine riescono ad entrare fin nelle pieghe nascoste del cuore e fanno riaffiorare la nostalgia di un rapporto, a volte dimenticato, a volte trascurato, sempre da approfondire, con il Dio di Gesù Cristo. «In Gesù che percorre le contrade di Galilea – scrive – Dio si è messo in cammino alla ricerca dell’uomo. Non si isola nel deserto come il Battista. No, il Dio di Gesù va in mezzo alla gente, nei luoghi in cui abita l’uomo, sulle strade di tutte le Galilee del mondo». E aggiunge: «Così, l’uomo qualsiasi, indaffarato nelle sue occupazioni quotidiane, lo può incontrare, inatteso. E quel giorno tutto cambierà per lui».

Ogni “lettera” che il Vescovo scrive alla sua gente costituisce una parte del libro e si può leggere anche a prescindere dal resto del testo: ha una sua completezza in se stessa. Il filo che le collega tutte è la freschezza di un incontro con il Signore Risorto che si manifesta rispettivamente nel Battesimo, nella preghiera, nella Riconciliazione e in Maria di Nazaret.

Qualcuno potrà chiedersi: “Non ci sono cose più urgenti da trattare?”. Stiamo vivendo, a livello mondiale, un periodo di incertezze, sofferenze, confusione e, talvolta, disperazione. In queste pagine si respira la pace di chi sa di essere amato, al di là dei propri limiti e delle proprie fragilità, di chi sa di appartenere a Qualcuno che l’ha pensato ancora prima di nascere. Non abbiamo tutti bisogno di sentircelo dire? «La dichiarazione non aggiunge nulla all’amore, ma è necessaria», spiega il Vescovo Andrea. «Non accade così anche nei rapporti d’amore? Quando l’amore è trattenuto, è sterile. La dichiarazione d’amore porta con sé qualcosa di affascinante, che fa trasalire chi la riceve: “Tu sei speciale per me”. La dichiarazione suscita reciprocità». Solo chi è amato sboccia. «Il cuore di colui che ha incontrato Gesù fa l’esperienza della vicinanza di Dio e in lui esplode la gioia».

Il libro è adatto per la meditazione personale, magari “alle prime luci dell’alba”, ma anche come traccia per una riflessione comune. Ogni capitolo inizia con il racconto di una esperienza che coinvolge, interpella, incoraggia, e termina con schede per l’approfondimento e domande per la condivisione, in famiglia o in parrocchia, diventando quasi un quaderno da portare con sé, su cui appuntare le proprie riflessioni e ispirazioni. Si può centellinare, una pagina al giorno, oppure leggere tutto d’un fiato. Non trasmette mai il senso della fatica, perché i periodi sono semplici e con poche subordinate, a volte quasi paratattici per trasmettere maggiore enfasi; le metafore, sempre azzeccate, aiutano a visualizzare quello che lo scrittore ha in cuore.

«Il destino più fortunato che può avere un libro – scrive mons. Turazzi nell’introduzione – è quello di diventare amico del suo lettore». Questo libro ha l’ambizione di diventarlo presto. Buona lettura!