Omelia nella XXXI domenica del Tempo Ordinario

Maiolo (RN), 31 ottobre 2021

Dt 6,2-6
Sal 17
Eb 7,23-28
Mc 12,28-34

Ancora una volta un trabocchetto a Gesù: «Maestro, qual è il comandamento più grande?». Sembrerebbe una domanda innocua… Ma il trabocchetto è questo. All’epoca c’erano due scuole rabbiniche con posizioni diverse tra loro. I precetti sono 613. Una scuola dice: «Il precetto più leggero ti sia caro come il precetto più pesante», come dire: «Vivili tutti», non si dà parvità di materia. Un’altra scuola, invece, si arrovella per stabilire una sorta di hit-parade su quale sia il comandamento più grande, glissando sui comandamenti più leggeri. Il rabbi che fa la domanda vuole che Gesù si schieri, dichiari da che parte sta. Ma Gesù sorprende perché va ben oltre, va in profondità. Se vuoi capire i comandamenti non cavarli fuori dal contesto nel quale il Signore li ha consegnati. Come abbiamo ascoltato nella Prima Lettura, furono consegnati a Mosè dopo la grande esperienza dell’esodo: la liberazione dalla schiavitù. Un popolo intero prende la via del deserto e, giunto al monte Sinai, riceve da Dio stesso le “dieci parole”, quelle che noi chiamiamo “i dieci comandamenti”. Con le “dieci parole” il Signore fa alleanza, stringe un patto di amicizia col suo popolo e con noi. Dando le “dieci parole” Dio ha detto: «Adesso siete un popolo libero. Vi do la legge, ma non come un giogo che si mette sulla schiena agli animali. Vi do “dieci parole” con le quali potete rispondermi. Io vi ho fatto un atto di amicizia, di liberazione; adesso voi potete confermare che anche voi mi siete amici». Il contesto ci porta a collocare le “dieci parole” nella interpersonalità, cioè nel rapporto. Da qui il significato dei due verbi che seguono: “Ascolta” e “ama”, cioè entra dentro a questa relazione. Basta amare! Ma è difficile, è una parola che è andata un po’ sbiadendo nel tempo. Gesù dice che ami veramente se ami con tutto te stesso, cioè nella totalità. Gesù parla di cuore, mente, anima e forza. Sottolineo l’aggettivo dimostrativo: tutto il cuore, tutta la mente, tutta l’anima, tutta la forza. Gesù non fa calare la tensione morale semplificando, tutt’altro! Radicalizza. L’originalità sta nel fatto che il Signore congiunge i due comandamenti: amare Dio e amare il prossimo. I due amori non sono in antitesi: sono un unico amore. Ascolto mio marito che torna dal lavoro o dico il Rosario? Se dai ascolto a tuo marito e gli prepari una buona cena, hai sicuramente osservato il comandamento dell’amore. Mi dedico al lavoro che non posso rimandare oppure vado in chiesa? La domanda che ci rivolge Gesù è: «Stai amando?». Se dici il Rosario senza amore, oppure se fai quel lavoro senza amore, non serve a niente. Sant’Agostino ha una frase lapidaria: «Ama e fa’ ciò che vuoi». Questa frase va letta nel contesto. Scriveva infatti: «Devo prendere la parola o devo tacere? Devo alzarmi o devo star seduto? Ama e fa’ ciò che vuoi: a guidarti nella scelta sia l’amore».
Mi ha colpito la catechesi di papa Francesco di mercoledì scorso (27 ottobre 2021, ndr). Sta commentando la Lettera ai Galati. «A volte chi si accosta alla Chiesa ha come l’impressione di trovarsi davanti ad una fitta mole di comandi e di precetti». «Ma questa non è Chiesa – continua – non si gode la bellezza della fede in Gesù Cristo partendo da troppi precetti, troppi comandamenti. È una visione morale che, sviluppandosi in molti rivoli, può far dimenticare l’originaria fecondità dell’amore, nutrito di preghiera che dona pace e gioia». Ami veramente? Fai quella cosa per amore? Fai tutto per amore.
Ora permettetemi di dire qualche parola su san Pio V, la cui reliquia abbiamo deposto nell’altare. Pio V è un piemontese, nato nel 1504 (erano trascorsi appena dodici anni dalla scoperta dell’America). In famiglia non si erano accorti che quel ragazzo che andava a lavorare in campagna aveva grandi talenti. Ma c’è chi se n’è accorto. A quattordici anni Michele Ghislieri – questo il suo nome prima di essere papa – comincia le scuole e in dieci anni completa tutti gli studi, compresa l’università. L’hanno mandato a scuola dai domenicani, che nella Chiesa, all’epoca, sono la famiglia religiosa più impegnata nella cultura. Il nostro beato Domenico Spadafora era un domenicano ed era contemporaneo di Michele. Domenico Spadafora viene a fare il missionario nei territori della Val Foglia e della Val Conca, a Monte Cerignone, Michele diventa insegnante di teologia, gode la fama di grande teologo e di austerità. Viene chiamato a Roma per lavorare a quello che allora si chiamava il Sant’Uffizio (la Congregazione per la Dottrina della Fede). Era un periodo difficile per due motivi: nella Chiesa serpeggiava l’eresia; la prima preoccupazione, pertanto, era l’integrità della fede. Il secondo problema era l’ignoranza religiosa. Ho letto il resoconto delle visite pastorali del vescovo di Ferrara all’epoca (beato Giovanni Tavelli da Tossignano): c’erano preti che non sapevano neppure le formule dei sacramenti. Nel frattempo, Michele diventa vescovo e poi cardinale. Quando gli mandano dei soggetti pericolosi, come prima cosa cerca di chiarire se sono stati mandati a processo per vendetta o per invidia. È un inquisitore giusto e buono, al punto che il papa lo manda a fare il vescovo in provincia, a Mondovì (Piemonte). San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, alla morte del Papa fa sì che Michele venga eletto papa. Prende il nome del predecessore, quello che l’aveva mandato via da Roma: Pio IV. Sant’Ignazio di Loyola e altri santi di Roma sono entusiasti del nuovo papa Pio V, che non vive come un principe e ha mantenuto il suo vestito da domenicano, l’abito bianco (da allora i papi hanno sempre adoperato il vestito bianco, ndr). Pio V è stato papa per sei anni, ma ha dato alla Chiesa una forte sterzata. Ha fatto scrivere il Catechismo e l’ha indirizzato ai parroci: Catechismus ad parrocos, che fino a cinquant’anni fa è stato in uso nella Chiesa. Ha riorganizzato la santa liturgia e iniziato a fare le visite pastorali nelle parrocchie. I quadri lo rappresentano con un volto severo e austero, con la testa calva, il naso ricurvo e una barba candida. Di lui si diceva che era “pelle e ossa”.
Che cosa chiediamo nella preghiera a san Pio V? Chiediamo di essere saldi nel Vangelo e nella fede, di crescere nel fervore e nella devozione. E lui cosa dice a noi? Ci rivolge le parole di san Paolo ai Tessalonicesi: «Siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che nutre e cura le proprie creature. Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il Vangelo, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari» (1Ts 2,7-8). «Io sono in mezzo a voi – ci dice Pio V – con questa paternità-maternità».
Il vostro patrono è san Biagio, santo del IV secolo, ma adesso avete anche san Pio V che vi accompagna e vi protegge dal Cielo. Così sia.

Omelia nella XXX domenica del Tempo Ordinario

Fratte (PU), 24 ottobre 2021

S. Cresime

Ger 31,7-9
Sal 125
Eb 5,1-6
Mc 10,46-52

Cari ragazzi,
è un giorno molto importante per voi. Suppongo lo ricorderete per molto tempo. Spero ricordiate anche me, il Vescovo Andrea, che vi ha dato la Cresima.
Tutti ascolteremo da voi le risposte, forti e chiare, alle domande che vi rivolgerò: «Credete nel Padre, nel Figlio, nello Spirito Santo?». Dovrete rispondere solo voi; l’assemblea dirà l’Amen finale.
Tante volte ci troviamo ad essere cristiani senza mai aver deciso di esserlo. Ecco perché la nostra fede va “a scarto ridotto”, con poco entusiasmo, come una candela con uno stoppino che a volte arde e a volte è spento. Oggi, voi ragazzi, decidete di essere cristiani. Siete giovani: tante volte nella vita dovrete ripetere il vostro “sì” a Gesù, se volete essere suoi discepoli.
Tra poco, insieme al vostro parroco don Giorgio, farò un segno che compivano gli apostoli: stenderò le mani su di voi invocando lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo non è visibile e nemmeno raffigurabile; abbiamo alcune metafore per spiegarlo: è come un vento che soffia, come un respiro che dà vita, come lingua di fuoco che illumina. Lo Spirito scenderà anche su tutti noi, già cresimati, per farci rivivere il sacramento ricevuto. Poi traccerò sulla vostra fronte un Segno di Croce con un olio profumato, il Crisma (da cui la parola Cresima e la parola Cristo, l’unto e il profumato per eccellenza). Da qui deriva la metafora più bella per parlare della terza Divina Persona, lo Spirito Santo: il bacio. Il Padre è la prima Persona che nominiamo tracciando il Segno della croce ed è l’Amante, colui che ama, che parte per primo, che è all’origine; poi, mettendo la mano sul cuore, nominiamo il Figlio; anche lui è da sempre, è amore che sa accogliere: è importante prendere l’iniziativa di amare, ma altrettanto importante è lasciarsi amare. Il Figlio è il “tu” che sta di fronte al Padre ed è, per definizione, l’eternamente Amato. La terza Divina Persona, quella che chiamiamo Spirito Santo, che nominiamo sfiorando le spalle prima di congiungere le mani, è il Bacio. Questa è la metafora che a me piace di più.
Dopo avervi profumato la fronte concluderò con un piccolo schiaffo per dire: «Da adesso tocca a te testimoniare Gesù e il suo Vangelo». Le proposte di Gesù sono “in salita”. Ad esempio, Gesù dice: «Perdonare settanta volte sette». Con le nostre sole forze non è possibile. Oppure dice di «superare le tentazioni» e di “tagliare” per far crescere. La strada di Gesù è una strada in salita, com’era la strada che partiva da Gerico e saliva a Gerusalemme, una strada con più di mille metri di dislivello. Gerico è 400 metri sotto il livello del mare, Gerusalemme a 700 metri sopra. Gesù, insieme alla folla, sale verso Gerusalemme. Una strada molto in salita perché sapeva cosa lo attendeva. Gerico ci fa pensare anche alla città che un tempo Giosuè conquistò facendo suonare le trombe, lanciando il grido di battaglia. A Gerico, sulla porta della città, seduto fra gli altri questuanti, c’è il cieco Bartimeo. Ha sentito parlare del giovane profeta Gesù, perciò vuole incontrarlo: considera quella la sua ultima chance per essere guarito. Ma a Gerico c’è sempre un “muro”: in questo caso il muro della folla che circonda Gesù e quello dei discepoli che, come guardie del corpo, lo accompagnano; poi c’è la folla dei pellegrini che salgono a Gerusalemme. C’è, soprattutto, il muro della sua personale condizione: è un barbone ed è murato dentro al suo buio perché è cieco. Non possiede altro che un logoro mantello, che però è la sua casa, gli serve per coprirsi la notte e come attrezzo per raccogliere le monetine che i passanti gli gettano. Bartimeo non ha che un’arma: alzare la voce. Allora, come Giosuè, dà fiato alle trombe e lancia il suo grido: «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me». La folla lo ignora. Passa. Quelle persone stanno seguendo Gesù, ma non si accorgono di quel cieco che grida. Alcuni lo sgridano perché lo trovano impertinente: «Perché disturbi il Maestro?». Ma lui insiste e il suo grido raggiunge il cuore di Gesù. Ecco la vera preghiera. È un grido: «Signore, salvami! Guariscimi dalla cecità che mi impedisce di incontrare, di ritrovare la strada della vita». Gesù che fa? Si ferma. Lo fa chiamare. Bartimeo, stupito e confuso, esita tanto che devono spingerlo: «Coraggio, alzati, chiama te!». Esita perché Gesù gli sta chiedendo di abbandonare la sua “postazione strategica”. Poi Bartimeo si decide, getta via il mantello, balza in piedi e si presenta a Gesù. Solo allora sarà guarito. Anzi, non avendo più nulla – dice il Vangelo – «prese a seguire Gesù», diventa un suo discepolo. Notate: si mette a seguire Gesù ancor prima di vederci, sulla fiducia, sulla parola del Maestro, tant’è vero che Gesù riconoscerà che non è lui a fare il miracolo: «La tua fede ti ha salvato». Sia così anche per noi.
Non lasceremo questa nostra chiesa senza aver detto al Signore Gesù il nostro proposito di seguirlo!

Una presenza contemplativa presso la Basilica del Santo Marino

Venerdì 22 ottobre alle ore 18:30 con una celebrazione eucaristica una piccola comunità di contemplative (Figlie Benedettine della Divina Volontà) prende dimora nella Casa canonica presso la Basilica del Santo Marino. Sarà accompagnata dalle altre Sorelle della Comunità di origine che ha sede a Talamello (RN) e sarà accolta dal Rettore della Basilica e Vicario Foraneo per San Marino, don Marco Mazzanti.

La Curia vescovile ha preso accordi con le Autorità per assicurare ogni regolarità alla loro permanenza. Le Sorelle hanno esclusivamente la missione della preghiera, della testimonianza e della custodia religiosa della memoria del santo Marino. Nella cripta della vicina chiesa di San Pietro le Sorelle assicureranno l’adorazione eucaristica, aperta anche ai pellegrini. L’ingresso delle nuove “inquiline” sarà discreto, conforme allo stile della loro famiglia spirituale e in linea con il loro carisma. Le Sorelle saranno disponibili a condividere nella preghiera preoccupazioni e speranze dei sammarinesi. La Basilica, sacro tempio alla memoria del Fondatore, luogo delle liturgie istituzionali, meta di frequente turismo, si farà ancor più luogo di pellegrinaggi e di preghiera.

Ufficio Comunicazioni Sociali
Diocesi di San Marino-Montefeltro

Turismo religioso

Firmato il Protocollo di Intesa tra la Diocesi di San Marino-Montefeltro e la Repubblica di San Marino

Le parti massimizzeranno le sinergie e la collaborazione, attraverso la definizione di politiche ed iniziative finalizzate alla conoscenza e valorizzazione del patrimonio ecclesiastico ed allo sviluppo del turismo religioso.

Un “protocollo di intesa strategico, che vedrà la Repubblica di San Marino e la Diocesi San Marino-Montefeltro massimizzare le sinergie e la collaborazione, attraverso la definizione di politiche ed iniziative finalizzate alla conoscenza e valorizzazione del patrimonio ecclesiastico ed allo sviluppo del turismo religioso”. Si apre così il protocollo d’intesa delineato nei mesi scorsi e oggi finalmente siglato dal Segretario di Stato Federico Pedini Amati e il Vescovo della Diocesi San Marino Montefeltro Monsignor. Andrea Turazzi.

Un percorso che è stato fortemente sostenuto dall’intero Congresso di Stato, che con l’approvazione di 3 delibere – la n. 47 del 23 luglio, la n. 33 del 5 luglio e la n. 25 del 19 luglio – ha fornito al progetto una forte accelerazione. Nella cornice di queste azioni si sono collocate la recente inaugurazione del Cammino di San Marino, itinerario che ripercorre in 10 tappe i luoghi più significativi della vita del Patrono nel territorio della Repubblica e l’adesione al progetto “I cammini di Francesco”, il quale concorre ad ottenere la certificazione di “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”.

In particolare, l’accordo siglato oggi pomeriggio andrà a costituire un tavolo permanente di lavoro tra i rappresentanti della Diocesi e della Segreteria di Stato per il Turismo. Il tavolo perseguirà gli obiettivi di:

-definizione delle modalità più consone alla conoscenza, fruizione e valorizzazione dei beni ecclesiastici e del patrimonio religioso materiale e immateriale del territorio;

– affrontare le problematiche comuni rispetto ai beni culturali ecclesiastici del territorio e agevolarne l’accessibilità per tutti;

– facilitare la diffusione dell’informazione inerente le iniziative e le attività d’interesse turistico nei diversi livelli pubblici e privati, attraverso ogni più opportuno mezzo ed iniziativa condivisa, soprattutto i social network (comunicati, newsletter, seminari informativi, audizioni, elaborazione documenti, ecc.);

Piena soddisfazione è stata espressa sia dal Segretario Federico Pedini Amati sia dal Vescovo della Diocesi Monsignor. Andrea Turazzi per un risultato a cui entrambe le istituzioni, in collaborazione con l’Ufficio del Turismo della Repubblica di San Marino, hanno lavorato alacremente nel corso di questi ultimi mesi.

Federico Pedini Amati (Segretario di Stato per il Turismo): “Fondamentale per la piena riuscita del progetto sarà porre al centro la fede e le tradizioni del nostro territorio, in un quadro di collaborazione istituzionale volto a sostenere la Repubblica ad intraprendere la via del cambiamento e della crescita anche spirituale dell’offerta turistica”.

San Marino, 21 ottobre 2021/1721 d.F.R.

Omelia nella XXIX domenica del Tempo Ordinario

Fiorentino (RSM), 17 ottobre 2021

Is 53,10-11
Sal 32
Eb 4,14-16
Mc 10,35-45

Talvolta qualche confratello vescovo mi confida la sua preoccupazione quando celebra il sacramento della Cresima, perché ha l’impressione che, non solo i ragazzi, ma anche gli adulti, non sappiano chi è lo Spirito Santo. Qualcuno pensa ad una vaga entità, ad una nube misteriosa ed evanescente. Lo Spirito Santo è la terza Divina Persona della Trinità. Crediamo in un solo Dio, ma quando noi cristiani lo nominiamo diciamo che è “Padre, Figlio e Spirito Santo”. Con il Segno di Croce indichiamo un abbraccio: è Dio Trinità d’amore che vuole coinvolgerci nella danza fra le tre Divine Persone.
In questi giorni, celebrando le Sante Cresime in altre comunità, parlando ai ragazzi, ho immaginato una sorta di intervista (può considerarsi anche una forma di preghiera) in cui mi rivolgevo a ciascuna delle Divine Persone. Ho iniziato dalla prima Divina Persona, quella che noi, con parola umana, chiamiamo Padre (non perché ci sia una classifica, ma perchè è il primo da cui cominciamo). Il Padre è eterno amore, dono di sé, totale svuotamento di sé per essere tutto “fuori di sé”, perché ama immensamente. Quando mi rivolgo al Padre e chiedo: «Tu chi sei?», lui risponde: «Io non sono. Non cercare in me un’essenza perché sono completamente rovesciato “fuori di me” per amare. Mi trovo nel “tu” che mi sta di fronte”. Vado dal “tu” che gli sta di fronte, che è il Figlio, e ripeto la domanda: «Tu chi sei?». Lui mi risponde: «Sono totale vuoto, perché sono totale accoglienza, assoluta concavità. Non esisto per me. La forma del mio amore è quella di lasciarmi amare». Resto un po’ perplesso… È grande amare, prendere l’iniziativa, donarsi, spendersi, ma è altrettanto grande lasciarsi amare: è necessario un vuoto infinito per accogliere un amore infinito. Per questo diciamo che il Figlio è Dio come il Padre, infinito, eterno e onnipotente come il Padre. Mi avvicino alla terza Divina Persona, lo Spirito Santo, e gli chiedo: “Tu chi sei?”. Lo Spirito Santo mi risponde che è l’amore col quale il Padre ama e l’accoglienza del Figlio fatti Persona. Che io conosca o non conosca, che io creda o non creda, è vero lo stesso. Il Padre ci fa capire lo Spirito Santo attraverso Gesù che è venuto in mezzo a noi, si è fatto uomo: Gesù di Nazaret. Gesù è vissuto concretamente a Nazaret con la sua mamma Maria e con il suo padre legale Giuseppe: nel concreto della sua vicenda umana ha vissuto quella relazione che dall’eternità vive con il Padre e con lo Spirito Santo. Vale anche per noi – chiamati a vivere con lo stile di Dio Trinità d’Amore – dedicare tutta la nostra vita alla relazione; è il lavoro più importante, più prezioso, più utile, più necessario, più bello. Ecco perché dovremmo essere attenti, vigilanti, riposati, belli, in forma, perché l’obiettivo della vita, come è stato per Gesù, è amare: lì c’è la pienezza della realizzazione.
Gesù ha amato fino in fondo, fino a dare la vita completamente, senza risparmiarsi. Nella Prima Lettura viene profetizzato lo stile di Gesù, lo stile del Servo sofferente. In ebraico si usa la stessa parola per dire “servo” e per dire “figlio”.
Il Vangelo ci parla di due giovani, Giacomo e Giovanni. Erano figli di Zebedeo, che aveva un’azienda ittica. Avevano incontrato Gesù – anzi è stato lui ad incontrare loro – e avevano preso a seguirlo. I due fratelli fanno a Gesù una domanda: «Maestro, vogliamo che tu faccia quello che ti chiederemo». Saranno sembrati impertinenti, ma l’evangelista Marco ha voluto riportare la loro richiesta, anche se sarebbero diventati colonne della Chiesa (sono apostoli), molto importanti nella comunità dei primi cristiani (Matteo, che scrive dopo Marco, risparmia la brutta figura a Giacomo e Giovanni, mettendo la stessa domanda sulle labbra della mamma dei due apostoli). Gesù accetta la domanda, ma aggiunge: «Avete idea di quello che state chiedendo?». «Vogliamo entrare nella tua gloria e stare uno a destra e uno alla sinistra del tuo trono», rispondono Giacomo e Giovanni.
La gloria di Gesù è la crocifissione: «Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Il suo trono sarà la croce, punto di gravitazione universale. A destra e a sinistra vi saranno due ladroni!  La gloria di Gesù non è la celebrità, non è la fama: la gloria che il Padre gli dà è amare fino in fondo. Quando Gesù è nel Getsemani, sapendo cosa stava per succedere prega: «Padre, allontana da me questo calice; però si compia non come voglio io, ma come vuoi tu: devo amare fino in fondo (cfr. Mc 14,36)». Gesù allude ad un Battesimo, che altro non è che l’immersione in questa dinamica.
Gesù effonde sui discepoli – siamo tutti noi – il suo Spirito, mette in loro la capacità di amare fino in fondo.
Cari ragazzi, la Cresima è questo. Tra poco verrete davanti e vi chiederò se volete essere cristiani. C’è tanta gente che si trova ad essere cristiana senza mai aver deciso di esserlo. Oggi tocca a voi decidere se volete esserlo (ma tante volte dovrete dire di nuovo il vostro “sì”). Insieme a don Achille stenderò le mani per invocare su di voi lo Spirito del Signore e vi ungerò la fronte con un olio profumato che si chiama crisma. Prendetelo come un bacio che Gesù vi imprime. Poi vi darò un piccolo schiaffo (è una carezza!) per dire che adesso siete grandi, adesso tocca a voi!

Finestre che si spalancano

FINESTRE CHE SI SPALANCANO
PER AERARE LE COMUNITÀ
Apertura diocesana del Cammino Sinodale

Sabato 16 ottobre alle ore 20:45 nella chiesa di Murata (via don Bosco 12 – RSM) si apre la fase diocesana del Cammino Sinodale delle Chiese che sono in Italia (tutto si svolgerà nel rispetto delle norme anti-Covid). Si potrà seguire l’evento anche in diretta sul Canale YouTube della Diocesi (https://youtu.be/r8E9w5FvMd4).
Per tanti si tratta di una proposta del tutto nuova; per altri, forse, sarà un’avventura piena di incognite.
Papa Francesco invita i cattolici ad aprirsi alle sfide di questo tempo complicato e ad osare: incontrarsi, ascoltare, discernere.
La parola “sinodo” indica tecnicamente un evento nel quale i vescovi svolgono il loro servizio alla vita, all’unità e alla missione. La novità sta nel coinvolgimento “dal basso” delle singole comunità, delle aggregazioni ecclesiali e di quanti sono in ricerca di verità.
In questo modo la parola “sinodo” acquista un significato più ampio ed indica un cammino da fare insieme. Con tutti coloro che sono interessati.
A partire dal prossimo mese di novembre questo “processo” si distenderà in una prima fase (novembre 2021-aprile 2022): composizione dei “gruppi sinodali”, ascolto e confronto attorno a dieci nuclei tematici. L’esperienza si può paragonare a finestre spalancate che immettono aria nuova e fresca nella Chiesa che desidera mettersi in assetto di servizio.
Domenica 17 ottobre la “fiaccola sinodale” si accenderà in ogni comunità dove sarà possibile offrire la propria disponibilità al Cammino Sinodale e avere informazioni.

Ufficio Comunicazioni Sociali
Diocesi di San Marino-Montefeltro

Omelia nella XXVIII domenica del Tempo Ordinario

Novafeltria (RN), 10 ottobre 2021

Giornata Unitaria dell’Azione Cattolica

Sap 7,7-11
Sal 89
Eb 4,12-13
Mc 10,17-30

Gli occhi di Gesù brillano di commozione. C’è “un tale” che vuole fare strada con lui. Nel Vangelo di Marco i verbi di moto hanno un significato particolarissimo. Da una parte denotano il farsi vicino di Dio attraverso Gesù, dall’altra i passi di Gesù testimoniano la sua decisione di salire a Gerusalemme, ben sapendo cosa significhi, cosa accadrà. Dunque, c’è “un tale” che vuole andare con lui. Gesù lo guarda con infinito amore: «Gesù, fissatolo, lo amò». Ma c’è un problema di comunicazione, un fraintendimento. Gesù parla di un vuoto, di una mancanza che può essere radicalmente colmata. Quel giovane crede di colmare il vuoto con le cose di cui dispone e persino con le sue virtù. Gesù sta sviluppando con lui un bellissimo rapporto, al punto tale che il giovane può aprirsi, può raccontare qualcosa della sua infanzia nella quale ha osservato tutti i comandamenti. Gesù continua: «C’è una cosa che ti manca. Il fatto che tu abbia un vuoto dentro di te è provvidenziale: Dio ti ha creato con questo vuoto perché diventi occasione per cercare la vera pienezza». Il giovane aveva a cuore l’osservanza scrupolosa dei comandamenti: era il suo vanto! E tuttavia confessa che è in ricerca. Per un vero israelita osservare i comandamenti non significava di per sé andare davanti a Dio con la collezione delle proprie medaglie al valore, dei meriti, per aver diritto al Regno di Dio. I comandamenti sono stati dati nel contesto dell’Alleanza: ogni comandamento proclama che Dio si è fatto tuo alleato, che ti ama immensamente. Ogni comandamento osservato non è altro che la celebrazione dell’Alleanza. Ma quel giovane ha fatto dei comandamenti il suo trofeo. È talmente bravo che fa persino soggezione; è posseduto da quello che possiede! Allora Gesù gli chiede una cosa molto semplice: «Seguimi. Colma quel vuoto con la mia presenza, con il mio amore». Il problema, di per sé, non è la ricchezza, se usata bene. Ricordo un Natale di alcuni anni fa, in cui mio fratello missionario venne in vacanza in Italia; abbiamo attraversato la città piena di luminarie, bancarelle, persone che compravano regali e gli dissi: «Silvio, ti dà fastidio questo sfarzo?». Rispose: «No, è bello, magari ci fosse anche in Africa!». Dunque, il problema non è la ricchezza. Anche la mancanza di ricchezza può renderci ansiosi, invidiosi, iperattivi, nel tentativo di avere di più. Il problema è la mancanza di libertà. Solo quando il nostro cuore è finalmente sgombro possiamo metterci davanti a Gesù e dirgli: «Ti accolgo, ti voglio bene, ti seguo».
Che cosa mi manca? Quel giovane avrebbe dovuto dire: «Mi manchi solo tu». Invece, «se ne andò via triste. Aveva molti beni».
Vi invito, questa settimana, a farvi tornare alla mente e al cuore la domanda: «Che cosa mi manca?». «Se ci sei tu, Signore, tutto il resto diventa assolutamente relativo. Non mi cruccia più non avere questo o quello, trovarmi scarso su un punto e difettoso in un altro: “Se ci tu, Gesù, c’è la pienezza: c’è tutto”».
Vi faccio notare i tre verbi con i quali si è espresso il giovane ricco: «Che cosa devo fare per avere il Regno di Dio». «Che cosa devo»: il volontarismo, l’atteggiamento di chi presume di avere risorse, forza (tanto da presumere di poter fare da sé). «…fare…»: il pragmatismo, il moltiplicare le opere, le preghiere, le penitenze. «… per avere»: non si merita, ma si riceve in dono il Regno di Dio. Seguendo Gesù, diventiamo liberi e lo si diventa anche davanti alle ricchezze, col disappunto a causa delle insufficienze, del “guardarsi” che a volte paralizza (vedendo i propri limiti si smette di impegnarsi, ci si sottrae).
Quando ci fu il terremoto a Ferrara, la mia città di origine, dopo il sopralluogo un ingegnere mi chiese di lasciare immediatamente la casa canonica perché non era strutturalmente sicura; avrei dovuto prendere ciò che mi serviva e andare via subito… Pretendeva che “facessi fagotto” velocemente con le cose essenziali. Fu un momento molto imbarazzante perché credevo di essere libero da tante cose, invece volevo i miei libri, le fotografie, i vestiti… Propongo, questa settimana, di provare a privarci di qualcosa e farne dono a qualcuno, per dire a Gesù: «Solo tu puoi colmare il vuoto che c’è nel mio cuore».

Veglia diocesana Apertura Cammino Sinodale

Veglia missionaria diocesana: Testimoni e profeti

Testimoni e profeti: è questo lo slogan ideato dalla Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie per la Giornata Missionaria Mondiale 2021 (GMM 2021).
Il mese di ottobre, nella Chiesa italiana, è particolarmente dedicato alla preparazione e alla celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che ricorre sempre nella penultima domenica del mese. Ogni anno questo appuntamento vuole alimentare la fraternità universale della Chiesa, ossia la comunione con tutte le Comunità Cristiane sparse nel mondo, oltre all’impegno di solidarietà con le Chiese di più recente formazione, con quelle che vivono nei paesi più poveri e con quelle che soffrono persecuzione.
Inoltre, dal punto di vista pastorale, il “mese missionario” diventa l’occasione per aiutare le nostre comunità cristiane e i tutti i credenti ad alimentare la propria “missione” nella Chiesa e nel mondo.
Il tema che proponiamo per l’ottobre missionario di quest’anno viene a completare un percorso triennale di formazione missionaria che abbiamo pensato come sviluppo del Mese Missionario Straordinario voluto da Papa Francesco nel 2019. Per comprendere meglio il senso e il valore del tema proposto è bene ricordare la sequenza:

“Battezzati e inviati”: riscoprire la vocazione missionaria che è di tutti i battezzati (2019);

“Tessitori di Fraternità”: vivere il progetto di Gesù come discepoli che amano come Lui ha amato (2020);

Testimoni e Profeti”: annunciare il Regno di Dio, che verrà e che è già germogliato in mezzo a noi (2021).

TESTIMONI E PROFETI: siamo chiamati a guardare questo tempo che viviamo e la realtà che ci circonda con occhi di fiducia e di speranza. Siamo certi che, anche nel mezzo della pandemia e delle crisi conseguenti che ci accompagneranno per molto tempo ancora, il Signore non ci ha mai abbandonato e continua ad accompagnarci. Il Regno di Dio non è solo una promessa per un futuro che sentiamo ancora troppo lontano. Il suo Regno è già inaugurato, è già presente: ne sappiamo leggere i segni e, da autentici missionari, lo facciamo conoscere perché sia una speranza rigeneratrice per tutti.

Anche il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale ci esorta ad essere testimoni e profeti, con lo stesso coraggio di Pietro e Giovanni che, davanti ai capi del popolo e agli anziani, non hanno paura di dire: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20). Papa Francesco dice: “Nel contesto attuale c’è bisogno urgente di missionari di speranza che, unti dal Signore, siano capaci di ricordare profeticamente che nessuno si salva da solo. Come gli Apostoli e i primi cristiani, anche noi diciamo con tutte le nostre forze: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20)”. E più avanti Papa Francesco aggiunge: “I primi cristiani, lungi dal cedere alla tentazione di chiudersi in un’élite, furono attratti dal Signore e dalla vita nuova che Egli offriva ad andare tra le genti e testimoniare quello che avevano visto e ascoltato: il Regno di Dio è vicino. Lo fecero con la generosità, la gratitudine e la nobiltà proprie di coloro che seminano sapendo che altri mangeranno il frutto del loro impegno e del loro sacrificio. Perciò mi piace pensare che «anche i più deboli, limitati e feriti possono essere [missionari] a modo loro, perché bisogna sempre permettere che il bene venga comunicato, anche se coesiste con molte fragilità”.

Il materiale preparato dalla Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie insieme alle altre articolazioni della Fondazione Missio, può essere scaricato e visto nella pagina di missio, scrivendo nella pagina di ricerca www.google:  ottobre missionario 2021.

Venerdì 22 ottobre, alle ore 20:45 nella parrocchia di Novafeltria ci sara la veglia di preghiera missionaria e domenica 24 ottobre la Giornata Missionaria Mondiale.  Preghiamo e sosteniamo tutto il mondo missionario della Chiesa Cattolica.

Veglia missionaria diocesana

Testimoni e profeti: è questo lo slogan ideato dalla Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie per la Giornata Missionaria Mondiale 2021 (GMM 2021).
Il mese di ottobre, nella Chiesa italiana, è particolarmente dedicato alla preparazione e alla celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale che ricorre sempre nella penultima domenica del mese. Ogni anno questo appuntamento vuole alimentare la fraternità universale della Chiesa, ossia la comunione con tutte le Comunità Cristiane sparse nel mondo, oltre all’impegno di solidarietà con le Chiese di più recente formazione, con quelle che vivono nei paesi più poveri e con quelle che soffrono persecuzione.
Inoltre, dal punto di vista pastorale, il “mese missionario” diventa l’occasione per aiutare le nostre comunità cristiane e i tutti i credenti ad alimentare la propria “missione” nella Chiesa e nel mondo.
Il tema che proponiamo per l’ottobre missionario di quest’anno viene a completare un percorso triennale di formazione missionaria che abbiamo pensato come sviluppo del Mese Missionario Straordinario voluto da Papa Francesco nel 2019. Per comprendere meglio il senso e il valore del tema proposto è bene ricordare la sequenza:

“Battezzati e inviati”: riscoprire la vocazione missionaria che è di tutti i battezzati (2019);

“Tessitori di Fraternità”: vivere il progetto di Gesù come discepoli che amano come Lui ha amato (2020);

Testimoni e Profeti”: annunciare il Regno di Dio, che verrà e che è già germogliato in mezzo a noi (2021).

TESTIMONI E PROFETI: siamo chiamati a guardare questo tempo che viviamo e la realtà che ci circonda con occhi di fiducia e di speranza. Siamo certi che, anche nel mezzo della pandemia e delle crisi conseguenti che ci accompagneranno per molto tempo ancora, il Signore non ci ha mai abbandonato e continua ad accompagnarci. Il Regno di Dio non è solo una promessa per un futuro che sentiamo ancora troppo lontano. Il suo Regno è già inaugurato, è già presente: ne sappiamo leggere i segni e, da autentici missionari, lo facciamo conoscere perché sia una speranza rigeneratrice per tutti.

Anche il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale ci esorta ad essere testimoni e profeti, con lo stesso coraggio di Pietro e Giovanni che, davanti ai capi del popolo e agli anziani, non hanno paura di dire: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20). Papa Francesco dice: “Nel contesto attuale c’è bisogno urgente di missionari di speranza che, unti dal Signore, siano capaci di ricordare profeticamente che nessuno si salva da solo. Come gli Apostoli e i primi cristiani, anche noi diciamo con tutte le nostre forze: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20)”. E più avanti Papa Francesco aggiunge: “I primi cristiani, lungi dal cedere alla tentazione di chiudersi in un’élite, furono attratti dal Signore e dalla vita nuova che Egli offriva ad andare tra le genti e testimoniare quello che avevano visto e ascoltato: il Regno di Dio è vicino. Lo fecero con la generosità, la gratitudine e la nobiltà proprie di coloro che seminano sapendo che altri mangeranno il frutto del loro impegno e del loro sacrificio. Perciò mi piace pensare che «anche i più deboli, limitati e feriti possono essere [missionari] a modo loro, perché bisogna sempre permettere che il bene venga comunicato, anche se coesiste con molte fragilità”.

Il materiale preparato dalla Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie insieme alle altre articolazioni della Fondazione Missio, può essere scaricato e visto nella pagina di missio, scrivendo nella pagina di ricerca www.google:  ottobre missionario 2021.

Venerdì 22 ottobre, alle ore 20:45 nella parrocchia di Novafeltria ci sara la veglia di preghiera missionaria e domenica 24 ottobre la Giornata Missionaria Mondiale.  Preghiamo e sosteniamo tutto il mondo missionario della Chiesa Cattolica.