Conferimento della cura pastorale dell’unità pastorale di Pennabilli a don Mirco Cesarini, don Emilio Contreras e don Rousbell Parrado

Pennabilli (RN), Cattedrale, 1° novembre 2022

Solennità di Tutti i Santi

Un saluto particolare al signor Sindaco, che rappresenta la popolazione e l’intero comune di Pennabilli, al Maresciallo e ai Carabinieri che si occupano della nostra sicurezza (i nostri angeli custodi!). Un caro saluto a tutte le parrocchie qui partecipi.
Domenica scorsa a due co-parroci e ad un diacono è stata affidata la cura pastorale di quattro comunità parrocchiali, invitate a loro volta a progettarsi nell’unità pastorale. Si è trattato della prima volta: un inizio. Mi è venuto spontaneo considerare questo inizio come una grazia, non un ripiego, per questi tempi di crisi. Ho proposto ai parrocchiani, ai sacerdoti e al diacono di agganciare quell’inizio a tre pagine della Sacra Scrittura. Le riassumo, perché quello che dirò tra poco è in continuazione di quello che ho detto loro.
Primo brano. Il primo versetto della Genesi: «In principio Dio creò». È Dio che dà ogni inizio, perché Dio è eternamente giovane, creatore di tutte le cose, presente nei nostri giorni con la stessa forza e la stessa fedeltà. Si inizia, dunque, nel nome del Signore.
Secondo brano. Ho ricordato una tappa importante della storia del popolo di Dio e, in particolare, di Gerusalemme. Fu una svolta per Gerusalemme, la città santa, un nuovo inizio, con la riscoperta dei “rotoli dell’Alleanza”, da anni dimenticati nei rispostigli del Tempio: Parola di Dio finita nel dimenticatoio! Ogni nostra ripartenza deve aver inizio dalla Sacra Scrittura. Il Dio fedele e creatore ci parla!
Un terzo brano illumina questo tempo – il nostro – “tempo di crisi”, si dice. Visto alla luce della fede nel Dio fedele può essere un tempo di grazia, di nuova ripartenza per tutti. Alla fede tradizionale, che vacilla e viene meno, ecco un nuovo scatto per una fede più adulta e responsabile. Al calo delle vocazioni sacerdotali, ecco la presa di coscienza del Battesimo e della Cresima da parte di tutti i fedeli. All’eclissi del sentimento religioso, ecco la riscoperta di Gesù, «luce delle genti» (Lc 2,32), e del suo Vangelo. Alla diminuzione delle celebrazioni eucaristiche, ecco la valorizzazione di comunità eucaristiche più ricche di presenze, più fervorose nel canto, più fraterne nelle relazioni. All’indebolirsi dei servizi pastorali, ecco il nascere di nuove forme di ministerialità, maschili e femminili.
Che aggiungere oggi a commento e come augurio per la nascita di un’altra unità pastorale, la vostra, con le comunità di Pennabilli, Maciano, Ponte Messa, Scavolino, Soanne, compreso il territorio di Casteldelci? Dieci parrocchie! Anche qui si tratta di un nuovo inizio: vale anche per oggi, qui, dare il via avendo in cuore il Dio fedele e creatore, che «fa nuove tutte le cose» (cfr. Is 65,17; Ap 21,5); imprescindibile, poi, partire mettendo al centro la Parola di Dio; e ancora – lo ripeto – disponibili a vivere il tempo della crisi come un’occasione, un kairòs, un motivo di nuovo slancio, superando ogni lamentazione, ogni chiusura, ogni tradizionalismo.
Oggi sottolineo il valore aggiunto della fraternità sacerdotale. Molto dipenderà dall’unione dei vostri sacerdoti: don Mirco, don Emilio, don Rousbell, del diacono Antimo e, all’occorrenza, del diacono Gilberto, con la disponibilità della comunità monastica di Maciano e della preghiera delle nostre monache della Rupe e delle persone consacrate.

1.
Vedo nella fraternità sacerdotale anzitutto un “segno dei tempi”, una profezia, una parola da parte di Dio. Non posso non fare riferimento alla Lettera del Santo Padre Fratelli tutti. In una società sempre più individualista, segnata dalle divisioni, dall’arrivismo, ecco tre uomini che si uniscono per servire, non dico per servire di più, ma per servire sicuramente meglio, per mettere in comune i loro talenti e per completarsi, armonizzandosi. Insieme si arriva più lontano e senza affanno, mostrando il volto gioioso del ministero sacerdotale, che sa di famiglia, con un intelligente gioco di squadra. Questa sarà una pietra miliare della nuova pastorale vocazionale.

2.
La fraternità sacerdotale farà bene al popolo di Dio che siete voi. Senza nulla togliere alla sublimità dell’Ordine Sacro, la figura del prete risulterà, in un certo senso, ridimensionata. Perché? Non si va a Messa per simpatia per quel sacerdote o per l’altro, o per altre ragioni troppo umane… si va per il Signore! Il sacerdote è un aiuto, un fratello che il Signore mette sul vostro cammino, con la sua umanità, le sue qualità, i suoi limiti, come tutti. Le comunità saranno invogliate dalla testimonianza dei loro preti ad essere collaborative, specialmente per quanto riguarda il catechismo dell’iniziazione cristiana, la pastorale giovanile, la pastorale familiare, la testimonianza della carità. Vietato sottrarsi, salvo per gravi motivi familiari. Non verrà tolto nulla, ma tutti saranno arricchiti: il Signore Gesù ha «mandato i discepoli due a due ad evangelizzare» (cfr. Lc 10,1), ha unito a sé un gruppo di amici, che chiamerà apostoli. E ha detto: «Chi ascolta voi ascolta me» (Lc 10,16): è Lui, Gesù, il vero sacerdote; noi sacerdoti siamo “più Lui” quando siamo uniti. Guai ai navigatori solitari: geniali forse, ma troppo singolari!

3.
La fraternità sacerdotale fa bene ai sacerdoti. La fraternità nulla toglie all’esercizio della paternità – tutt’e tre sono padri –, allo spirito di iniziativa, al fruttificare dei talenti, diversi e complementari. La fraternità fa bene perché aiuta i sacerdoti a vivere l’amore reciproco, vincolo di perfezione, molla invincibile per l’evangelizzazione: «Da questo sapranno che siete miei discepoli – ha detto Gesù – se avrete amore gli uni per gli altri» (cfr. Gv 13,35). E ancora: «Uniti perché il mondo creda» (Gv 17,21). La fraternità è garanzia della presenza del Signore che ha detto: «Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). Il tempo che don Mirco, don Emilio, don Rousbell dedicheranno a pregare insieme – quando sarà possibile –, a programmare, a studiare e a confrontarsi, non sarà sottratto a voi, ma sarà un investimento per voi.
I sacerdoti che fanno famiglia testimoniano lo splendore della vocazione al celibato. Chi l’ha detto che la scelta del celibato è una rinuncia ad amare e una rinuncia ad ogni forma di famiglia? Il celibato è per una libertà più grande nell’amore fraterno. Ho parlato consapevolmente di fraternità e non di amicizia, che è pur sempre un sentimento nobilissimo. Amici ci si sceglie, fratelli si viene affidati gli uni agli altri. Si tratta di una fraternità che si allarga verso tutti i presbiteri della Diocesi: tutti i presbiteri hanno ricevuto, per l’imposizione delle mani, il medesimo sacramento che li conforma a Cristo Buon Pastore.

4.
Non mi rimane, cari don Mirco, don Emilio, don Rousbell, e caro diacono Antimo, che consegnarvi tre parole: fede, maturità, oblatività.
Fede: ritornate costantemente alle motivazioni della vostra scelta. Tutto è comprensibile in un’ottica di fede, anche gli spostamenti, con i relativi distacchi, che fanno soffrire. È nella fede che avete lasciato tutto per il Tutto! Con la fede potrete essere sentinelle nella notte, con la fiaccola accesa, aiutando le comunità ad affrontare ogni avversità, incomprensione e oscurità (cfr. Is 21,11).
Maturità: non si è maturi perché si è “arrivati”, ma per la disponibilità a crescere ancora. Vi trovate all’inizio di un cammino che incontrerà difficoltà, ostacoli e forse critiche. Maturità qui significa perseveranza, tensione alla santità, «misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13). Marta e Maria insieme (cfr. Lc 10,38-42).
Oblatività: vivere fuori di sé, nella ricerca di relazioni autentiche. La vita insieme è una grande scuola, una palestra. Valgono anche per voi sacerdoti, nella vostra casa (la canonica), le tre parole che papa Francesco ha affidato alle famiglie cristiane: scusa, per favore, grazie. E continuare a donarsi, a spendersi, senza riserve, senza protagonismi, senza calcoli. La misura del dono di voi stessi, come per ogni sacerdote, è niente di meno che l’Eucaristia. Ci vorranno anni perché si realizzi questo squarcio di futuro in una Chiesa secondo il Vaticano II: una comunità governata non in modo monocratico, ma guidata da una famiglia di presbiteri insieme ai diaconi.
Cari fedeli, nei primi sei mesi di quest’anno ci hanno lasciato ben quattro sacerdoti, tutti del vostro vicariato: don Orazio, don Luigi, don Maurizio, don Lazzaro. È pensando a loro, alla loro vita spesa per il Signore e per voi, che rileggo il Vangelo di oggi, festa di tutti i santi. Felici voi, cari sacerdoti, che vi siete privati di qualcosa per donare agli altri, specialmente ai più poveri. Felici voi che vi siete serviti della tenerezza per trasformare la terra. Felici voi che avete offerto la vostra vicinanza per sostenere chi piangeva. Felici voi che avete lavorato senza sosta per la giustizia, per sfamare chi cercava dignità. Felici voi che avete aperto il vostro cuore per accogliere la sofferenza del mondo. Felici voi che avete dimorato nella verità per lasciar trasparire in voi la luce di Dio. Felici voi che vi siete opposti alla violenza per lasciare alla pace di edificare la città. Felici voi che siete rimasti saldi nella confidenza in Gesù, malgrado le incertezze e i cambiamenti di questo tempo. Con Cristo e il suo Vangelo avete fatto nascere la felicità sulla terra! Amen.