Omelia Domenica di Pasqua

Omelia di S.E. Andrea Turazzi

Cattedrale di San Leo, 27 marzo 2016

At 10,34.37-43
Sal 117
Col 3,1-4
Gv 20, 1-10

1.
Si può ben immaginare, dopo la fine ingloriosa del loro Messia, con quale tristezza i discepoli abbiano celebrato la grande festa di Pasqua, la Pasqua ebraica. «Noi speravamo…», ma le cose sono andate diversamente. Si trattava di ricominciare non solo una nuova settimana, ma una nuova vita: una vita da sconfitti, da disillusi, all’oscuro di ciò che poteva accadere loro. Parliamo dei fedelissimi della prima ora, che però se la sono svignata in quel tragico venerdì.
Il buio che l’evangelista annota nella narrazione riguardante Maria di Magdala che, di buon mattino va al sepolcro, non è una semplice annotazione temporale, ma fotografa il suo cuore e quello dei discepoli. Maria va a piangere la fine delle speranze sue e del gruppo. Va a piangere sulla tomba del caro estinto. Ma ecco improvvisamente l’incredibile: la pietra è stata ribaltata e la tomba è vuota. Le emozioni traspaiono appena: il racconto giovanneo è forse il più laconico bollettino di vittoria che sia mai stato scritto.

2.
L’evangelista Giovanni è tutto intento al senso degli avvenimenti che sta narrando, dobbiamo coglierne le sfumature.
Notiamo anzitutto la progressione dei verbi che esprimono l’esperienza di quel mattino vissuta da Maria, dal Prediletto (Giovanni) e da Pietro. Nella traduzione italiana non si colgono le sfumature. Bisogna riferirsi alla lingua in cui è stato scritto il Vangelo: il greco. Maria vede (il verbo adoperato è blépo), si tratta della semplice percezione oculare di un oggetto; è un vedere ancora distante dalla fede (successivamente Maria si aprirà alla fede completa). Pietro scruta (verbo theoréo), guarda con fascino ed interesse, ma non è ancora fede anche se l’animo è ben disposto. Giovanni contempla (verbo orào): è la visione profonda della realtà, la comprensione totale e risolutiva: la visione di fede. Per questo l’evangelista aggiunge al verbo vedere (contemplare), il verbo credere, infatti nel suo Vangelo vedere e credere sono sinonimi.
Queste non sono sottigliezze per pochi esperti… semplicemente ci viene detto come il Signore risorto guida progressivamente la sua comunità alla comprensione profonda del suo mistero: da uno sguardo soltanto esterno ad uno sguardo profondo, dall’incredulità e dal dubbio alla piena adesione di fede, dalle tenebre alla luce.
Questo è anche il senso della corsa dei due apostoli al sepolcro, quasi una gara. Varie le interpretazioni su questa corsa: per alcuni rappresenta il dubbio contro l’amore; per altri la competizione giovani-adulti; per altri ancora il primato delle Chiese greche (Giovanni) su quelle palestinesi (Pietro), o, addirittura, il primato della Chiesa carismatica su quella istituzionale… È più normale pensare ad un ricordo personale dell’evangelista testimone-autore. Se Giovanni aspetta Pietro, è per il primato che già gli apostoli gli riconoscono. E se Pietro ha solo constatato, non è detto che poi non abbia, a sua volta, creduto.
Giovanni, Pietro e poi Maria di Magdala e a seguire tutto il gruppo dei discepoli crederanno pur senza vedere. Sarà quello che Gesù chiederà a Tommaso otto giorni dopo. I discepoli hanno visto tanti segni che accreditano Gesù come Messia, hanno potuto toccare con mano la verità delle Scritture. Perché mai tanta ansia di volere altri segni, altre prove, altri miracoli… Non basta la testimonianza delle Scritture? E’ il delicato rimprovero che il Vangelo rivolge ai lettori. Conosciamo le Scritture? Le amiamo? Ce ne nutriamo?

3.
Un’ultima notazione: ricorre nel brano, diverse volte, il verbo correre: Maria di Magdala corre per dire ai discepoli che è stata ribaltata la pietra davanti alla tomba; corrono Giovanni e Pietro; Giovanni però corre più forte; poi tornano immediatamente a casa per avvertire gli altri. Al crescere della fede corrisponde una crescita della testimonianza. Un tema che sarà centrale nei versetti successivi, ma qui abbiamo l’inizio, la prima scintilla! È interessante vedere come l’evangelista – e la Chiesa primitiva con lui – pone una donna come “prima testimone” del fatto fondamentale della fede cristiana. In questo dimostrano coraggio: nel contesto culturale giudaico la testimonianza di una donna non veniva considerata. Ironia giovannea: l’annuncio di Maria è solo apparentemente il trafelato resoconto di una donna impaurita, ma in realtà essa è vera e propria testimone cristiana: colui che hanno portato via (allusione alla morte in croce) ed ora risorto, è il Signore! La Chiesa non farà che continuare ininterrottamente, specialmente con la propria condotta di vita, la testimonianza di Maria di Magdala. Il coraggio della Pasqua! Quanto è necessario in questi giorni di sangue e di paura.